[PARIGI]
Martedì tre adolescenti tra i dodici e i tredici anni sono stati processati nell’ambito di un’indagine per “stupro aggravato, violenza sessuale aggravata, tentata estorsione, violazione della privacy, minacce di morte, violenza e insulti”, fatto avvenuto a Courbevoie, comune della “petite couronne” parigina. Gli ultimi due reati sono aggravati dal fatto di essere stati commessi “a causa dell’appartenenza della vittima a una religione”. La ragazza dodicenne aggredita è infatti ebrea.
Questo tragico evento si inserisce in un contesto più ampio, dove il tema dell’antisemitismo domina il dibattito politico. Il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, ha annunciato mercoledì l’intenzione di sciogliere il GUD, un gruppo di estrema destra, per le sue “gravissime osservazioni antisemite”. Lo stesso gruppo si era reso responsabile qualche giorno prima di un attacco omofobo a Parigi mentre “festeggiavano” la vittoria del Rassemblement Nationale alle elezioni europee. Uno degli arrestati avrebbe dichiarato di non vedere l’ora che passino tre settimane “quando potremo pestare i froci a piacimento”. Tra i fermati anche un ex consigliere comunale di RN. Darmanin ha quindi attaccato il RN per i suoi legami con il GUD. Jordan Bardella, candidato del RN come primo ministro, ha poi dichiarato che:
Se domani sarò alla guida del Paese, non avrò alcuna forma di tolleranza nei confronti di chi pratica la violenza nel nostro Paese. Quindi le organizzazioni di ultra-sinistra e di ultra-destra saranno sciolte.
Le preoccupazioni per l’aumento degli atti antisemiti non sono nuove. Da mesi, infatti, cresce la preoccupazione. L’inchiesta “Radiographie de l’antisémitisme 2024” realizzata da IFOP, Fondation pour l’innovation politique e American Jewish Committee ha sottolineato che l’odio per Israele ne è la principale causa. Il documento indica che nel 2023 sono stati registrati 1.676 atti antisemiti, quasi il 60 per cento di questi atti diretti contro singoli individui e il più delle volte hanno assunto la forma di gesti e parole minacciose. Dal 7 ottobre, giorno dell’attacco di Hamas contro i civili israeliani, gli atti sono vertiginosamente aumentati poiché, dicono gli autori del rapporto,
la copertura mediatica di un evento antisemita estremamente grave funge da catalizzatore e porta quasi sistematicamente a un’impennata delle espressioni di odio antiebraico.
Secondo il report, il 44 per cento dei francesi non mostra segni di antisemitismo, il 22 per cento di individui sembra essere generalmente privo di antisemitismo, anche se alcuni dei loro atteggiamenti possono occasionalmente mostrare un certo grado di ambivalenza. Infine, il 34 per cento dei francesi mostra tendenze antisemite, compreso un sottogruppo del dieci per cento che mostra sia un forte attaccamento ai pregiudizi contro gli ebrei sia tolleranza verso la violenza antisemita. Si sottolinea inoltre che i giovani sono un po’ più aperti alla legittimazione di atti antisemiti, in un contesto di cambiamento generazionale nel loro rapporto con Israele e si attesta un aumento dei pregiudizi antisemiti tra la popolazione musulmana.
Sebbene il rapporto IFOP evidenzi che sia RN sia LFI mostrino sensibilità all’antisemitismo, è quest’ultimo che si trova maggiormente al centro del dibattito politico ed elettorale. Il tema, sollevato perché un partito di estrema destra si sta per avvicinare al potere, sembra creare maggiori problemi alla sinistra, a La France Insoumise (LFI) ma anche ai suoi alleati, socialisti in particolare.
Gli esempi di tensioni politiche legate all’antisemitismo sono numerosi. Ad esempio, immediatamente dopo la notizia dello stupro della ragazzina di dodici anni, il collettivo contro l’antisemitismo Nous Vivrons, nato in reazione alle posizioni de La France insoumise (LFI) rispetto all’attacco terroristico di Hamas contro Israele del 7 ottobre, ha organizzato una manifestazione davanti l’Hotel de Ville alla quale hanno partecipato anche politici di varia estrazione politica. Quando Ariel Weil, sindaco socialista e franco-israeliano di Parigi Centro (la zona composta dagli arrondissement 1, 2, 3 e 4), ha preso la parola, sono partiti fischi, insulti e accuse di complicità con le posizioni di LFI che l’associazione considera antisemite. Weil, che è sposato con una rabbina, è venuto quasi alle mani con un manifestante.
