A Paolo Vanoli è riuscito un autentico miracolo sportivo. Riportare in Serie A il Venezia, infatti, era tutt’altro che semplice, come ben sa chiunque conosca l’ambiente lagunare. Esigente, complesso, desideroso di buon calcio, abituato al saliscendi fra la categoria superiore e quelle inferiori ma, comunque, animato da una passione e da una dignità senza pari. Ci è riuscito blindando la difesa nei momenti decisivi, ad esempio nelle due finali dei play-off confro la Cremonese, quando contava non subire gol e il Venezia non ne ha subiti.
Ci è riuscito, inoltre, esaltando le caratteristiche dei singoli: la classe del finlandese Pohjanpalo, innamorato della città al punto di parlare ormai come un veneziano doc, il talento realizzativo del danese Gytkjær, autore della rete decisiva, le parate del portiere Joronen, il talento di Busio e la tenuta complessiva di una compagine priva di campioni ma in grado di far valere un collettivo affiatato e capace di serrare le fila quando era indispensabile farlo per portare a casa il risultato.
E così, si compone la nuova Serie A, con dieci proprietà italiane e altrettante straniere, tra cui quella dei lagunari, affidata all’americano Niederauer e forte di una solidità economica e progettuale che da quelle parti non si vedeva da tempo. Il prossimo sarà, dunque, un campionato del Centro-Nord; il Sud, sempre più povero e abbandonato a se stesso, dovrà accontentarsi del Napoli desideroso di riscatto, e quasi sicuramente allenato da Antonio Conte, del Lecce e del Cagliari, salvato quest’anno da Ranieri ma pieno di problemi irrisolti.
Diciamo che l’autonomia differenziata, in ambito calcistico, sta già producendo i primi effetti, in attesa dell’ecatombe sociale che genererà nel Paese non appena sarà entrata in vigore.
Tornando al Venezia, non sappiamo se riuscirà a salvarsi il prossimo anno. Ce lo auguriamo di cuore ma, comunque sia, come detto, il progetto è solido e Vanoli, ex centrocampista di pregio, non è tipo da farsi abbattere dalle difficoltà. Ha vinto, infatti, a modo suo, lottando e soffrendo fino all’ultimo minuto, facendo correre i giocatori come forsennati e creando intorno alla squadra il clima ideale per compiere l’impresa.
Ieri sera il Penzo era più di un dodicesimo uomo: era il cuore pulsante del Venezia, l’anima di una formazione agguerrita e dotata del giusto entusiasmo, come testimonia l’esultanza sfrenata cui si è lasciata andare l’intera comunità al fischio finale dell’arbitro Sozza.
In conclusione, vogliamo ricordare un aneddoto che rincuorerà di sicuro i tifosi arancioneroverdi: era il 16 maggio 1999 quando si presentò in Laguna l’Inter di Hodgson, alla penultima giornata di un campionato da incubo per i nerazzurri. Ebbene, dopo diciannove minuti, trascinato da un Maniero in stato di grazia, il Venezia di Novellino e, soprattutto, del “Chino” Recoba, arrivato in prestito a gennaio proprio dall’Inter, conduceva per 3 a 0. Finì 3 a 1, per merito di un rigore di Ronaldo a inizio ripresa. Due giorni dopo, passeggiando per le vie di Venezia, notai che tutti i venditori di souvenir esibivano in bella vista almeno una foto dei propri idoli. È una storia di provincia, bella e vera come solo le storie di provincia sanno essere. Chissà che la banda di Vanoli non sia intenzionata a ripetere il colpaccio!
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