Con oltre centottanta sei seggi ottenuti, il Ppe si conferma il primo partito del parlamento europeo. Già nella serata del 9 giugno Ursula von der Layen ha annunciato la vittoria dei popolari, lasciando intendere la possibilità di una riconferma dell’attuale maggioranza con socialisti e liberali. Le destre trionfano in quasi tutti gli stati dell’Unione, mentre la sinistra riesce a vincere solo in Portogallo e Svezia, paesi a cui, tuttavia, spetta un numero di seggi piuttosto limitato. Nonostante il crollo di Renew Europe e dei verdi, i veri sconfitti di questa tornata elettorale, e sebbene il gruppo dei socialisti abbia visto un lieve calo dei consensi, con una perdita prevista di quattro seggi rispetto agli attuali centotrenta nove, la cosiddetta “maggioranza Ursula” appare al momento come la scelta più probabile per un’intesa di governo. A colpire è anche l’enorme crescita del gruppo misto e dei non iscritti, che arriva a contare quasi cento parlamentari totali. Si tratta ancora di una “zona d’ombra”, formata da un insieme estremamente eterogeneo di parlamentari, che vanno da Afd, partito dell’estrema destra tedesca, al Kke, il Partito comunista greco, comprendendo anche il Movimento cinque stelle e altre realtà populiste europee. Questi parlamentari non allineati potrebbero giocare un ruolo determinante nel delineare gli equilibri politici del nuovo parlamento.
Nonostante la riconferma di Ursula von der Layen alla guida della commissione europea appaia probabile, il baricentro politico del parlamento, uscito da questa tornata elettorale, risulta fortemente sbilanciato a destra. La lieve crescita dei popolari, ai danni degli alleati liberali e socialisti, e l’avanzata di conservatori e nazional-populisti, trainati dai successi in Francia, Germania, Austria e Italia, rafforza i gruppi europei di centro-destra. Sarà ancora una volta il Partito popolare europeo a guidare le manovre per la ricerca di una maggioranza, giocando un ruolo ancora più determinante rispetto al passato. Anche nel caso di una conferma dell’attuale governo europeo Ppe-S&D-Re, l’aumento del divario tra popolari e socialisti, i due partiti maggiori dell’emiciclo, rischia di ostacolare fortemente le iniziative progressiste su tematiche come l’ambiente, l’immigrazione e i diritti civili.
Nelle condizioni attuali risulta estremamente difficile pensare a una possibile alleanza di centro-destra, a trazione popolare, alla guida dell’Europa, specie per le posizioni divergenti sulla guerra promosse dal gruppo dei nazional-populisti di Identità e democrazia. Tuttavia, va sottolineato che una coalizione tra liberali, conservatori, popolari e nazionalisti conterebbe su quasi quattrocento parlamentari totali, ben al di sopra della maggioranza assoluta, a cui potrebbero aggiungersi varie componenti del gruppo misto o dei non iscritti. Il rischio di un ulteriore slittamento a destra del baricentro politico, su un parlamento europeo già spostatosi su posizioni sempre più nazionaliste e conservatrici, non può essere, per il momento, del tutto escluso.
I socialisti europei escono dalle urne presentandosi come l’unico possibile argine all’ondata della destra europea. Sebbene sia S&D che Left, gruppo che riunisce la sinistra radicale, abbiano riscontrato un lieve calo nei consensi, con rispettivamente quattro seggi in meno per i socialisti e uno per la sinistra, la perdita di voti in vari Paesi dell’Ue, oltre agli strascichi dello scandalo Qatargate, non ha causato il temuto tracollo socialista. Socialisti & democratici si riconferma come il secondo gruppo europeo per numero di seggi. C’è tuttavia da evidenziare che la scarsa affluenza in tutta Europa, in Italia sotto il cinquanta per cento, potrebbe aver notevolmente influito sui risultati. Molti partiti di sinistra hanno visto aumentare notevolmente le proprie percentuali a dispetto di incrementi di voti minimi, o addirittura in calo rispetto a precedenti appuntamenti elettorali. Un esempio emblematico, da questo punto di vista, è rappresentato proprio dall’Italia, con il Partito democratico che, ottenendo appena duecentomila voti in più rispetto alle elezioni nazionali del 2022, è passato dal diciannove per cento a oltre il ventiquattro per cento, conquistando venti seggi totali e diventando, assieme al Psoe di Sánchez, una delle componenti più importanti all’interno del gruppo socialista, superando il tedesco Spd.
