[PARIGI]
La rapidità della decisione di Emmanuel Macron di sciogliere l’assemblea Nazionale e andare a nuove elezioni legislative tra venti giorni si accompagna a colpi di scena quotidiani. La strategia di Macron si basa su due assunti, il primo dei quali riguarda le divisioni a sinistra e la loro incompatibilità tale da impedire loro di formare una coalizione; il secondo si fonda sulle divisioni nel campo del centrodestra. Per il presidente molto probabilmente le divisioni tra i partiti e la drammatizzazione dello scontro con il RN di Le Pen dovrebbero favorire la sua maggioranza presidenziale.
Perché? Per eleggere i deputati c’è un sistema a due turni con collegi uninominali e maggioritari. Significa che per ogni collegio c’è un candidato per ogni partito o coalizioni di partito e per essere eletti al primo turno (ed evitare il secondo turno), un candidato deve ottenere il 50 per cento dei voti espressi, rappresentando almeno il 25 per cento degli iscritti alle liste elettorali. Sottolineo, degli iscritti alle liste elettorali. Il tasso di astensione è quindi molto importante nelle elezioni legislative (mentre nelle elezioni presidenziali il vincitore viene eletto “a maggioranza dei voti espressi”, senza una soglia minima). In caso di secondo turno, se nessun candidato si è qualificato, si dovrà disputare un secondo turno.
Chi partecipa al secondo turno? Non è un ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto più voti. Per essere idoneo al secondo turno, un candidato deve aver ottenuto un numero di voti pari al 12,5 per cento degli iscritti alle liste elettorali al primo turno. Ci possono quindi essere casi di triangolari (nel passato anche di quadrangolari), ovvero di tre candidati per collegio. Chi ottiene un voto in + vince. Proprio perché esiste questa soglia del 12,5 per cento dei iscritti alle liste elettorali, più alto è il tasso di astensione, più alta è la soglia di qualificazione. Tra gli esperti che hanno fatto i conti, se c’è il 70 per cento de partecipazione allora la soglia si alza al 17,9% per qualificarsi al secondo turno; col 65 per cento serve il 19 per cento ; col 60 per cento serve il 20,8 per cento ; col 55 per cento serve il 22,7 per cento.
La drammatizzazione di Macron dipende quindi anche dal fatto che maggiore è la partecipazione, di fronte al rischio dell’estrema destra, minore è la soglia per il suo partito per accedere a eventuali secondi turni.
La scommessa tuttavia scricchiola già. Se il centrodestra sembra sul punto di implodere (seguito dalla formazione Reconquete di Eric Zemmour, alle prese con una guerra interna con la capolista alle europee Marion Marechal, nipote di Marine Le Pen), sulla frammentazione a sinistra sembra per ora essersi sbagliato poiché i partiti di sinistra sembrano aver trovato un accordo elettorale la cui finalizzazione deve arrivare entro domenica, data ultima per la candidature (quindi c’è ancora tempo per sorprese).
Vediamo in dettaglio la situazione delle varie aree politiche.
Guerra civile nel centrodestra
Martedì Éric Ciotti, il presidente di Les Républicains (LR), il partito che fu di Nicolas Sarkozy e che raccoglie l’eredita del gollismo, ha annunciato un’alleanza tra il suo partito e il RN di Marine Le Pen. Si tratta di una scelta epocale per i gollisti che hanno sempre rifiutato qualsiasi collaborazione con l’estrema destra francese. Ciotti ha dichiarato che l’obiettivo è quello di conservare tutti i deputati LR (attualmente 61) che rischierebbe di perdere senza un accordo con RN o con l’area presidenziale di Macron.
Quest’alleanza ha suscitato immediate prese di posizione dei dirigenti dello stesso partito di Ciotti, con un voto del gruppo al Senato che ha smentito la decisione del presidente del partito. Sono seguite poi prese si distanza di deputati LR e rapidamente la maggior parte del gruppo dirigente del partito ne ha chieste le dimissioni, rifiutate da Ciotti. L’ufficio politico di LR ha quindi deciso all’unanimità di espellerlo dal partito, decisione che Ciotti ha definito illegale, dopo essersi “barricato” nella sede LR.