Un’altra situazione simile si è verificata a Bastille il giorno successivo, durante una manifestazione organizzata da diverse associazioni antirazziste, femministe e impegnate contro antisemitismo, tra cui SOS Racisme, la Fondation des Femmes, Les Guerrières de la paix, la Ligue des droits de l’homme, il MRAP, Osez le féminisme e l’Union des étudiants juifs de France. Come riportato da Le Figaro, nei vari interventi che si sono succeduti sono apparse le differenze esistenti all’interno della sinistra se la diffusione dell’antisemitismo sia limitato all’estrema destra oppure se tocchi anche la sinistra e in particolare LFI. Nel suo intervento, Dominique Sopo, presidente di SOS Racisme, ha fatto riferimento agli odi che “non sono mai residuali”, un riferimento a Jean-Luc Mélenchon, che sul suo blog il 2 giugno, aveva affermato che “l’antisemitismo rimane residuale in Francia” mentre varie ricerche, dati e sondaggi ne indicavano un aumento. Altre associazioni invece hanno parlato soprattutto del Rassemblement National.
La tensione è ulteriormente aumentata quando Samuel Lejoyeux, presidente dell’Union des étudiants juifs de France (UEJF), ha criticato duramente la presenza di LFI all’interno del Nouveau Front Populaire. Le sue parole sono state accolte, riporta sempre Le Figaro, con “indignazione e qualche battuta”:
Bisogna anche dire che questo antisemitismo è stato molto spesso giustificato, e a volte persino propagandato, da politici che provengono dalla sinistra, politici di La France insoumise! Dire che l’antisemitismo è residuale non può essere un disaccordo politico!.
Le polemiche hanno raggiunto un nuovo livello di intensità da quando la sinistra ha siglato un accordo elettorale. In particolare il Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche in Francia (Crif) ha condannato con forza l’alleanza tra ecologisti, socialisti e comunisti con La France Insoumise (LFI), che secondo il Crif ha posizioni antisemite.
In seguito, sono apparsi appelli, contro-appelli e lettere per sostenere la ragioni delle accuse di antisemitismo o per criticarle.
Un primo appello significativo è stato quello pubblicato da Mediapart e firmato da una trentina di personalità della mondo della cultura e della ricerca, tra cui spicca la firma di Annie Ernaux, il premio Nobel per la letteratura nel 2022. I firmatari sostengono che le accuse di antisemitismo nei confronti di LFI sono politicamente motivate e propagate “da alcuni media e da personaggi politici che ne hanno fatto il loro unico argomento in una odiosa battaglia contro tutta una parte della sinistra”.
I firmatari continuano dicendo che
Ci sono anche persone sincere che immaginano i legami di LFI con l’antisemitismo, a forza di sentire questa accusa trasmessa da tanti media, al punto che la mostruosa equivalenza LFI = antisemita è diventata una sorta di banalità, perfettamente naturale.
Descrivono “questa offensiva” come la reazione alla possibilità “che la sinistra vada al potere”, situazione che “terrorizza i rappresentanti di un ordine sociale, economico e ideologico”:
Devono assolutamente rompere l’alleanza di sinistra, squalificando una delle sue forze più importanti e più militante con una sorta di omicidio politico. Il Nuovo Fronte Popolare ha causato un profondo panico tra i sostenitori dell’ordine esistente. L’abiezione sta raggiungendo nuove vette.
Una situazione che si accompagna, dicono, alla “banalizzazione di RN” che subisce un “trattamento politico e mediatico” sproporzionato rispetto a LFI, il cui “programma è la lotta contro la discriminazione, per la giustizia sociale e l’emancipazione”.
