
[TREVISO]
L’occasione per una riflessione
Il 9 marzo u. s. si è svolto, a Treviso presso Palazzo Bomben della Fondazione Benetton, un incontro di presentazione del libro di Domenico Basso Treviso nel cuore. Volti & luoghi celebri (Antiga) dedicato al tema “Treviso tra bellezza e futuro”. Vi partecipavano, oltre a Domenico Basso nelle vesti di moderatore, l’architetto Luigi Latini della Fondazione Benetton, l’assessore alla cultura di Treviso, Maria Teresa De Gregorio, la pittrice Olimpia Biasi e Andrea Bellieni, direttore del Museo Correr di Venezia.
Non entrerò nel merito dei contenuti espressi dai relatori nell’incontro, ma svolgerò alcune riflessioni sul tema “Treviso tra bellezza e futuro” suggeritemi anche da quanto è stato detto e da quanto è stato non detto o sottovalutato.
In realtà vorrei ridefinire il tema, anche perché in qualche modo ci stiamo avvicinando alle elezioni amministrative, previste nel 2028 a scadenza naturale, ma che potrebbero essere più ravvicinate se – come sostiene qualcuno – Mario Conte, attuale Sindaco di Treviso, dovesse essere candidato a Presidente della Regione Veneto.
Il “brand” della città
Uno dei temi affrontati nell’incontro è stato quello del “brand”, del come vogliamo presentare e proporre la città. Anticipo il tema, ma ci arriverò alla conclusione della riflessione, per non farne una questione astratta e pretestuosa. Anche perché il “brand”, per noi, non deve avere una natura di solo marketing, ma deve essere una proiezione del vanto della città, riconosciuto innanzitutto dai cittadini, per non mettere a rischio l’identità stessa della città.
Treviso, bellezza e futuro. Qualche preliminare.
Immaginare la Treviso futura a partire dalla bellezza e per tornare alla bellezza, richiede una discreta conoscenza della città ai vari livelli, e soprattutto una conoscenza non pregiudiziale.
Quest’ultima osservazione la faccio anche da persona di sinistra che auspica una rinnovata autorevolezza del centrosinistra, anche in vista delle prossime scadenze. Io credo che innanzitutto sia necessaria prendere atto di ciò che sta avvenendo in città e di come sarà la città nel 2028, se tutti i lavori in corso e previsti dovessero davvero concludersi.
Ovviamente, riconoscere ciò che l’Amministrazione del sindaco Conte sta facendo in positivo (cito a caso le fognature nel centro storico, il restauro delle Mura, l’intervento alla ex caserma Salsa e altro potrei ricordare, ma non è mio compito) non impedisce di sottolineare gli aspetti negativi, ad esempio la cementificazione, la crisi del centro storico e la mancata gestione della viabilità (anche ciclabile) e dei parcheggi.
Premetto che io non ho le risposte a tutte le problematiche che evidenzierò, anche perché risposte credibili esigono studi preparatori e l’intervento di esperti sulle varie problematiche: non credo ai politici o agli intellettuali che hanno una risposta per ogni problema; né, d’altro canto, ci si può limitare all’indignazione e alla denuncia di ciò che non va.
Quando si parla di Treviso a certi livelli (ad esempio tra intellettuali), generalmente si affrontano i temi della cultura e del turismo e si limita la considerazione al centro storico, ben delimitato dalle Mura e dalle porte: Stazione ferroviaria, Ponte della Gobba, porta San Tomaso, varco Fra’ Giocondo, Porta Santi Quaranta, Porta Calvi; del resto, entro questi limiti si collocano i luoghi e le istituzioni culturali pubbliche e private più importanti: i musei di Santa Caterina e Bailo, Casa Robegan e da Noal, il Museo Salce, la Biblioteca, il teatro Comunale, Casa dei carraresi, le Gallerie delle Prigioni, Ca’ Scarpa, San Teonisto, l’Archivio di Stato, il Seminario, il Museo diocesano; e non cito le chiese o il percorso degli organi, che tocca anche i quartieri periferici.