Allo stato attuale è quindi molto probabile che una piccola parte della partito si alleerà con il RN mentre un altra, più moderata, dovrà decidere se allearsi con Macron o andare da soli.
L’implosione di Zemmour
Eric Zemmour aveva dato la responsabilità di condurre la campagna elettorale per le elezioni europee a Marion Maréchal che ha ottenuto il 5,5 per cento. Domenica sera, dopo i risultati e la decisione di dissoluzione dell’Assemblea Nazionale, la capolista e nipote di Le Pen ha annunciato di voler trovare un accordo con il RN per portare la destra al governo, il tutto sotto lo sguardo incredulo di Eric Zemmour, leader del partito. Marion Maréchal ha quindi incontrato Marine Le Pen e Jordan Bardella che hanno chiesto l’allontanamento di Zemmour.
Sembrava tutto finito, ma Marion Maréchal ha invitato a “sostenere i singoli candidati della coalizione di destra in tutte le circoscrizioni della Francia”. Una “dichiarazione congiunta” con Guillaume Peltier (ex FN e ex LR), Nicolas Bay (ex RN) e Laurence Trochu (ex LR), tutti europarlamentari eletti da Reconquête. Maréchal ha continuato dicendo:
Chiedo di sostenere in tutta la Francia i singoli candidati della coalizione di destra, [annunciata martedì da Jordan Bardella]. Uniamo le nostre forze e i nostri voti per infliggere una sconfitta storica a Emmanuel Macron e impedire la vittoria della coalizione di sinistra e di estrema sinistra, che farebbe precipitare la Francia nel caos.
Attualmente sembra che una parte del partito di Zemmour presenterà delle candidature separate e una parte del partito lavorerà per far vincere RN
L’unione a sinistra (forse)
Nouveau front populaire (Nuovo Fronte popolare) è il nome che i partiti della sinistra hanno deciso di adottare per far fronte alle nuove elezioni legislative, con riferimento alla coalizione vittoriosa che vinse le elezioni nel 1936.
Macron aveva scommesso sull’incapacità dei partiti della sinistra di riunirsi in vista delle legislative, dopo le grandi difficoltasi dell’anno passato, con la rottura tra La France Insoumise (LFI) di Jean-Luc Mélenchon, da un parte, e socialisti e comunisti dall’altra, che contestano la gestione da parte di LFI della coalizione di sinistra Nupes – che ha riunito i partiti per le legislative del 2022 – cosi come le grandi differenze su molte tematiche, in testa l’Ucraina e la relazione con l’Unione europea.
Esistono ancora delle questioni da risolvere.
La prima è chi diventerà primo ministro in caso di vittoria. Nel 2022, Jean-Luc Mélenchon si era auto-proclamato candidato primo ministro alle elezioni legislative, forte del risultato delle elezioni presidenziali dove aveva ottenuto il terzo posto, con il 21,95 per cento dei voti. Oggi tuttavia la situazione è diversa. Il Parti Socialiste (PS), alleato con il movimento Place Publique di Raphaël Glucksmann, è arrivato terzo – e prima lista di sinistra – alle elezioni europee di domenica, con il 13,83 per cento dei voti, a pochi punti dal partito di Macron e davanti a Manon Aubry (LFI) che ha ottenuto il 9,89 per cento. Jean-Luc Mélenchon sembra aver fatto un passo indietro (in vista delle presidenziali del 2027?) poiche figura che non raggiunge il consenso come ha detto Sandrine Rousseau, deputata e personalità mediatica degli ecologisti. Anche il segretario del PS Olivier Faure ha dichiarato che Mélenchon non può essere il candidato primo ministro, “sarebbe illogico”. Dal canto suo, Raphaël Glucksmann, uno di vincitori di queste elezioni europee, ha proposto il nome dell’ex segretario della CFDT, Laurent Berger.
