
Chiunque abbia amato Gianni Mura, e siamo stati in tanti, sa che, parlando di ciclismo, era l’uomo in giallo. Il cantore della Grande Boucle, il narratore del Tour de France in ogni singolo aspetto, il cronista che ti conduceva per mano, pedalata dopo pedalata, alla scoperta di una Francia remota, quasi vandeana, la Francia delle Alpi e dei Pirenei, dei vigneti e dei piatti tipici, la Francia delle grandi annate dei vini e degli ideali di libertà, uguaglianza e fratellanza che si celebrano ogni 14 luglio, con il Tour i pieno svolgimento e le emozioni che si susseguono una dietro l’altra. Eppure, sabato scorso è andata in scena la Milano-Sanremo, il fischio d’inizio della stagione ciclistica, giunta alla centosedicesima edizione e vinta dall’olandese Mathieu van der Poel, al termine di un duello epico con l’italiano Ganna e il solito Pogačar.
Ebbene, questo primo giorno di scuola è il modo migliore per rendere omaggio al nostro Gianni, scomparso cinque anni fa all’età di settantaquattro anni, dopo una vita trascorsa a mangiare, bere, scrivere, narrare, amare e vivere, ossia a godersi tutto ciò che rende l’esistenza meravigliosa, e la sua indubbiamente lo è stata, insieme alla moglie Paola, alla loro rubrica gastronomica sul Venerdì e alla loro capacità di vivere in simbiosi.
Dicevamo della Milano-Sanremo e della sua bellezza, della sua storia e del suo costituire un banco di prova non solo per i campioni su due ruote ma anche per chi viene incaricato di seguirli. È su quelle strade, infatti, che sono nati i Girardengo e i Binda, i Bartali e i Coppi, i Gimondi e gli Eddy Merckx. Ed è lungo quelle stesse strade che si sono affermati i loro cantori, abbagliati dalla meraviglia della laboriosa Lombardia che digrada verso la ben più accogliente Liguria, al risveglio della vita, nel primo scorcio di primavera, preludio della magia delle grandi classiche del Nord Europa e poi del Giro e del Tour.
Uniamo i due argomenti perché Mura non era solo un gironalista: era molto di più. Era la bellezza dello sport fatta persona, la sua etica e i suoi valori messi nero su bianco, la sua capacità di produrre storie sempre diverse e di farci assaporare atmosfere altrove sconosciute. Mura, insomma, era il simbolo di un giornalismo artigianale, fatto di suole consumate, incontri importanti e conversazioni notturne, fuoriclasse dal volto umano e persone comuni che rendono unica una serata. Profumava di nottate in redazione, di tastiere che crepitano all’unisono, di scambi di informazioni con i colleghi, di pagine e pagine di taccuino fitte di appunti, di spontaneità e di colpi di genio, come quando definì Pantani “Pantadattilo” e le sue amate salite “santuari verticali”.
Del resto, per descrivere il Poggio, il Turchino, la Cipressa, i paesaggi di Montale e di Caproni, le passioni di De André e di Luigi Tenco e il passaggio dalla nebbia alla luce, al di là di pregiudizi e stereotipi, per vergare un articolo che non sia solo un fiume di retorica, e la materia si presta, occorre un poeta prim’ancora che un appassionato di sport, e Gianni lo era.
Noi, suoi lettori e allievi, non possiamo sforzarci di imitarlo, ma possiamo comunque ispirarci alla sua lezione, mentre rendiamo omaggio a un van der Poel in stato di grazia, trionfatore per la seconda volta nell’evento più significativo del ciclismo italiano insieme al Giro, e riflettiamo, al contempo, sulla maledizione di Pogačar, tanto fenomenale quanto sfortunato in questa classica, con la certezza che presto tornerà a splendere.
Milano, sia detto in conclusione, dista da Sanremo quasi trecento chilometri. Li si attraversa con animo fanciullo, li si vive con intensità, ci si appassiona, si fa persino il tifo e, volgendo lo sguardo verso il mare, mentre davanti agli occhi si susseguono scorci unici nel loro genere, ci si rende conto che sì, vale ancora la pena di inforcare una bicicletta, di impugnare una penna, di prendere in mano un tablet o un computer portatile e di perdersi nei suoni, nei colori e nel clima di una corsa inimitabile. Finché via Roma non accoglie il vincitore e ci rendiamo conto che un altro anno è passato e noi, fra sogni, rabbie, speranze e delusioni, ne siamo stati parte.
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