Emilia Pérez, musical crime francese del 2024 diretto da Jacques Audiard, ha ricevuto finora numerosi riconoscimenti. Al Festival di Cannes 2024, Karla Sofía Gascón, Selena Gomez, Adriana Paz e Zoe Saldana hanno vinto collettivamente il premio per la miglior attrice, mentre Audiard ha ricevuto il Premio della Giuria e Clément Ducol e Camille il premio per la miglior colonna sonora. Il film è stato anche candidato alla Palma d’Oro e alla Queer Palm. Agli Oscar 2025, Emilia Pérez ha ottenuto tredici nomination, tra cui Miglior Film e Miglior Regia per Audiard, con Gascón prima donna apertamente trans a essere candidata come Miglior Attrice. Ha inoltre vinto quattro Golden Globe, tra cui Miglior Film Musicale o Commedia e Miglior Film Straniero. Il film ha ricevuto undici nomination ai BAFTA, tredici ai César e dieci ai Critics’ Choice Awards. Ha trionfato agli European Film Awards con cinque premi, inclusi Miglior Film, Regia e Attrice per Gascón. E allora perché questo film è così problematico?
Trama e produzione
Rita Mora Castro (Zoe Saldana), giovane e ambiziosa praticante legale di Città del Messico, ottiene notorietà dopo aver scagionato un uxoricida con una brillante arringa scritta di suo pugno. Poco dopo, riceve un incarico misterioso: aiutare il boss del cartello Juan “Manitas” Del Monte (Karla Sofía Gascón) a inscenare la propria morte e sottoporsi a un intervento di riassegnazione del sesso, diventando Emilia Pérez. La trasformazione segna una rottura col passato criminale, ma trascina Rita in un vortice di segreti e pericoli. Il film, concepito dal regista come un’opera lirica in quattro atti, è ispirato a Écoute di Boris Razon. Le musiche sono di Clément Ducol, con testi scritti dalla cantante Camille in spagnolo con l’aiuto di un traduttore messicano. Girato negli studi di Bry-sur-Marne per garantire maggiore controllo sulla messa in scena, il film ha richiesto un’attenta ricostruzione degli interni.
Il Messico, Karla Sofía Gascón e l’insurrezione di internet.
Durante la proiezione al Morelia Film Festival in Messico nell’ottobre 2024, il pubblico ha lamentato una mancanza di sensibilità e contesto. Ad aggravare la situazione le dichiarazioni di Jacques Audiard, che ha ammesso in primis di non aver approfondito le sue conoscenze riguardo la realtà messicana condendo il tutto con frasi come: «Lo spagnolo è una lingua parlata in paesi modesti, in via di sviluppo, dai poveri e dagli immigrati.» Con l’uscita del film nelle sale il risentimento del pubblico messicano è aumentato, al quale si è aggiunto quello della comunità trans che non si è sentita per nulla rappresentata dal film. A suscitare ulteriori reazioni negative sono state: la difesa fin da subito accesa del film da parte di Karla Sofía Gascón sui social e la direttrice del casting Carla Hool che in una dichiarazione ha sostenuto che la scelta di un cast principalmente non messicano fosse dovuta a una presunta carenza di talenti locali.
Il film è stato accusato di rappresentare superficialmente il popolo messicano e la comunità trans e di rappresentare il narcotraffico in modo caricaturale e apologetico. Un esempio è il brano Papá, cantato dalla figlia della protagonista, che allude alla memoria olfattiva «”You smell like my dad, like Diet Coke with ice, lemon and sweat. Mezcal and guacamole», criticato per il testo giudicato semplicistico e ridicolo. Le opinioni nel web hanno iniziato a raggiungere anche personaggi come Eugenio Derbez, attore messicano. Nei social ha attaccato la dizione spagnola di Selena Gomez polarizzando l’internet e dando via a numerosi meme diventati poi virali. Altra posizione diventata virale online, in risposta alle controversie, è quella della creatrice di contenuti trans messicana Camila Aurora che ha realizzato un cortometraggio parodico, Johanne Sacreblu, ambientato in una Francia stereotipata con protagonisti messicani. Nonostante le critiche generali, alcuni membri dell’industria culturale messicana hanno difeso il film, come Guillermo del Toro e Issa López, che hanno espresso commenti positivi. Su RogerEbert.com, Carlos Aguilar ha invece evidenziato come nessuno dei tre attori principali parli con accento messicano, ma ha riconosciuto la buona resa del linguaggio colloquiale «è più di quanto si possa dire per la maggior parte delle produzioni americane ambientate in America Latina.» Ha inoltre notato che Audiard non ha cercato di far passare i personaggi di Saldana e Gomez per messicane: nel film, Rita afferma di essere cresciuta nella Repubblica Dominicana, mentre Jessica allude a origini messicano-americane. Aguilar ha definito il casting «un altro tassello di questo pastiche glamour».