Qualche giorno dopo Le Point pubblica un contro-appello. Su iniziativa del filosofo Daniel Salvatore Schiffer, trenta scrittori e intellettuali, tra cui Michel Onfray, Luc Ferry, Bernard Kouchner, Antoine Gallimard, Pierre-André Taguieff e Pascal Bruckner, invitano i cittadini “a non votare per questo falso, ingannevole e pseudo ‘Nuovo Fronte Popolare’”, accusandolo di antisemitismo:
Questo caratteristico antisemitismo si è manifestato, a volte in modo virulento, nei partiti dell’estrema sinistra dello spettro politico-ideologico, come La France Insoumise (LFI) e il Nuovo Partito Anticapitalista (NPA), che, durante lo spaventoso pogrom genocida perpetrato dai terroristi di Hamas contro gli ebrei israeliani il 7 ottobre, non hanno mai condannato apertamente questo sanguinoso massacro, sostenendo addirittura, per giustificarlo, che fosse l’espressione di un “movimento di resistenza palestinese contro l’occupazione israeliana.
Peggio ancora, alcuni di questi leader irresponsabili, la sera stessa di questo ignobile crimine di dimensioni mai viste dai tempi dell’Olocausto, se ne sono pubblicamente rallegrati”.
I firmatari accusano LFI e NPA di essere “nemici dichiarati di Israele, fautori di un antisionismo che non fa altro che mascherare il loro antisemitismo di fondo”:
Non sono estranei alla contraddizione o, soprattutto, all’ignoranza, visto che l’illustre fondatore dello storico Fronte Popolare tra le due guerre, Léon Blum, era anche uno dei grandi leader ebrei del suo tempo. Fu deportato dai nazisti nel campo di concentramento di Buchenwald e […] fu un fervente sostenitore della creazione dello Stato di Israele nel 1948.
Successivamente, su Le Monde appare quindi un articolo firmato da Arié Alimi, avvocato e vice-presidente della Ligue des droits de l’homme, e da Vincent Lemire, professore di storia all’université Gustave- Eiffel ed ex direttore del Centre de recherche français a Gerusalemme che alimenta la discussione. I due autori sottolineano che la rinascita dell’antisemitismo a sinistra è innegabile, ma che viene utilizzato per minare la credibilità del Nuovo Fronte Popolare:
La sinistra, ora unita per contrastare la minaccia xenofoba del Rassemblement National, non deve sottrarsi a questa battaglia prioritaria, perché da essa dipendono la coerenza del Nuovo Fronte Popolare e la sua stessa giustificazione.
Ma aggiungono anche un’idea che crea molto polemica:
No, non c’è equivalenza tra l’antisemitismo contestuale, populista ed elettorale di alcuni membri de La France insoumise e l’antisemitismo fondativo, storico e ontologico del Rassemblement national, che ha sempre e coerentemente difeso la preferenza nazionale, denunciato i doppi cittadini e attaccato l’”anti-Francia”.
Gérard Biard, giornalista del settimanale satirico Charlie Hebdo, ha risposto con un articolo dal titolo ironico “Per un antisemitismo inclusivo di speranza e progresso”, risponde che l’idea di Alimi e Lemire è “assurda” e “squallida”:
In nome dell’”urgenza” e della necessità di erigere una barriera contro l’estrema destra – di cui nessuno a sinistra contesta la necessità vitale – dobbiamo accontentarci di una certa forma di antisemitismo, che è solo una sfortunata successione di “azioni sbagliate”. Un male minore per la buona causa, per così dire.
E continua:
D’accordo. Accettiamo la dubbia premessa che l’antisemitismo mascherato da “antisionismo” che prevale in LFI sia semplicemente una questione di opportunismo elettorale. E allora? Questo lo rende meno dannoso, meno pericoloso per gli ebrei in Francia? Dovremmo dimenticare quello che è successo dopo il 7 ottobre? Dovremmo cancellare l’esplosione degli atti antisemiti che, come sottolineano gli autori dell’articolo, hanno raggiunto una media di cinquecento al mese entro la fine del 2023? Cantare, con Mélenchon, che l’antisemitismo è “residuale”? È un semplice dettaglio nella storia del femminismo che, per la prima volta, associazioni militanti, e non le meno importanti, abbiano relativizzato stupri e atti di barbarie commessi contro le donne?
Le accuse di antisemitismo rivolte a LFI e a Jean-Luc Mélenchon non sono nuove. Nel 2012, diversi esponenti dell’UMP (ora Les Républicains), tra cui l’ex primo ministro Alain Juppé, avevano criticato il leader dell’allora Front de Gauche per la sua presunta vicinanza al compositore greco Mikis Theodorakis, balzato agli onori della cronaca per le sue posizioni antisemite. Mélenchon aveva quindi denunciato per calunnia gli accusatori e aveva poi vinto la causa.
