D’accordo, Sinner è Sinner e su questo non si discute. Abbiamo il miglior fuoriclasse da mezzo secolo a questa parte, futuro numero uno al mondo, sicuramente protagonista di qualunque superficie non appena si sarà ripreso dall’infortunio che lo ha colpito di recente. Fatto sta che adesso il movimento tennistico italiano sta assumendo proporzioni mai viste, almeno nel nostro Paese. Perché Sinner, ribadiamo, è il Maradona della racchetta ma non è che i vari Sonego e Musetti, tanto per citarne due, siano poi così inferiori. Senza contare le donne, e qui il discorso si fa ancora più interessante.
Domenica, infatti, il duo Errani-Paolini ha avuto la meglio, agli Internazionali di Roma, sulla statunitense Gauff e sulla neozelandese Routcliffe, a dimostrazione che anche nel doppio siamo formidabili e, soprattutto, che sia a livello maschile che a livello femminile possiamo recitare la parte dei protagonisti. Possiamo addirittura permetterci un pizzico di superbia, arrivando a sostenere che l’ottimo tedesco Zverev abbia vinto il torneo, superando in finale il cileno Jarry, solo perché l’altoatesino, per una volta, ha marcato visita. Una superiorità incredibile, dunque, nel contesto di un gruppo che sta crescendo sotto tutti i punti di vista, al punto che ci domandiamo se davvero il tennis possa diventare, al giorno d’oggi, ciò che il ciclismo e il pugilato furono nell’immediato dopoguerra, ossia sport in grado di contendere al calcio il cuore e il seguito del pubblico.
È un fenomeno sociologico da studiare con attenzione, specie se considera che ciclismo e pugilato erano appannaggio dei ceti sociali più umili mentre il tennis è, per natura, una disciplina aristocratica, che richiede un’attrezzatura di tutto rispetto e dei luoghi in cui giocare e allenarsi che non si trovano dappertutto. Eppure, osservando gli spalti gremiti al Foro Italico e l’attenzione che gli italiani dedicano ormai alla pallina gialla, ci rendiamo conto che qualcosa sta cambiando.
Sarà una moda, magari passeggera, sarà che in questa strana epoca i pianeti si sono allineati, concentrando in Italia una quantità di campioni senza precedenti, sarà tutto quello che volete, ma non possiamo più ignorare una realtà che ci riempie di gioia e di orgoglio, compensando le delusioni provenienti da altri fronti. Oltretutto, sapere di poter contare, in chiave olimpica, su un’altra freccia al nostro arco non è un elemento da sottovalutare. Ora che l’atletica è tornata a darci soddisfazioni, affiancandosi al nuoto, dove stiamo ottenendo risultati pazzeschi, alla solita scherma, al ciclismo e ad altre discipline, ad esempio il judo, di cui ci accorgiamo una volta ogni quattro anni ma che sono capaci di farci sempre piangere di felicità, ora che anche nel tennis abbiamo iniziato a dettar legge, difatti, non è da escludere il superamento delle quaranta storiche medaglie conquistate a Tokyo nel 2021. E pazienza se nel calcio, dove comunque stiamo faticosamente risalendo, non siamo più quelli di una volta. Vorrà dire che ragazze e ragazzi andranno in giro con la racchetta in mano anziché con il pallone sotto braccio. Se si divertono, si impegnano e seguono l’esempio dei talenti di cui ci stiamo letteralmente innamorando, meglio così. Il cambiamento, talvolta, può essere più che più positivo.
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