Il Festival di Berlino è alle porte e le novità non mancano. Dopo un quadriennio sovrinteso dal giornalista e scrittore italiano Carlo Chatrian, il festival arriva nelle mani di Tricia Tuttle, già direttrice della manifestazione londinese. A differenza della Mostra del cinema, la Berlinale si sviluppa su più sedi, permettendo, agli appassionati, di conoscere ed esplorare la città, nel corso della loro permanenza.
Nonostante la grande storia il festival sembra, negli ultimi anni, essersi messo un po’ da parte, rispetto ai suoi ingombranti cugini, Venezia e Cannes. Ma la Berlinale è una realtà molto diversa. Specializzata in titoli indipendenti, o quantomeno non blockbuster, la selezione fa meno scalpore e, anche a causa delle rigide temperature, il glamour è meno protagonista, nonostante la straordinaria cornice del Theater am Potsdamer Platz, che ospita il tappeto rosso.
A complicare le cose ci sono i festival “concorrenti” americani, vale a dire manifestazioni altrettanto importanti ed anch’esse incentrate sul cinema d’essai. Uno su tutti il Sundance di Robert Redford. La kermesse montana ha dalla sua proprio la location, non perchè le vette del Wyoming siano superiori alla capitale tedesca, ma perchè, per i produttori più piccoli, scegliere un festival americano significa risparmiare in chiave costi per vitto, alloggio, spedizione delle pizze ecc… È lo stesso discorso che sempre più spesso si fa parlando della “lotta” Venezia-Toronto. Se il Lido resta la menta favorita, per visibilità e prestigio, dalle major, è altrettanto vero che i prezzi italiani (o francesi) non sono sostenibili per le piccole produzioni indie. Così si preferisce mandare il film a Toronto, meno importante ma comunque capace di fornire un discreto pubblico. Forse Berlino soffre ancor di più, proprio per l’assenza delle major dalla selezione. Detto ciò, è anche vero che il mondo molto più grande degli soli Stati Uniti e nessuna istituzione artistica dovrebbe vivere in costante subordinazione o dipendenza dai prodotti a stelle e strisce. Ecco quindi che la Berlinale è il luogo di ritrovo, il centro del cinema d’autore europeo, con anche uno sguardo volto al resto del mondo.
Quest’anno la giuria del concorso è presieduta dal regista statunitense Todd Haynes, accompagnato dal regista Nabil Ayouch, la costumista Bina Daigeler, l’attrice Fan Bingbing, il regista Rodrigo Moreno, la critica Amy Nicholson e la regista Maria Schrader. L’Orso d’oro alla carriera verrà consegnato a Tilda Swinton, grande attrice scozzese che sempre di più spazia tra grandi produzioni americane e film di grandi autori.
Selezione
Il concorso è la perfetta combinazione tra grossi attori di richiamo e giovani autori in ascesa. Diciannove titoli provenienti da più di venti paesi, comprese le co-produzioni. Nessun film italiano in concorso, anche se Luca Marinelli, berlinese d’adozione, sarà protagonista del film Paternal leave (firmato dalla moglie), presentato nella sezione dedicata ai nuovi registi.
Blue moon è senza dubbio il film più atteso del concorso. Diretto alla star Richard Linklater e con protagonisti Ethan Hawke, Margaret Qualley, Bobby Cannavale e Andrew Scott, il film vede il paroliere Lorenz Hart doversi confrontare con la fama dell’ex collaboratore Richard Rodgers, che proprio quella notte presenta al mondo il suo Oklahoma!.
Dopo la presenza fissa a Venezia negli ultimi anni, Michel Franco abbandona la laguna e si trasferisce in terra tedesca con il suo nuovo lavoro Dreams. Ancora una volta interpretato dal premio Oscar Jessica Chastain, la trama verte attorno alla storia di un ballerino messicano che, convinto di essere supportato dal partner, decide di seguire il suo sogno e andare a danzare a San Francisco, ma dovrà fare i conti con la realtà.
Primo film di produzione UK è Hot milk, con le due stelle in ascesa Emma Mackey e Vicky Krieps, che mettono in scena un complicato rapporto madre-figlia.
If I had legs I’d kick you è il secondo titolo americano del concorso, con protagonisti Rose Byrne, A$AP Rocky (che probabilmente non sbarcherà a Berlino visti i guai con la giustizia), Conan O’Brien e diretto da Mary Bronstein.
Radu Jude, enfant prodige del cinema rumeno, ha scelto di lasciare Berlino, che l’ha scoperto e lanciato, per due anni, tentando un excursus nei festival estivi più rinomati in chiave stagione dei premi e di visibilità. Nello specifico Jude ha presentato due film al Festival di Locarno, che l’anno scorso, a causa di una selezione non brillante, in lui ha trovato un porto sicuro. Il regista ne è uscito sicuramente arricchito, soprattutto per quanto riguarda la notorietà, ed ora è pronto a tornare all’ovile con Kontinental ’25.
Co-produzione italiana è Reflet dans un diamant mort di Hélène Cattet e Bruno Forzani, un ex spia con il suo passato sporco fatto di memoria e follia.
Dalla Francia La tour de Glace di Lucile Hadžihalilović, con l’attrice premio Oscar Marion Cotillard e la partecipazione del regista Gaspar Noé.
Questi sono solo alcuni dei titoli in concorso, la selezione completa di tutte le informazioni si può trovare sul sito del festival.
Tuttavia a catturare i riflettori è il Fuori concorso, intitolato Berlinale special, che ospiterà una proiezione speciale di A complete unknown di James Mangold, film attualmente in corso per otto Oscar, che Berlino ha deciso di riproporre in una grande mossa di marketing che può aiutare entrambe le parti.
L’australiano Justin Kurzel, dopo il concorso a Venezia, torna anche a Belino con The Narrow Road to the Deep North, che vede protagonista il lanciassimo Jacob Elordi nei panni di un reduce della Seconda guerra mondiale tormentato dai ricordi della prigionia in Giappone.
The Thing with Feathers potrebbe segnare il ritorno di Benedict Cumberbatch nell’olimpo del cinema, dopo un periodo di quasi totale assenza (Marvel escluso). Un padre vedovo fa i conti con un’oscura presenza in casa.
Ma su tutti la Berlinale 2025 si porta a casa Mickey 17, nuovo attesissimo lavoro del Premio Oscar coreano Song Joon Ho, che mette assieme un cast d’eccezione, tra cui spicca Robert Pattinson, in un film che, dal trailer, si preannuncia essere una strana action-comedy fantascientifica dove un personaggio viene affiancato da diversi cloni di sé stesso.
Insomma, ancora una volta Berlino è la casa del cinema d’autore europeo, ma anche mediorientale e asiatico. Anche i titoli più grossi sono sempre firmati a grandi autori dallo stile preciso e riconoscibile. La Berlinale 2025 si preannuncia un festival ricco e sorprendente da seguire con attenzione.
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