Sempre nel 2012 Mélenchon descriveva Mohamed Merah – il jihadista francese che uccise sette persone, tra cui tre bambini, negli attacchi terroristici contro l’esercito francese e una scuola ebraica a Tolosa – come un “maledetto idiota” che “non è nemmeno un terrorista”, dichiarazioni che secondo i critici sminuivano il carattere antiebraico dell’atto terroristico. Un anno dopo Mélenchon accusa Pierre Moscovici, ministro socialista dell’economia, di pensare in termini di “finanza internazionale”, una dichiarazione che aveva suscitato polemica perché riprendeva lo stereotipo antisemita del banchiere ebreo. Mélenchon tuttavia insistette sul fatto che non era a conoscenza della religione dell’allora ministro dell’economia. Nel 2019, il leader di LFI accusa poi il Conseil Représentatif des Institutions Juives de France di aver contribuito alla sconfitta del leader laburista britannico Jeremy Corbyn, accusato di compiacenza nei confronti dell’antisemitismo.
Come riporta Les Souligneurs, il leader de La France Insoumise ha sempre considerato queste accuse come un’ignominia volta a minare la credibilità delle sue posizioni politiche, in particolare sulla politica rispetto Israele. A inizio giugno scrive poi che
[…] contrariamente a quanto afferma la propaganda ufficiale, l’antisemitismo rimane residuale in Francia. In ogni caso, è totalmente assente dai raduni popolari.
Ma sono gli attacchi di Hamas contro Israele che segnano un aumento delle polemiche e delle accuse. Un comunicato stampa del partito afferma che “l’offensiva armata delle forze palestinesi guidate da Hamas si inserisce in un contesto di intensificazione della politica di occupazione israeliana a Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme Est”. Jean-Luc Mélenchon si dice “inorridito”, ma assicura che “i nostri pensieri e la nostra compassione vanno a tutte le vittime sconvolte di tutto questo” e che “tutta la violenza scatenata contro Israele e Gaza dimostra solo una cosa: la violenza produce e riproduce solo se stessa”. Un’equazione tra Hamas e Israele e l’assenza di riferimento all’atto terrorista di Hamas che spinge anche alcuni esponenti del partito di Mélenchon a prendere le distanze. Il deputato François Ruffin, uno dei papabili primi ministri in caso di vittoria della sinistra, esprime immediatamente la “totale condanna dell’attacco di Hamas”. Raquel Garrido, una dei deputati non reinvestiti da LFI alle prossime elezioni legislative, ha esortato i suoi colleghi a essere “più attenti alle esperienze e ai sentimenti politici degli ebrei di sinistra”. Mélenchon aveva poi attaccato su Twitter la presidente dell’Assemblea nazionale, Yaël Braun-Pivet, accusandola di essere accampata “a Tel Aviv per incoraggiare il massacro”. Come riportato, per alcuni, l’uso del termine “campe” era un riferimento velatamente mascherato ai campi di concentramento nazisti. Tanto che il leader della sinistra ha dovuto intervenire per smentire significati nascosti.
Il 12 novembre LFI decide infine di non partecipare alla marcia contro l’antisemitismo, boicottandola per la presenza del Rassemblement National e del rifiuto degli organizzatori di chiedere un cessate il fuoco a Gaza. Lo stesso giorno, LFI organizza un’altra manifestazione in Place des Martyrs-Juifs-du-Vélodrome-d’Hiver a Parigi, iniziativa criticata dal Crif, che l’ha considerata come un modo per “appropriarsi” della memoria.
Sono proprio le dichiarazioni su Hamas che generano conseguenze politiche ampie. Fabien Roussel, segretario del PCF, afferma che quest’incapacità da parte de LFI “di descrivere un atto terroristico nei termini giusti” obbliga a un dibattito sulla presenza del suo partito all’interno della coalizioni di sinistra Nupes. Nel Partito socialista, la posizione di LFI sull’attacco di Hamas a Israele viene giudicata ambigua e i dirigenti decidono di mettere in pausa la coalizione. La Nupes, l’alleanza a guida LFI che si era presentata alle elezioni legislative del 2022, cessa praticamente di esistere.
