Jacob Zuma è raggiante. La sua creatura, un Mostro messo su in meno di un anno si è guadagnato il 14,9 per cento dei voti (i pronostici dicevano tra 6 e 12 per cento), terzo partito e, soprattutto, si è portato via un capitale su cui ora può contare. L’ex presidente JZ ora vuole avere sul tavolo la testa tagliata del capo della Repubblica Cyril Ramaphosa. Dopo, proprio con il Mostro, l’Anc da cui è uscito (pur avendo ancora la tessera) e l’Eff di Julius Malema (espulso proprio da Zuma dieci anni fa), sarà il vecchio che comincerà con il cambiare la Costituzione e nazionalizzerà tutto.
Più o meno “un guerriero che non arretra mai” – “Uyinsizwa nxamala” – cantavano davanti al suo seggio. Vero, direi.
Nel 2019 il 57,5 per cento aveva detto ancora ‘sì’ all’Anc e l’affluenza era del 66 per cento. Ora soltanto il 40% ha votato Anc e l’affluenza è stata 58,6 per cento. L’African National Congress di Nelson Mandela trent’anni aveva portato alle urne il 85 per cento e con il risultato del 66,7 per cento e le successive elezione addirittura il 69,6 per cento aveva votato per il successo Thabo Mbeki.
Da venerdì 31 maggio l’Anc si sta interrogando su che fare sapendo che ha fino al 16 giugno (data simbolo come nessun’altra, il 16 giugno 1976 fu l’inizio della rivolta nelle scuole nere sudafricane) per trovare la soluzione. Come tessere di tutti i colori Ramaphosa gioca una partita complicata. Anc e Da? Anc, Da e Ifp? Anc, Da, Ifp e Eff? Anc, Eff e Mk? Anc, Eff, Mk, Ifp e Pa… Da girar la testa.
Il Democratic Alliance, secondo partito alle elezioni, è una formazione di bianchi, con una spruzzata di nero, ultraliberista con posizioni antitetiche rispetto all’Anc in tutto – anche in politica estera. Il Cosatu, importantissimo sindacato, e il Partito comunista, entrambi al governo, non ne vogliono sapere di un accordo con loro. La base dell’Anc anche meno e lo fa pure sui social: #NotWithDA. Il nero Inkahta è un partito regionale zulu e con l’Anc è da sempre ai ferri corti. Il nero Patriotic Alliance è di estrema destra, e sogna di buttare a mare tutti i clandestini. L’Economic Freedom Fighters è marxsista-leninista di nome, di fatto fa solo una grande sceneggiata con vestiti rossi da capo a piedi. L’uMkhonto Wesizwe Party (Mk) è la creatura di Zuma con tutto quello che consegue.
Giovedì 3, il comitato ristretto dell’Anc si è riunito per la prima volta. “Non è scritto nella pietra” che non si può avere un governo di coalizione, aveva detto il segretario generale Filile Mbalula ai giornalisti prima di entrare. Niente è per la vità, ma ‘ingoiare il rospo’ è difficile. Certo, il primo governo Mandela nel 1994 in origine era una compagine di unità nazionale e il vice era F. W. De Klerk, l’ultimo presidente bianco razzista. De Klerk se ne andò nel 1996, gli altri arrivarono fino alla fine della legislazione. I partiti erano uniti per un obiettivo condiviso: la Nazione Arcobaleno. Ora è l’Anc che cerca un punto di contatto con altre formazioni.
Il partito si è retto con il consenso, le discussioni, le analisi, per il bene comune soprattutto per i più deboli. Da tempo questo non esiste più. Dopo la presidenza di Zuma, con la corruzione dilagante, il ricchissimo Ramaphosa (che pure è stato vice di JZ per due legislature) ha tentato di raddrizzare la barra. L’implosione era inevitabile. L’Anc nei prossimi mesi dovrà fare un esame di coscienza e sapere se è ancora valido l’insegnamento dei padri della patria come Mandela, Tambo, Sisulu, Luthuli.
Roger Southall in un pezzo uscito su Conversation del 6 giugno, ipotizza una soluzione: una parte costruirà un partito che si chiamerà forse ancora Anc, più o meno di centrosinistra, mentre una parte approderà ai lidi dell’Eff o del Mk che guardano allo Zimbabwe retto da più di quarant’anni da un partito unito (e corrotto).
Che farà Ramaphosa? Dopo una sconfitta, il presidente di certo avrà sul tavolo anche le sue dimissioni.
Ma lasciandole perdere per adesso, le alternative per varare una compagine sono poche. Tolto il governo di unità nazionale con una serie di partiti, dall’Eff al Pa, per il Presidente della Repubblica il più appetibile è un governo con Da. Ci sono, però, una serie di cose su cui il Da non tratta, a cominciare dalla Costituzione che non si deve toccare, e la South Africa Reserve Bank che non si deve nazionalizzare (due cosa che l’Eff e il Mk hanno nella loro agenda come primi punti da cambiare).
Esponenti di grande peso dell’Anc stanno lavorando perché il matrimonio d’interessi con la Da venga fatto. Sono figure come Cheryl Carolus (ministro dei governi di Mandela e Mbeki, e ora tra l’altro di una compagine solo di donne), Pallo Jordan (ministro dal 1994 al 2009) o Kgalema Motlanthe, ex Presidente per meno di un anno tra il 2008 e il 2009 molto ascoltato da tutti. Se in questi pochi giorni rimasti Anc e Da convoleranno a notte, il Presidente sarà ancora Ramaphosa. Poi si discuterà delle riforme da fare.
Se invece l’Anc si innamorerà delle sirene del Mk e dell’Eff, Ramaphosa se ne andrà da Tuynhuys, la Casa Bianca sudafricana.
La vendetta, si sa, si consuma fredda e vedere l’attuale inquilino uscire dalla residenza ufficiale del Presidente non ha prezzo per gente come Jacob Zuma. L’etnia, poi, conta e il KwaZulu-Natal, dove il capo è nato, è il primo popolo del Sudafrica. Su quello ha fatto fortuna JZ, ora vuole che questa terra ricambia. Meglio non pensare a quello che potrebbe venire dopo.
“L’incertezza” dicono sponenti deel mondo della finanza che hanno parlato con il Financial Times però non giova. “Una coalizione del genere potrebbe essere fragile per l’economia”. Per gli investitori è ancora presto per scommettere sul futuro di questo paese.
L’articolo JZ, la vendetta proviene da ytali..