Francamente le notizie che si leggono sui giornali e si ascoltano nei servizi radiotelevisivi sono gravi.
Esse infatti segnalano tre diverse dimensioni.
Da una parte quella classica e che conoscevamo: Venezia è oro colato per ogni tipo di speculazione e di interesse. Non è bastata infatti la memoria sul passato, ci risiamo.
Appare evidente come senza una capacità netta, trasparente ed esplicita di tenere a distanza la corruzione questa città rischi.
Chi la governa è quindi fondamentale, non può essere vicino al malaffare, non può fare il “piacione” non si può permettere populismi d’accatto, non deve avere nemmeno il rischio di sembrare attratto da altri e personali interessi.
Poi un’altra storia che appare perniciosa e perfino volgare è quella che esplicita la presenza degli approfittatori, dei mediatori di permessi e consensi, quasi a popolare mondi di mezzo che alla luce dei grandi obiettivi vivono invece i sottoscala cercando di scoprire dove è possibile ricavarsi ruolo, consenso ed opportunità anche se illecite.
È il lato, questo, apparentemente più oscuro ma che in realtà spesso cresce dove non batte il sole, come la muffa.
Infine una sensazione pericolosissima.
La si legge nelle testate nazionali oggettivamente più lontane dalla realtà ed è fatta di abitudine e indifferenza.
Abitudine perché non è la prima volta che accade e indifferenza perché forse si basa sull’ipotesi che chi popola questa città non sia in grado di esprimere sul serio “classe dirigente”.
Ed allora?
Alcune premesse dovute innanzitutto.
La prima.
È chiaro che tutti si è innocenti fino al raggiungimento di sentenza definitiva.
E quindi nessuna condanna a priori, anzi.
Speranza di un chiarimento vero e rapido.
Ciò vuole la nostra cultura e la nostra legge.
La seconda.
È evidente che l’affermazione fatta è vera ma che il problema è diverso: non è giuridico.
Vi è oggettivamente un cambiamento del “clima” in cui viviamo e vivremo a Venezia.
Molte delle cose lette e denunciate erano già da tempo state esplicitate come in un articolo ricorda Pier Paolo Baretta.
L’immaginario collettivo generato da ciò che è accaduto è più pesante delle pietre.
Ed è pericoloso per una città già profondamente segnata.
Ma fatte queste premesse cosa resta?
Resta intanto una riflessione che getta l’amaro in bocca ma serve..
Leggendo i media si avvertono troppe storie diverse che segnano però una realtà.
Al meglio dei propri pensieri si può dire che chi amministra ha perso il controllo di cosa accade a Venezia.
Che appare evidente che i mondi che la bramano per la sua ricchezza sono più forti di chi l’amministra.
Che i territori d’acqua e di terra divengono vulnerabili alla mercificazione sia esplicita che nascosta.
Ed occorre che rapidamente si cambi rotta.
Ci si metta di traverso al grande ed al piccolo malaffare.
Che si contrasti con grande durezza l’abitudine al mercimonio perché la Venezia che in molti descrivono non è quella che tutti i giorni vive e lavora.
E che si esplicitino atti e progetti che ridiano fiato al vivere insieme, al costruire futuro.
C’è un “urlo” che ormai si sente anche se non sempre esplicito.
Di rabbia.
Ancor più di prima questo richiede “testa” e “gambe”, intelletto e azione.
Di tutti coloro che vogliono mantenere la schiena dritta ed hanno a cuore la città.
Il centro-sinistra può riprendere una funzione di straordinario valore.
Perché al di là delle vicende giudiziarie si capisce che un ciclo sta finendo e chi vi è stato all’interno o l’ha sostenuto non si può candidare a ridare “volto” alla città.
Immagine di copertina: Luigi Brugnaro nella Smart Control Room del Tronchetto.
L’articolo Un ciclo è alle nostre spalle proviene da ytali..