Proprio con i socialisti le divisioni sul tema del conflitto tra Israele e Hamas si approfondiscono nel frattempo. In aprile Raphaël Glucksmann, capolista socialista alle elezioni europee, si dice rammaricato del fatto che Jean-Luc Mélenchon abbia “esposto” il logo di un’associazione “che nega l’esistenza dello Stato di Israele” per annunciare una conferenza all’Università di Lille, su iniziativa di un’associazione studentesca pro-Palestina.
Quando si è un partito politico, non si espongono loghi che negano l’esistenza dello Stato di Israele. È semplice.
Uno scontro quello con i socialisti che si intensifica con le elezioni europee. Mélenchon risponde alle critiche socialiste attaccando Jérôme Guedj, deputato socialista, accusandolo di essere “una banderuola” e di aver rinunciato “ai principi più costanti della sinistra dell’ebraismo in Francia”, legando le posizioni di Guedj alle sue origini ebraiche. Guedj è oggi candidato del PS, ma ha rifiutato il supporto del Nouveau Front Populaire, per l’attacco persone ricevuto da Mélenchon. Sostenuto da socialisti, verdi e comunisti, dovrà affrontare alle elezioni legislative una candidatura dissidente presentata da LFI.
Le controverse posizioni di Jean-Luc Mélenchon e di LFI hanno inevitabilmente portato a una frattura con l’elettorato di fede ebraica. Questo fenomeno è particolarmente evidente nel contesto della recente proliferazione di atti antisemiti legati al conflitto tra Israele e Hamas. Come ha indicato l’IFOP, questa situazione ha riportato in auge un vecchio dibattito: “l’antisionismo è antisemita?”.
La Francia aveva adottato una risoluzione nel 2019 che allargava la definizione di antisemitismo per includervi l’antisionismo, una decisione molto criticata per l’ambiguità spesso legata al termine. Secondo l’IFOP, l’antisionismo si riferisce infatti “all’opposizione all’esistenza di uno Stato nazionale ebraico” ma “il termine ha subito uno slittamento semantico ed è spesso utilizzato per descrivere un discorso fortemente critico nei confronti di Israele”. Inoltre, esiste un’altra area di ambiguità “tra la legittima espressione di critiche alle politiche dello Stato ebraico e l’adozione di comportamenti violenti nei confronti degli ebrei, sotto la veste di antisionismo radicale”. Questa ambiguità ha alimentato il dibattito e ha esacerbato le tensioni con l’elettorato ebraico, che percepisce una mancanza di chiarezza e condanna da parte di LFI rispetto al conflitto tra Israele e Hamas.
Secondo la ricerca IFOP:
Il rifiuto di condannare esplicitamente i crimini di Hamas ha suscitato indignazione. In questo contesto, il 92 per cento degli ebrei francesi ritiene che la France Insoumise stia contribuendo all’aumento dell’antisemitismo in Francia, e l’82 per cento ha addirittura risposto “sì, assolutamente. Raramente l’IFOP ha visto una percentuale così alta di risposte “sì, assolutamente” in un sondaggio”.
Nel contempo, Marine Le Pen e il Rassemblement National hanno adottato una posizione incondizionatamente e nettamente pro-israeliana, esprimendo forti sostegni al governo Netanyahu, parte di quel processo di normalizzazione in atto da tempo. Nonostante nel 2022, in occasione delle presidenziali, il Crif avesse definito Marine Le Pen e il suo partito “una minaccia esistenziale” per gli ebrei francesi, l’estrema destra francese sta riuscendo a far dimenticare le sue radici e gli sfoghi antisemiti del suo fondatore, Jean-Marie Le Pen.
Il mese scorso Marine Le Pen aveva assicurato a LCI che “il Front National è sempre stato sionista”:
Storicamente, il Front National è sempre stato a favore della creazione di uno Stato ebraico. […] Certo, le relazioni tra Jean-Marie Le Pen e la comunità ebraica sono state estremamente difficili [Le Pen padre] ha esacerbato questa difficoltà moltiplicando le sue provocazioni. […] L’unico movimento politico che è veramente uno scudo per proteggere i nostri compatrioti di fede ebraica […] è il Rassemblement National. Non ho mai vacillato su questo punto.
Non si tratta solo di eliminare le radici antisemite del movimento di estrema destra ma di proporsi come unica difesa rispetto ai musulmani (il 62 per cento degli elettori di fede musulmana che hanno partecipato alle elezioni europee hanno votato per LFI), vero e proprio obiettivo delle campagne elettorali di RN.
