Nella Venezia di fine secolo e inizio millennio, non erano in molti non solo a non conoscere, ma a non essere entrati in qualche modo in contatto con Giovanni Benzoni.
Io non faccio eccezione, ma qualche accenno a chi era e al motivo per cui credo sia importante ricordarlo è dovuto ai lettori non veneziani.
È stata, credo, una vita ricca e articolata quella che Giovanni ha passato in Laguna, dove arrivava a dieci anni dalla natia Belluno.
L’hanno ricordata in questi giorni i giornali e le riviste locali e di area cattolica, dal momento che la sua è una biografia sempre sostenuta dalla fede, con ruoli nelle organizzazioni cattoliche, ma anche e prima nelle strutture cristiane di base (e la fede lo ha certo aiutato nei momenti più drammatici della sua esistenza, come la perdita di un figlio giovane).
Questi ricordi hanno ripreso alcuni cardini di una vita ricca e articolata.
Il suo essere stato – nella vita lavorativa – attivo nella difesa dei diritti dei lavoratori e nel sindacato o l’essere – prima di tutto – stato sempre strenuo assertore della cultura della pace.
Sono state ricordate le sue esperienze di amministratore, come Consigliere e assessore in Comune e Presidente della casa dell’ospitalità di Mestre.
Non sono mancati riferimenti alla sua attività di giornalista; nei quotidiani cattolici e della sinistra e alle esperienze editoriali, dalla fondazione con Wladimiro Dorigo di Arsenale cooperativa editrice alle collaborazioni con la casa editrice la Toletta di G. Pellizzato, per la quale Giovanni suscitò e coordinò raccolte di saggi sulla nostra città e sulla Laguna (come “Dal caranto della Laguna” e Oltre adesso”, per i quali mi onoro del suo invito a fornire alcuni contributi).
Insomma, Giovanni si è speso. E soprattutto, da buon “evengelizzatore”, ha cercato di indurre anche gli altri a spendersi.
Sapeva identificare le “buone cause” e non si accontentava di testimoniarle o perseguirle in modo individuale, da solo.
Era della vecchia scuola del “noi” che prevale sull’”io”.
E non ti lasciava finchè non ti aveva convinto della importanza e della necessità dell’azione che aveva in mente.
Per questo ora voglio ricordare che ci ha lasciato una eredità, o forse è più corretto dire una “raccomandazione”. Bella impegnativa.
Mi rivolgo alle (sicuramente tantissime) persone a cui da qualche anno Giovanni prospettava un compito, anzi, a suo dire, “il compito” ; quello della “MOBILITAZIONE PERMANENTE”.
Così lui chiamava la necessità non solo di un impegno, ma di un impegno “forte”, “assoluto” per salvare quella città che lui ha amato.
Mobilitazione permanente, per salvare Venezia, per bloccare chi la sta rovinando, per proporre soluzioni positive ai suoi problemi, per affacciare nuove prospettive coerenti con la possibilità di salvaguardarla e di darle un futuro.
Giovanni con tutti noi non ne parlava, ne arringava, con la passione preoccupata di chi sa che c’è poco tempo per uscire da una situazione drammatica. Ma per la quale c’è ancora la possibilità di fare qualcosa: unire le ricchezze della città, le sue idee preziose, quelle in linea con la sua storia e rese urgenti dal cambiamento climatico.
Unire le persone, in movimenti, le associazioni, gli individui nella “mobilitazione permanente”, quella per la quale le idee, le proposte la capacità di lottare consolidano un “noi” capace di incidere e cambiare. Questa, da qual che ho capito, era l’ultima missione che si era dato.
Giovanni, ieri ero tra la cime dell’Alpago e nel momento della fatica per l’ascensione al monte Tremol, ho incontrato, non sulla vetta, ma sul crinale per raggiungerla, un gran crocifisso di legno affacciato sulla pianura, E venivo da un luogo simbolico della spiritualità “pagana”, come l’”antro de le mate”, che sta poco sotto. Queste unione di spiritualità (sacra e profana) mi ha fatto pensare a come la necessità di dare spazio alla parte spirituale che sta in ogni individuo potesse convivere in me laico e in te credente. Una spiritualità che in molti, lungi dal confliggervi, anima e sostiene quel senso collettivo dell’impegno che è stato un atto fondante delle tua esistenza.
Ora non sei qui con noi, ma ci ha lasciato l’appello alla “mobilitazione permemente”.
Speriamo di saperlo cogliere, e di non deluderti.
Intanto ciao, Giovanni: mi è difficile pensare di non incontrarti più mentre vado a prendere il pane, Ultimamente con i tuoi bastoni e la tua fatica, per arrivare da casa tua verso campo San Giacomo, dove trovavi la tua chiesa, e anche la tua comunità che ti ricorda …
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