Ma poiché l’incontro-pretesto per questo mio intervento si è riferito prevalentemente al centro storico (con qualche veloce generico riferimento al circondario), mi soffermerò anch’io su questa parte di città. In fondo, non devo fare un programma di governo per la città, ma esprimere qualche impressione a partire dalle sollecitazioni ricevute.
Per partire, mi pare importante ricordare un paio di dati: secondo le ricerche pubblicate, Treviso si colloca al quinto posto, in Italia, per qualità della vita degli anziani e al 65° (ultima del Veneto) per qualità della vita dei giovani; e la provincia di Treviso è terza in Italia per emigrazione.
Questi dati (che andrebbero analizzati e scomposti e valutati nel corso del tempo) ci dicono che, al di là delle apparenze, Treviso non è una città che si dà da fare per trattenere e valorizzare i giovani; ovviamente questa non è una critica riferita solo all’Amministrazione comunale in carica, ma deve interrogare le varie componenti del tessuto sociale cittadino: imprenditori, sindacati, associazionismo, intellettuali e, ovviamente, i politici di governo e di opposizione.
Il centro storico
A questa premessa è legata anche la difficoltà che sta vivendo il centro storico, deserto in molte ore della giornata e della sera (se escludiamo alcune aree caratterizzate dalla presenza dei bar).
La condizione del Calmaggiore e dei molti negozi vuoti, con le vetrine sporche e abbandonate, testimonia chiaramente il clima.
Questa difficoltà viene spesso evidenziata dai commercianti, che reclamano soprattutto i parcheggi; ma anche sulla necessità dei parcheggi sarebbe da aprire una lunga parentesi: è vero, servono più parcheggi, ma in quali ore del giorno e in quali settori di città? Perché è vero che Treviso è piccola, ma non basta fare un parcheggio lontano da dove serve perché le auto vi si rechino; su questa base ha senso la contestazione del parcheggio interrato di piazza Vittoria (a proposito, non si sa che fine abbia fatto…).
Insomma, il centro storico va rivitalizzato e per farlo non basta puntare sul turismo, bisogna pensare anche a riportare la residenza in centro storico, con i giovani, gli anziani, le famiglie; certo non sarà né facile né un’impresa di breve periodo, e questo richiederebbe un impegno di progettazione e di governo a lunga scadenza delle Amministrazione e della collaborazione con i privati; ma su questo non è facile nutrire qualche speranza: si sa che la politica ha i tempi brevi, e lo stesso si può dire dell’interesse privato, quando non si ha a che fare con un mecenate (che per altro deve essere illuminato, per non credersi onnipotente, e Treviso ha pagato la presenza di chi si credeva onnipotente).
Il turismo
Finora si è pensato – e si continua a pensare – che il turismo rivitalizzi il centro storico, ma a mio avviso c’è un errore di prospettiva: certamente la città vede con giusto favore un aumento del turismo nazionale e internazionale (ma chiediamoci: cosa cercano questi turisti?), ma la folla del fine settimana non arricchisce la città e i suoi cittadini, probabilmente arricchisce i bar, ma non arricchisce nemmeno i negozi. Forse anche per questo non abbiamo un’offerta commerciale di grande raffinatezza.
La cultura
In ogni caso, in città non mancano le iniziative culturali, alcune di qualità, accanto a quelle più provinciali e stracittadine; e posso ricordare non tanto e non solo la programmazione teatrale e musicale, quanto alcuni festival di particolare pregio, anche se non sempre adeguatamente seguiti (a meno che non ospitino grandi personalità), e penso al Festival della statistica o al Festival Città-Impresa; è vero, come diceva qualcuno nell’incontro pretesto di questo intervento, che Treviso non si è dotata di un centro congressi vero e proprio (anche perché si è sempre pensato che queste cose possono farle i privati, siano essi Benetton o Fondazione Cassamarca) e che per questo non si possono organizzare iniziative rivolte a centinaia di persone per mancanza di spazi attrezzati, ma molte cose si possono fare lo stesso.
Cultura, mostre e turismo
Ci sono, comunque, gli spazi per organizzare le mostre di Marco Goldin (e i festival di cui ho parlato); tutti ricordano le mostre dei primi anni Duemila: grandi mostre, grandi code, grandi affari, grande entusiasmo in città.
