Gianni arrivava a Jesolo il sabato sera sulla Fiat 850 coupè gialla del papà che restava a Mestre nonostante il caldo agostano. L’azienda era chiusa per ferie ma l’orto e il giardino della villetta unifamiliare in cui viveva la famiglia reclamavano acqua e lui non poteva negarla.
Gianni scendeva dalla macchina, baciava la guancia protesa della mamma circondata dalle amiche e strizzava l’occhio a noi bambini. Aveva da poco compiuto ventuno anni, era alto e longilineo, atteggiamento spavaldo, pantaloni scampanati, camicia optical aperta sul petto, catenone in argento in evidenza, mocassini morbidi sui piedi nudi. Era pronto per andare a ballare alle Capannine. Lo avremmo visto solo il giorno dopo, sul tardi, al bar dell’albergo, un cappuccino e un Buondì Motta prima di ritornare a Mestre.
Noi invece il sabato sera lo passavamo intorno al juke-box, tre canzoni cento lire. E ballavamo o pensavamo di ballare. Stringevamo il naso tra le dita e dondolando sulle ginocchia c’inabissavamo come il sottomarino giallo dei Beatles, o giravamo intorno fino a sfinirci, come la bambola di Patty Pravo. Dopo Carosello, tutti a letto. Passato ferragosto,tutti a casa. I balli erano rimandati all’anno prossimo. Gli americani avevano messo un piede sulla luna e gli anni Sessanta erano agli sgoccioli.
Max nel 1969 aveva quindici anni, frequentava le superiori ma la sua grande passione era la musica. La domenica pomeriggio lo si vedeva davanti all’ingresso del Big Club di via Castellana a rincorrere le sonorità che sprigionavano dal locale. Dentro c’era chi ascoltava la musica, chi ballava. Ci suonavano gli Uragani, i Pipistrelli e altri complessi del territorio veneziano e veneto. Riproducevano brani di complessi stranieri, talvolta l’intero repertorio, vere e proprie hits che si affacciavano sul mercato discografico italiano per conquistarlo. Sulla pista si scatenavano anche Mara e Nicoletta prima di diventare Mara Venier e Patty Pravo, la ragazza del Piper. Il Big, che i ragazzi ribattezzarono Piperino, per tutti era la ex sala da ballo Cristallo, con annesso ristorante.
Max ricorda così la trasformazione da sala da ballo a discoteca:
Le sale da ballo avevano l’orchestra o il gruppo musicale o il complesso che ,per contratto, dove va suonare per quarantacinque minuti , poi fare una pausa per permettere al pubblico di andare a rifocillarsi al bar e, una volta esaurito il flusso, tornava a suonare. Questa formula permetteva al locale un maggiore introito di denaro perché al tempo la consumazione era a parte, non compresa nel costo del biglietto d’ingresso. Durante le pause, per non lasciare un vuoto, il proprietario o una persona dello staff, metteva un giradischi sul palco, gli avvicinava un microfono e metteva su dei dischi a 45 giri, uno alla volta, manualmente. L’effetto sul pubblico era strabiliante: da sonorità miste e non sempre ballabili a ritmi più omogenei e scatenanti. In pratica, una rivoluzione.
A quel punto molti locali modificarono l’offerta, sull’onda lunga della moda che cominciava a imperversare oltreoceano. Via le orchestre dal palco, spazio ai dischi. Si dotarono di una consolle,due giradischi, un potente impianto Hi Fi, e una figura trascinante, il disc jokey, che molte volte era un appassionato di musica .Ecco servita la discoteca.
Dario nel 1975 aveva diciotto anni, frequentava le superiori e aveva orecchio per la musica. Era uno degli speaker di Radio Mestre Centrale, una delle prime emittenti libere a Mestre. Aveva un grande seguito e un certo carisma. Gli amici l’aspettavano fuori, dopo la trasmissione e le risate risuonavano per tutta la piazza. La domenica pomeriggio lo trovavi dietro la consolle del Maxi, sala da ballo convertita in discoteca. Era a Marocco, lungo il Terraglio. I ragazzi ci arrivavano in bicicletta, in scooter o con l’autobus numero 8 che faceva capolinea all’inizio di via Gatta.
Con l’autobus numero 9 si raggiungeva un’altra discoteca,il King, poi chiamato Clubino , a Ca’ Noghera. In consolle ci trovavi Dario, in pista i suoi fan che lo seguivano dappertutto.
Fare il disc jokey all’epoca significava essere conosciuti, avere un successo immediato in un settore non ancora saturo. Richiedeva una cultura musicale, una professionalità che attualmente non esiste. Al tempo non potevi improvvisarti musicista o cantante, se non lo eri. Questo valeva sia alla conduzione di un programma radiofonico, sia dietro la consolle di una discoteca. I programmi musicali, in entrambi i casi, erano tutti similari nel senso che la produzione discografica al tempo era molto limitata e i dischi d’importazione costavano molto e per acquistarli si andava fino a Pordenone da Good Music. Adesso la produzione musicale è quasi infinita e non è richiesta alcuna competenza specifica per scaricare i brani dal computer.
Alex aveva sedici anni nel 1978, frequentava le superiori e aveva orecchio musicale. Speaker di Nova Radio durante la settimana e disc jokey la domenica . Lo trovavi al Panda, a Mogliano. Un ragazzo conscio del suo ruolo e della sua immagine, di poche parole, mixava i dischi in silenzio. La sua voce al microfono, per sua stessa ammissione, diffondeva solo comunicazioni di servizio come “c’è da spostare una macchina”.
Alla fine degli anni Settanta a Mestre, tra gli adolescenti, imperversavano le feste private. I ragazzi si stipavano nelle autorimesse o nelle taverne delle villette messe a disposizione dai genitori e la festa proseguiva fino all’arrivo dei vigili chiamati da un anonimo vicino stanco degli schiamazzi. Si chiudeva tutto e si tornava ognuno a casa propria. Un genitore venne loro incontro.
In via Piave, dove adesso c’è il supermercato Alì, c’era un autosalone Lancia. Il titolare e la moglie avevano tre figli adolescenti e per loro e i loro amici allestirono una discoteca. Il locale, di proprietà della famiglia, si chiamava Play Club e consisteva in due stanze, una grande con un banco disc jokey e una più piccola. Al mixer mi alternavo con uno dei ragazzi proprietari e durante la settimana battevo a macchina i biglietti d’invito per la festa successiva. Cinquanta inviti, altrettanti ragazzi stipati in due stanze . Un bagno per rinfrescarsi. L’ingresso al locale costava mille lire. L’incasso serviva per pagare la pizza a fine festa. Così, domenica dopo domenica fino a che non è subentrata la concorrenza di un nuovo locale del Terraglio che ha redistribuito la clientela.
Il mestiere del Disc jokey presuppone empatia. Quando tu hai davanti una pista con una quarantina di persone, devi osservarle e domandarti quanti anni hanno, da dove provengono geograficamente, socialmente e culturalmente, studiarne l’abbigliamento e gli atteggiamenti. Quando questo ti è chiaro, formuli il tuo programma, che non è standard ma personalizzato. Questo per me è fare il disc jokey. Il resto è tutta un’altra musica.
Dario firma e Alex sottoscrive.
Grazie a Max Bianchini Dario Dedemo Alex Sisto con i quali, in tempi diversi, ho condiviso la mia giovinezza.
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