Con il 64,8 per cento di affluenza alle urne la Germania raggiunge il suo massimo dalla riunificazione in termini di partecipazione al voto. Una partecipazione, al voto europeo di sabato e domenica scorsi, che contrasta con lo sconfortante dato dell’astensione in Italia. Eppure l’alta affluenza non è necessariamente la spia di una democrazia in buona salute, se le analisi più attente dei flussi elettorali confermeranno quello che si percepisce “a caldo”: essa sembra infatti determinata dalla capacità dimostrata da Alternative für Deutschland (AfD) di “portare a votare gente che non votava”. “Un voto di protesta” dunque che si è diretto verso l’AfD “ma anche verso il movimento di Sara Wagenknecht”.
Una parte dell’elettorato che non si riconosce nel cosiddetto establishment – ragiona Angelo Bolaffi – ha pensato di dare un segnale, soprattutto nelle regioni dell’Est, dove l’AfD ha avuto il massimo del consenso.
Le elezioni europee, spiega Bolaffi,
consentono di dare più facilmente un ‘voto in libera uscita’, per dirla con Andreotti. L’elettore, almeno chi dà questo tipo di voto, ritiene che le elezioni europee non abbiano una conseguenza immediata sulla vita politica interna. Certo, bisognerà verificare come si è votato regione per regione, ma è probabile che il non voto si sia trasformato in un voto di protesta.
Con Angelo Bolaffi, filosofo, politologo, grande conoscitore della Germania, ytali commenta l’esito delle elezioni tedesche, partendo dai due dati politici, tra loro connessi, che prevalgono nei primi commenti: l’alta affluenza e il successo della destra estrema, in particolare all’Est.
Trentacinque anni dopo la caduta del Muro, il Muro di Berlino esiste ancora – dice Bolaffi – con la Bundesrepublik, la Germania Ovest, che rimane una zona europeista, nonostante tutto, a differenza della Germania Est.
Non solo il successo dell’AdF. Colpisce anche quello di Sahra Wagenknecht, che ha lasciato la Linke per fondare la sua forza politica, la Bündnis Sahra Wagenknecht, nel gennaio 2024, e che in poco tempo arriva al 6,2 per cento. Cosa ha fatto presa sugli elettori?
Ha preso voti dalla SPD e dalla Linke. Sahra Wagenknecht sembra rappresentare quella parte di elettorato di sinistra che altrimenti, per motivi ideologico-politici, si asterrebbe o non voterebbe Spd o Linke. Il suo partito, Bündnis Sahra Wagenknecht (BSW), Alleanza Sahra Wagenknecht, sostiene il pacifismo assoluto, è filo Putin e ha un’idea estremizzata del welfare. Dà voce alla componente in opposizione all’agenda 2020 e che oggi è dalla parte di Putin. Un altro suo cavallo di battaglia è l’immigrazione, su cui è molto dura, una posizione che consente a chi vota per BSW di esprimere sentimenti estremi di xenofobia, che sono nell’animo profondo della sinistra, senza confondersi con i nazi. Un voto di pancia, tanto più che il voto con evidenti tinte xenofobe è forte sopratutto dove gli emigranti non ci sono.
Pur nella messa in discussione del quadro politico, il voto sembra tuttavia confermare un sostegno largamente maggioritario ai partiti europeisti. Ciò nonostante il successo dell’estrema destra è considerato non solo un grande problema in sé per la Germania, ma anche una minaccia alla relazione speciale della Germania con l’Europa, al suo ruolo centrale nell’Unione europea…
Il vero problema è la debolezza del governo. Se la Germania avesse un governo forte, sopporterebbe pure la presenza dell’AfD. Con un governo debole, il peso crescente dell’AfD acuisce la debolezza della Germania.
Certo è diversa la situazione tedesca rispetto a quella francese. Da sempre la Francia ha una forte componente anti-europeista. La Francia profonda non vuole l’Europa, pensa di essere una nazione speciale. La Germania no. Resta il fatto che un governo debole a Berlino rende debole l’Europa. Senza un esecutivo forte in Germania l’Europa non va da nessuna parte.
I due copresidenti di AdF, Alice Weidel e Tino Chrupalla
Citando la Francia, immediato va il pensiero all’asse franco-tedesco. Romano Prodi sostiene che il voto europeo ne mette in evidenza la crisi…
L’asse franco-tedesco non potrebbe comunque risolvere i problemi dell’Europa. Ormai la chiave sono i paesi dell’Est, non i paesi dell’Ovest. L’Europa è cambiata, anche se in politica non c’è mai un punto a capo, c’è sempre una transizione.
Bisognerà aprire un cantiere con forze nuove, intellettuali, politiche, ecc., che ripensino l’idea d’Europa all’altezza delle sfide di oggi. Il Manifesto di Ventotene di Spinelli non è più attuale. Ventotene immaginava un’Europa che non esiste, un’Europa senza gli stati nazionali, che non è mai esistita.
Nell’immediato va affrontato il problema della legittimità del Parlamento europeo, che è votato dal cinquanta per cento degli europei. E a parte le vicende serie di corruzione, c’è una lontananza enorme tra elettori ed eletti, alimentata anche da collegi che contano anche trecento-quattrocentomila elettori del tutto ignari di chi le rappresenta in Parlamento e che quindi non si sentono rappresentati.