Erano mostre organizzate dalla Fondazione Cassamarca e dal suo celebrato Presidente; in quegli anni Treviso era dominata da due forti personalità: il Sindaco Gentilini e il Presidente De Poli, più popolare e aggressivo il primo, più potente e sarcastico il secondo; le grandi mostre misero il Comune in posizione subalterna, tanto che cercò, a suo modo, di reagire con una mostra sui disegni di Van Gogh che si concluse miseramente. Da anni quella competizione si è risolta, perché i due ruoli sono rientrati nei loro ranghi, e le mostre sono proposte dal Comune (e lascio perdere le modalità di gestione, che non conosco).
Ecco, attorno a queste mostre, in verità, non si crea un’attesa culturale, ma soprattutto un’attesa turistica foriera di grandi attività per i vari settori del commercio, a partire dalla ristorazione.
Almeno facciamo attenzione affinché una forte affluenza di turisti non porti con sé anche una forte offerta di B&B, che potrebbe andare a discapito della residenza in centro storico, già penalizzata: fenomeno che si è già verificato in varie città che adesso corrono ai ripari. Vorrei aggiungere, a questo proposito, che dobbiamo anche stare attenti a non diventare un pied-à-terre per Venezia, altro elemento che potrebbe contribuire a snaturare il centro storico, nel corso del tempo.
Arte e artisti di Treviso
Ma per restare nel campo artistico, bisogna sottolineare che il tessuto di una città non è fatto solo né prevalentemente di grandi mostre e che a Treviso opera un numero considerevole di artisti, più o meno affermati; sarebbe importante creare un archivio di questi artisti e delle loro opere e uno spazio permanente per mostre anche temporanee, anche per valorizzare i giovani; magari lo spazio esiste già o se ne possono adeguare degli altri, ma servirebbe la volontà e anche la disponibilità a fare delle scelte e delle selezioni coraggiose, che possono essere antipatiche.
L’università
Le iniziative culturali non mancano, dicevo, però manca un nesso organico e produttivo con l’università; Treviso continua a dare l’impressione di essere semplicemente una sede staccata di Padova e Venezia; su questo piano si poteva fare molto (che non è stato fatto) sia in termini di servizi per gli studenti, sia in termini di ricaduta culturale sulla città, sia in termini di richiamo di “intelligenze” esterne per esplorare nuovi orizzonti culturali e scientifici.
Una delle caratteristiche dell’Italia è che è poco attrattiva per gli stranieri: poco è stato fatto, in questo senso, ma ciò che è stato fatto va valorizzato e altro si può ancora fare, e questo potrebbe essere un obiettivo su cui lavorare, anche perché un’università non solo di qualità ma anche di innovazione, proiettata al futuro e con collaborazioni internazionali può essere utile ai nostri giovani. Anche in questo caso, però, serve una collaborazione con i privati e con il tessuto produttivo del territorio.
Voglio dire: serve un orgoglio non strapaesano per l’appartenenza alla propria città.
Il “brand” della città
Infine, un tema affrontato nell’incontro da cui sono partito è quello del “brand” della città: come vogliamo caratterizzarla e proporla? Citta affrescata, città d’acque o che altro?
Io ritornerei alla domanda posta tra parentesi: ma perché Treviso piace ai turisti, cosa cercano i turisti a Treviso?
Treviso è una città di provincia, bella di acque e di verde, chiusa dalle Mura, con un patrimonio artistico di valore, con siti significativi da visitare e con una potenzialità enograstronomica che la valorizza ulteriormente; è una città tranquilla, a misura di persona, dove anche il turista si sente persona e non numero.
Ciò che manca è una certa qualità: nei negozi, nell’arredo urbano, nei plateatici, nella gestione del traffico e dei parcheggi, nell’illuminazione, nell’individuazione dei percorsi, nella valorizzazione del sistema delle piazze che si irraggiano da Piazza dei Signori, nella sicurezza.
Questa dovrebbe essere la forza e l’orgoglio di Treviso: una città di provincia, ma di qualità; una città che protegge i suoi cittadini, valorizza i giovani e le famiglie e accoglie, nelle sue istituzioni culturali, le intelligenze straniere.
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