L’altra questione è quella della ripartizione dei seggi tra i partiti. I partiti di sinistra sembrano aver trovato un accordo di massima per le 577 circoscrizioni: LFI avrà 229 candidati, il PS 175, EELV (ecologisti) 92 e il PCF 50. Il nodo da sciogliere rimane tuttavia la scelta dei nomi per le circoscrizioni e quante delle circoscrizioni proposte siano più o meno sicure. Le decisioni dei partiti potrebbero non essere inoltre pienamente rispettate. Nel 2022 si sono presentati diversi candidati dissidenti. I socialisti parigini e Place publique Paris hanno spiegato, in un comunicato, di aver avviato al fine di “presentare candidati in tutte le circoscrizioni di Parigi”, dei quali oggi nessuno è socialista.
Un ulteriore problema è la definizione del programma. Il loro comunicato comune pubblicato lunedì sera parlava “un programma di rottura con il passato che illustra le misure da adottare nei primi cento giorni” per rispondere alle “emergenze democratiche, ecologiche e sociali”. I principali raggruppamenti politici hanno poi pubblicato una serie di misure ritenute essenziali, per lo più simili tra loro.
Il PS vuole garantire “il sostegno al progresso dell’integrazione europea”, “l’incrollabile supporto alla resistenza ucraina”, e “l’abrogazione della riforma delle pensioni”. LFI ha invece chiesto “il ritorno alla pensione a sessanta anni”, “la cancellazione della riforma dell’assicurazione contro la disoccupazione” e “la Sesta Repubblica”, ovvero la convocazione di un’assemblea costituente per riformare la costituzione.
L’area presidenziale guidata dal primo ministro (in teoria)
Il primo ministro Gabriel Attal ha dichiarato che sarà lui a condurre la campagna elettorale per far fronte al “caos e al disordine” di un governo della sinistra e di un governo dell’estrema destra, ha dichiarato. Macron sembra tuttavia voler essere molto presente. Nella prima conferenza stampa dall’annuncio della dissoluzione, il presidente ha parlato di voler creare una “federazione di progetti per governare”, chiedendo alla sua maggioranza di avviare discussioni con altri raggruppamenti politici. “Siamo pronti a integrare le proposte dei socialdemocratici”, dei leader della “destra gollista” e degli “ecologisti”, ha dichiarato.
Macron ha anche difeso la sua scelta di tornare alle urne, dicendo che è una mossa che definisce chiaramente u”chi sceglie di far prosperare la propria posizione personale e chi vuole far prosperare la Francia”. Lo scioglimento “è l’unico modo per chiarire le cose”, ha aggiunto. Ha quindi accusato LFI di “antisemitismo” e “antiparlamentarismo”.
Una conferenza stampa che dovendo aprire a più posizioni ideologiche ha tuttavia promosso posizioni politiche più orientate verso la destra. Ha promesso “maggiore fermezza, ma nel quadro della Repubblica e dei suoi valori”, mentre “l’estrema sinistra propone oggi una risposta basata sul comunitarismo e sul lassismo” e “l’estrema destra e i suoi alleati propongono risposta all’insicurezza abbandonando la Repubblica, i suoi valori e le sue stesse fondamenta”.
Ha quindi proposta di vietare l’uso dei telefoni cellulari “prima degli undici anni” e i siti di social network “prima dei quindici anni” e ha promesso che le pensioni rimarranno “indicizzate all’inflazione”.
Infine ha accusato il Rassemblement National di mantenere una “ambiguità nei confronti della Russia”, criticando anche “l’uscita dalla NATO” auspicata dall’estrema destra (Bardella ha dichiarato di non voler lasciare l’Alleanza “in tempo di guerra”). Ha inoltre attaccato La France insoumise, accusata di voler “aiutare la Russia”.
L’articolo Francia, come uscire dal caos proviene da ytali..