
Caro direttore,
Ho atteso qualche settimana prima di scrivere questa lettera, il tempo necessario affinché mi giungesse la conferma di essere diventato residente nel Comune di Venezia e, precisamente, in Venezia isola. Per qualcheduno può sembrare un’inezia formale, ma per il sottoscritto assume un grande significato; infatti, da quando sono giunto per la prima volta in città, me ne sono innamorato, pur con tutte le sue contraddizioni e i suoi limiti. La meraviglia e lo stupore che mi suscitò non appena misi un piede fuori dalla stazione di Santa Lucia è la stessa ancora oggi quando esco ogni mattina di casa per svolgere le attività quotidiane. L’emergere delle contraddizioni, la crasi tra una città che può assumere il ruolo di modello contemporaneo di vivibilità e di socialità e una realtà soffocata dallo sfruttamento intensivo, dettato da interessi economici e speculazione, che compromette proprio la vivibilità e il tessuto sociale e relazionale tra le persone, ha suscitato in me la volontà di agire. Ho fatto mie le battaglie di Venezia e dei e delle sue residenti per la sopravvivenza della città e ho deciso ostinatamente di voler vivere qui e di contribuire a realizzare quell’ideale che la città mi ha suscitato.
Nonostante il sovraturismo, nonostante il mercato degli affitti drogato dalla speculazione, nonostante la sostituzione del commercio a servizio degli abitanti con il commercio a servizio dei turisti, nonostante la difficoltà a trovare opportunità di lavoro al di là della ristorazione e degli hotel, ho deciso di chiamare Casa questo luogo in cui sono arrivato da “foresto”. Oggi scegliere di diventare un nuovo residente di Venezia e cercare di essere in prima fila contro la desertificazione e lo spopolamento è da considerarsi alla pari di un atto politico e un segno di testarda determinazione.
Penso che sia evidente a chiunque che non dovrebbe essere così. Come si può però criticare chi non fa altrettanto e decide, invece, di andare a vivere in terraferma o in un’altra città della Regione? Vivo sulla mia pelle la difficoltà, pur con un lavoro (a Padova) a tempo indeterminato e una retribuzione da “classe media”, di trovare un alloggio che non mi costi tra il cinquanta e il settantacinque per cento del mio stipendio mensile o che non abbia un contratto di locazione al massimo annuale. Quindi comprendo assolutamente la decisione di tante persone mie coetanee che preferiscono trovare la loro realizzazione dove ci sono condizioni favorevoli, ma non posso accettare supinamente questa realtà. Venezia non può essere solo una città per ricchi o ereditieri.
Il fallimento di questa Amministrazione è evidente. L’incapacità, o forse la non volontà, di affrontare negli ultimi dieci anni una situazione divenuta sempre più critica anche agli occhi di chi, come il sottoscritto, vive la città da alcuni anni.
Il prossimo governo della città dovrà inserire tra le proprie priorità tre temi assolutamente centrali: le politiche dell’abitare, il modello di sviluppo economico e l’ambiente. Da come riuscirà a declinare queste tre parole chiave dipenderà la scelta esistenziale di Venezia: farla diventare un modello di vivibilità per le persone o abbandonarla al suo destino di diventare una città di sole pietre.
Da questi concetti discenderanno poi anche altri temi fondamentali: il potenziamento delle politiche sociali e dei servizi per il territorio, il risollevamento del trasporto pubblico locale, gli investimenti nella cultura e nello sport, un commercio a misura di abitante, un reale bilanciamento tra residenzialità e turismo e tanto altro ancora. La mia visione è chiara e traspare anche dalle mie parole. Serve un deciso cambio di passo, una vera alternativa ad un modello di gestione affarista che al suono di “ghe penso mi” non ha risolto nessun problema reale della città e non ha saputo dare risposta a nessun bisogno espresso dalla cittadinanza. Questa alternativa nascerà dalla partecipazione della cittadinanza, dalla costruzione di reti con le migliori energie del territorio e con un lavoro delle forze politiche di saper dialogare e fornire alla città una prospettiva in cui tornare a credere.
Immagine di copertina: © Fabrizio Olivetti
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