È importante rifondare questa Europa, una nuova Europa, vera, armata, che va dal confine orientale europeo, cioè dal confine con la Bielorussia e con la Russia, fino all’Atlantico. Aveva ragione Merkel, quando nel 2016, dopo l’elezione di Trump, disse, senza portare a conclusione il suo ragionamento, che l’Europa non può più far conto sugli altri per difendersi. Avrebbe dovuto portare alle conseguenze quel ragionamento. Questo però avrebbe, tra l’altro, significato cambiare la politica, compresa quella della Germania, nel rapporto con Putin su livello economico.
Tornando all’affermazione dell’AfD, c’è il timore di un contagio francese? C’è una tentazione da parte dei cristiano-democratici di fare come i gollisti, aprendo all’AfD?
In questo momento, all’interno della CDU si discute sul cosiddetto Brandmauer, il muro tagliafuoco con la AfD. Con la Linke non è più necessario, perché la Linke è molto piccola. Probabilmente sarà più facile aprire a livello locale alla Wagenknecht, con la quale potranno fare accordi almeno in campo economico.
Alcuni ritengono che sia necessario un muro contro muro con Alternative für Deutschland. Altri affermano che non tutti i voti che sono andati alla AfD sono di nazisti, che alcuni sono voti di protesta che è bene recuperare. Come? Pensano a un confronto, non a un’apertura, ma almeno a un confronto sui temi.
Il governo, salvo imprevisti, durerà fino alle elezioni dell’anno prossimo. Se SPD, Verdi e FDP andassero al voto oggi, subirebbero una sconfitta terribile. Seguono la logica della primum vivere. Inoltre, in Germania lo scioglimento della Dieta federale, il Bundestag, non può essere così immediata come in Francia. Non è possibile fare quanto ha appena fatto Macron. La procedura è lunga, complicata, non decisionista come avviene in Francia o nel Regno Unito. In Germania è necessario un voto di fiducia. Se Scholz lo chiedesse, ci sarebbe il rischio di una sfiducia costruttiva. Verdi e liberali potrebbero formare un nuovo governo con la CDU/CSU, come avvenne nell’82 con Kohl, e la SPD non potrebbe continuare a governare. Non credo che si andrà alle elezioni anticipate. È pur vero che in politica la stabilità è necessaria, e in questo momento la politica del governo è debole. Inoltre, anche gli stessi Verdi sono divisi al loro interno.
Una divisione, la loro, presente ormai da tempo, tra Fundis, più radicali, e Realos, più pragmatici. I Fundis sono aperti verso l’immigrazione, sono molto fermi contro l’energia atomica, ecc. I Realos sono molto più realisti, ritengono che sia necessario, ad esempio, valutare come organizzare l’immigrazione. Probabilmente continueranno a essere uniti nel rifiuto dell’energia nucleare.
AfD resta comunque un paria, sono considerati alla stregua dei nazisti, se non proprio dei nuovi nazisti…
L’Alternative für Deutschland è nata sotto la spinta dell’immigrazione, poi si è lentamente trasformata in un partito di estremisti. Questo, in parte, è anche un regalo avvelenato del governo Merkel. Direi che non sono tutti nazisti, ma purtroppo i nazisti non mancano. È necessario esaminare bene in cosa consiste l’AfD. Al momento mancano elementi che caratterizzavano il contesto in cui si è affermato il partito nazionalsocialista in Germania, la crisi sociale non è a livello di quella del ’29. Inoltre, ora la Repubblica Federale Tedesca ha un’esperienza diversa. La storia non si ripete mai tale quale, quindi dire che oggi è come allora fa ridere. Detto questo, il successo dell’AfD è certamente preoccupante.
Nei mesi scorsi parte dei cittadini tedeschi, direi una parte consistente, ha preso posizione contro l’AfD con manifestazioni di massa…
Manifestazioni molto belle, ma non va dimenticato quanto affermava Pietro Nenni: “Piazze piene, urne vuote.”
Il dato demografico prevalente è nel divario tra est e ovest. Contano anche altri dati demografici? I giovani? I nuovi tedeschi immigrati, ecc.?
Molti giovani hanno votato per l’AfD. Questo è un problema, è il vero fatto culturale nuovo in Germania. La nuova generazione votava per i Verdi, per due motivi: perché era per il progresso e per i migranti. Ora, con la scusa di criticare Israele, hanno rilanciato di fatto l’antisemitismo. Hanno dimenticato la Staatsräson della Merkel, la difesa d’Israele.
I Verdi sono quelli che hanno perso più voti, hanno ora l’otto per cento di consensi in meno rispetto alle scorse votazioni in Europa. Come si spiega? Che ruolo gioca la loro politica per l’ambiente?
Le ultime elezioni europee sono state nel 2019. L’Europa era un altro mondo, non c’era ancora stato il Covid, la Russia non aveva ancora invaso l’Ucraina. L’ambiente era considerato il problema principale, rappresentato da Greta Thunberg, non da Putin. Allora la Germania era più forte della Cina, poteva permettersi il lusso di pensare a cambiare l’ambiente. Ma all’improvviso è cambiato il mondo. Pensiamo, ad esempio, alla protesta degli agricoltori contro il taglio ai sussidi sul carburante. Anche i Verdi hanno dovuto fare marcia indietro. L’istanza ecologica funziona, ahimè, quando la pancia è piena. Quando la pancia è vuota o c’è una gran paura, funziona meno.
A questo s’aggiunga che c’è una nuova generazione. I giovani hanno superato, rimosso quello che per i giovani tedeschi nati dopo il 1945 era un must, il “no all’antisemitismo”. Ora c’è una nuova generazione di tedeschi che – ripeto – con la scusa di criticare Israele, mandano al diavolo quello che è stata tutta l’educazione della mia generazione, quello che ha cambiato la Germania.
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