Che Marine Le Pen abbia un maggiore successo del padre con gli elettori di fede ebraica non è davvero chiaro. Solo un sondaggio fa luce sull’argomento. Nel 2014, uno studio Ifop pubblicato per Atlantico aveva rivelato che il 13,5 per cento degli elettori che si dichiaravano ebrei avevano votato a favore di Marine Le Pen, rispetto al quattro per cento per Jean-Marie Le Pen. Scelte elettorali tuttavia che dipendono da diversi fattori e varianti, in primis da un successo maggiore di Marine Le Pen in generale con tutto l’elettorato.
Ma le prossime elezioni legislative hanno messo in moto qualcosa di nuovo, come testimoniano le enormi polemiche in occasione delle elezioni legislative per l’intervento di Serge Klarsfeld, noto cacciatore di nazisti, che ha dichiarato che in caso di scelta tra RN e LFI per le elezioni legislative:
[…] voterei per il Rassemblement national perché […] l’asse della mia vita è la difesa della memoria ebraica, la difesa degli ebrei perseguitati, la difesa di Israele e mi trovo di fronte a un’estrema sinistra che è sotto l’influenza de La France Insoumise con sfumature antisemite e un violento antisionismo.
Ha quindi aggiunto che “La France insoumise è un partito decisamente antiebraico” mentre, a suo avviso, il Rassemblement National “ha subito una trasformazione”:
È un partito che sostiene gli ebrei, che sostiene lo Stato di Israele. I partiti di estrema destra dell’Europa occidentale e centrale hanno rinunciato all’antisemitismo e sostengono gli ebrei.
Marine Le Pen ha risposto ringraziandolo:
L’omaggio reso al popolo francese da Serge Klarsfeld, grande coscienza e custode della memoria della Shoah, ci ricorda che anche se le nostre scelte elettorali possono divergere, arriva un momento in cui dobbiamo unirci per respingere questo terribile pericolo rappresentato oggi da una sinistra che, abbandonando la sua anima e la sua dignità, si compromette con l’estremismo.
Al contrario, Manuel Bompard, coordinatore di La France Insoumise, si è detto “scioccato” e ritiene che Serge Klarsfeld “si sbagli:
Questo la dice lunga sul modo in cui siamo stati diffamati durante la campagna elettorale europea. La lotta contro l’antisemitismo, il razzismo e l’islamofobia è al centro dei nostri impegni.
Anche il filosofo Alain Finkielkraut ha dichiarato al settimanale Le Point che stava considerando di votare per il partito fondato da Jean-Marie Le Pen:
Non è ancora il caso, ma forse prima o poi sarò costretto a farlo se non ci saranno alternative,
Ginette Kolinka, sopravvissuta ad Auschwitz-Birkenau, ha invece dichiarato a FranceInfo:
Quando vedi Klarsfeld essere d’accordo con loro, dici a te stesso che c’è qualcosa che non va. Se anche gli ebrei si schierano con l’estrema destra, non ne vedremo mai la fine.
Anche l’UEJF ha criticato Klarsfeld, denunciando una “colpa morale” e un “pericolo esistenziale” per gli ebrei nel considerare di votare per la RN. Una tentazione quella di Klarsfeld più ampia, almeno da quanto scrive Le Figaro. E che forse potrebbe tradursi in un’astensione, più che nel voto a RN al secondo turno. Per IFOP infatti
[…] Il RN è menzionato meno di LFI e dei Verdi, ma questo non gli conferisce carta bianca: un ebreo su due ritiene che contribuisca all’aumento dell’antisemitismo.
Nonostante le molte ambiguità, il resto lo sta facendo la campagna elettorale più corta della storia di Francia. Sull’antisemitismo, l’area macroniana ha attaccato maggiormente la sinistra, sottolineandone i pericoli, perché ha bisogno di arrivare in una posizione di forza al secondo turno rispetto al Nouveau Front Populaire. Ha bisogno di convincere una parte dell’elettorato di centrosinistra che il voto per la sinistra sia un voto a LFI. Con un obiettivo: quello di poter rivendicare un voto “repubblicano” al secondo turno, come unica barriera di fronte all’estremismo di RN.
Immagine di copertina: a Courbevoie, con il sindaco @jakossowski , eletti, rappresentanti della comunità ebraica di Francia e cittadini.
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