Sicuramente a tale risultato ha contribuito la mobilitazione che, solitamente, caratterizza i militanti della sinistra nel periodo elettorale, i quali si dimostrano, tendenzialmente, più interessati alla partecipazione politica attiva, ma non c’è dubbio che battaglie come quella per la Palestina o, nel caso italiano, per la liberazione di Ilaria Salis, eletta europarlamentare nelle file di Avs, possono essere risultate fondamentali nell’attirare il voto, soprattutto, delle fasce più giovani. Significativo da questo punto di vista è proprio il ritorno della sinistra radicale italiana, rappresentata da Alleanza verdi e sinistra, all’interno del parlamento europeo. Con l’ottimo risultato ottenuto del sei e mezzo per cento, Avs diventerà una delle componenti principali del gruppo della sinistra (anche se va considerato che solo i candidati di Sinistra italiana aderiranno a Left, mentre quelli dei Verdi al rispettivo gruppo). Sempre nell’ambito della sinistra radicale, risulta essere di particolare interesse la forte crescita che ha coinvolto in Finlandia l’Alleanza di sinistra (Vasemmistoliitto), socialista democratica, passata dal sette per cento delle ultime europee al diciassette per cento. Se S&D potrebbe diventare l’ago della bilancia fondamentale per contrastare la possibilità di una coalizione di destra, appare invece probabile che i verdi, grandi sconfitti di questa elezione, e, soprattutto, la sinistra si manterranno all’opposizione, mantenendo il proprio isolamento rispetto alle altre forze del parlamento europeo.
Senza dubbio le conseguenze della guerra in Ucraina hanno pesato molto sulla scelta degli elettori. Ad essere maggiormente puniti dal voto, infatti, sono stati in particolare i liberali, che durante tutta la campagna elettorale hanno spinto molto sul tema della difesa europea, e i verdi, i quali, pur contando su una base elettorale, spesso, con una forte connotazione pacifista, hanno mantenuto posizioni ambigue ed eterogenee sul conflitto in corso. Tale crollo è stato particolarmente visibile in Francia e Germania (i Grüne tedeschi hanno perso ben nove seggi) ma anche in Italia, con il mancato raggiungimento della soglia di sbarramento, da parte di Stati uniti d’Europa e Azione, un segnale di come queste posizioni non abbiano fatto breccia nell’elettorato. Renew Europe si afferma solo in Repubblica Ceca e Slovacchia, mentre i verdi ottengono un unico buon risultato in Danimarca, dove tuttavia a vincere è il Partito popolare socialista, di orientamento socialista democratico ed erede del Partito comunista danese. Su X i verdi tedeschi commentano i risultati delle elezioni con un comunicato ufficiale che sottolinea una certa autocritica:
Congratulazione all’Unione (Cdu/Csu) per il risultato elettorale. Non possiamo ritenerci soddisfatti del risultato di oggi. […] Ora ci prenderemo il tempo necessario per fare con calma le nostre analisi.
L’Unione europea che esce dalle urne di questo fine settimana appare trovarsi in bilico tra la tenuta dei partiti “di governo” moderati e la forza dirompente dell’onda nera nazionalista che sta travolgendo l’Europa. Se da un lato appare probabile un mantenimento dell’attuale coalizione di maggioranza, sebbene la scelta di Ursula von der Lyen non appaia scontata, viste le forti remore provenienti da parte dei socialisti ad un’eventuale coinvolgimento di Ecr nella maggiornaza, d’altro canto lo spostamento a destra delle istituzioni europee appare evidente. La conquista del parlamento eruopeo da parte dei nazionalisti, ritenuta quasi inevitabile in questi mesi, alla fine non sembra essersi realizzata. Tuttavia, ciò che ora rischia l’Europa, se non si saprà costruire un solido argine, è una lenta ed inesorabile erosione da parte delle forze di Ecr e Id. La domanda appare spontanea: socialisti e popolari riusciranno a trovare un’intesa che garantisca la conservazione degli equilibri europei o l’estrema destra riuscirà a trascinare l’Ue verso una stagione reazionaria? Mai come nelle prossime settimane il destino dell’Europa sarà in bilico.
Immagine di copertina: emiciclo del parlamento europeo.
L’articolo Conservazione e reazione? proviene da ytali..