Ma i guai non sono finiti qui. Ad attizzare l’ira del web ci ha pensato Karla Sofía Gascón. In alcuni suoi vecchi tweet l’attrice polemizzava sui troppi musulmani in Spagna e sull’Islam «profondamente disgustoso» tanto da dover essere messo al bando, ma anche su George Floyd, ucciso dalla polizia di Minneapolis nel 2020, definendolo «un truffatore tossicodipendente», e infine la presunta assenza di diversità agli Oscar «un festival Afro-coreano, una manifestazione del movimento Black Lives Matter o un 8M» (8M è la sigla usata in Spagna e in America latina per le manifestazioni per i diritti delle donne). Nonostante la rimozione dei messaggi, la bufera mediatica non si è ovviamente placata. L’attrice ha chiesto scusa, ammettendo il proprio errore e cancellando il suo profilo su X. Jacques Audiard, regista del film, ha preso le distanze, definendo i post «odiosi e degni di essere odiati» e «ingiustificabili» e interrompendo ogni comunicazione con l’attrice. Anche Zoe Saldana ha espresso delusione «Non tollero la retorica negativa nei confronti delle minoranze». La controversia potrebbe pesare sulle tredici candidature agli Oscar, minando le possibilità di vittoria. L’episodio riaccende il dibattito sulla responsabilità pubblica degli attori e sull’impatto delle loro dichiarazioni. L’industria cinematografica si interroga su come gestire simili situazioni, tra libertà di espressione e conseguenze professionali.
Il potere dei social nel mondo cinematografico
Questo film ha reso indiscutibile il potere dei social media nel cinema. I social media influenzano profondamente la percezione e il successo di un film, spesso contribuendo alla polarizzazione dell’opinione pubblica. Anche un’opera ben realizzata può essere travolta da critiche virali, spesso alimentate dalla diffusione di meme che enfatizzano dettagli marginali o decontestualizzati. È facile trovare centinaia di commenti in cui persone si dichiarano odiatori del film senza averlo nemmeno visto. Le bolle di filtraggio e gli algoritmi dei social rafforzano questi giudizi negativi, esponendo gli utenti a contenuti che confermano le loro opinioni preesistenti. Influencer e community online possono avere un impatto maggiore delle recensioni professionali, focalizzandosi su aspetti superficiali. Inoltre, i social media non sono solo un’arena per la polarizzazione dell’opinione pubblica, ma anche uno strumento attraverso cui le dichiarazioni di registi e attori possono influenzare profondamente la percezione di un film. In questo caso, non è stata solo la rappresentazione della cultura messicana a suscitare dibattito, ma anche le parole e i comportamenti delle figure chiave della produzione.
Vecchie dichiarazioni di Karla Sofía Gascón stanno tutt’ora mettendo in ombra il film, trasformando il discorso da una valutazione artistica a una questione morale e politica. Lo stesso Audiard, con le sue reazioni pubbliche, ha contribuito a rendere la polemica ancora più centrale, distogliendo ulteriormente l’attenzione dall’opera cinematografica in sé. In questo caso gli aspetti su cui ci si focalizza sono tutt’altro che superficiali. Se le critiche mosse a un film non riguardano aspetti superficiali ma questioni politiche e di rappresentazione, allora non si tratta più solo di polarizzazione gratuita o di viralità dei meme, ma di un dibattito legittimo e necessario. Quando una comunità si sente rappresentata in modo distorto, stereotipato o irrispettoso, è giusto che il dibattito si focalizzi su quel punto, perché la rappresentazione culturale ha un impatto reale sulle percezioni e sulle esperienze delle persone. In questo caso, i social media diventano un mezzo di discussione e consapevolezza, dando voce a chi solitamente non ne ha. Il problema sorge quando queste critiche sono ridotte a semplice indignazione virale, senza lasciare spazio a una riflessione più ampia e costruttiva. Bisogna distinguere tra una critica giustificata e un’ondata di odio o ridicolizzazione fine a sé stessa. Forse la domanda da porsi è: la discussione che si genera aiuta a migliorare il modo in cui il cinema racconta certe realtà, o finisce solo per distruggere il film senza proporre soluzioni?
Un pensiero sul film Emilia Pérez
Emilia Pérez si distingue per una regia curata, una fotografia di livello e la forte interpretazione di Zoe Saldana. Alcune sequenze musicali, come quella del gala, risultano particolarmente riuscite e suggestive. Tuttavia, il film presenta le criticità legate alla rappresentazione culturale e linguistica già citate. La narrazione delle problematiche sociali del Messico, in particolare le sparizioni forzate, può apparire efficace a un pubblico generico, ma superficiale per chi vive questa realtà. Il rischio è quello di ridurre una tematica complessa a una rappresentazione semplificata, senza la profondità necessaria. Inoltre, l’originalità dell’idea attorno alla costruzione di un narcos movie in stile musical a volte viene meno: la sceneggiatura è in grado di colpire a tratti con idee spiazzanti ma per lo più risulta prevedibile mancando di forza. Pur essendo un buon film, diverse delle tredici candidature agli Oscar sembrano quanto meno generose. Il progetto mostra ambizione ma anche una certa leggerezza nell’integrare autenticamente gli elementi della cultura messicana. Questo solleva una questione più ampia sull’industria cinematografica, che tende a raccontare realtà complesse senza il coinvolgimento adeguato delle comunità rappresentate. In conclusione, Emilia Pérez è un’opera visivamente affascinante e ben realizzata sotto molti aspetti, ma apre un dibattito sulla responsabilità del cinema nel rappresentare culture e tematiche che non gli appartengono direttamente.
Immagine di copertina: Da X (@FilmUpdates) Immagine promozionale del film (Copertina)
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