A poco più di dieci anni dalla “grande retata”, come allora fu chiamata, che fece emergere lo scandalo Mose, che coinvolse trentacinque persone e portò agli arresti domiciliari dell’allora sindaco Orsoni, la magistratura veneziana è tornata a mettere al centro della sua attenzione le attività dell’amministrazione comunale di Venezia. I fatti sono noti, un assessore arrestato, il sindaco Brugnaro indagato assieme al suo capo di gabinetto e al vicecapo per aver tentato di svendere un palazzo per facilitare un affare con un imprenditore cinese interessato a rilevare l’area dei “Pili”, di proprietà dello stesso sindaco, ma in affidamento ad un blind trust. Sulla cui cecità, tante volte messa in dubbio dell’opposizione, gli inquirenti vogliono a questo punto vederci chiaro per capire se l’attuale sindaco ha agito nell’interesse pubblico o a tutela di quello suo personal
Questo per sommi capi l’operazione che ha coinvolto circa duecento uomini della Guardia di Finanza che hanno notificato ordini di carcerazione, arresti domiciliari, avvisi di garanzia, operato perquisizioni ad un nutrito gruppo di diciotto persone fatto di amministratori locali, pubblici funzionari e imprenditori del veneziano che secondo gli inquirenti sarebbero coinvolti in un vasto malaffare, già in passato in parte denunciato dal quotidiano Domani e dalla trasmissione Report, al quale la magistratura ha voluto porre fine al termine di una inchiesta iniziata nel 2022.
Al di là degli sviluppi giudiziari che la faccenda potrà avere, l’operazione della procura segna anche nel peggiore dei modi l’epilogo dell’avventura politica di Luigi Brugnaro e della visione economicista che aveva impresso alla città da otto anni a questa parte, tante volte denunciata come spinta all’affarismo a scapito della città e di chi ci vive. Nella concezione dell’attuale primo cittadino, improntato ad un neoliberismo senza freni che gode di nuova fortuna attualmente in vari esponenti della destra mondiale, era sempre più emerso chiaro che l’interesse pubblico non era altro che la somma di tanti interessi privati. Con l’aggravante che spesso tali interessi erano rappresentati da amici o da persone vicine alla cerchia del sindaco. Al di là della totale opacità in cui spesso tali relazioni sono state tessute, risulta chiaro come l’obiettivo di sviluppo economico di regola aveva sempre la meglio rispetto alla tutela del diritto di cittadinanza, che passava sempre in secondo ordine rispetto alle risorse che il brand Venezia e il suo sfruttamento potevano generare in termini economici. E dimostra ancora una volta di più come l’unica arma contro la corruzione sia la trasparenza di ogni operazione attuata da parte della pubblica amministrazione nel rispetto assoluto di regole che già esistono.
Screenshot
Screenshot
Visto il terreno pericoloso su cui la giunta Brugnaro si è fin dall’inizio mossa, mutuata dal mondo imprenditoriale e gestita come una organizzazione piramidale al cui vertice c’è il sindaco e la sua rete di relazioni di interessi e amicali, da tante parti era stato previsto quello che poi in questi giorni è successo.
La vicenda giudiziaria rappresenta un’occasione insperata per il partito di Giorgia Meloni, che con l’azzoppamento di Brugnaro vede indebolirsi ogni possibile candidatura fucsia a livello comunale e regionale, verso i cui lidi l’attuale sindaco non nascondeva di voler puntare una volta che gli era stato precluso un terzo mandato. Il suo recente insistere sulla bontà di una candidatura Zaia al comune lagunare, non era altro che il suo proporsi per una staffetta con l’attuale presidente regionale che consentirebbe ad entrambi di continuare con lo sfruttamento della miniera Venezia ciascuno nella posizione prima occupata dall’altro.
Nella visione dell’attuale sindaco, Venezia era una città morente il cui vero scopo era quello di farsi palcoscenico di eventi, ospite di turisti pernottanti, e fonte infinita di giro di denari. In questo consisteva la forza della città, o di quello che di essa restava, secondo Brugnaro. Quanto a Zaia, pur con una posizione più defilata e meno ruspante, la visione non è poi differente.
Per l’opposizione cittadina, la vicenda costituisce una occasione insperata che la spinge ad accelerare un processo politico che dovrà portare alla proposta di una nuova idea di città, che superi quella affondata nei pestilenziali miasmi della giunta Brugnaro, e che metta finalmente al centro del “suo agire politico” i cittadini. Quel che ora serve alla città, è che finalmente il centro sinistra superi la sua propensione al suicidio e taciti una volta per tutte le numerose personalità divergenti che lo animano, chiamate tutte a fare un passo indietro a favore di una unica ipotesi unitaria come base di un governo futuro di salute pubblica che affronti seriamente problemi che riguardano la residenza, una reale politica di contenimento dei flussi e delle abitazioni destinate ad uso turistico come già sta avvenendo in varie città europee.
Un governo cittadino che sia consapevole degli effetti del cambiamento climatico e che torni da subito a spingere per spostare il porto cittadino al di fuori della laguna, come era negli auspici del governo Draghi. Un governo che metta al centro la tutela della laguna e dei suoi canali, come precondizione dell’esistenza fisica di Venezia. Un governo che sappia combattere sul serio il moto ondoso che sta distruggendo letteralmente la città, imponendo, al di là dei controlli e dei limiti di velocità, delle carene alle barche che producano meno onde. Un governo che sappia sul serio affrontare la desertificazione in atto a Mestre e la sua trasformazione in paradiso dello spaccio, senza ricorrere alle ricette ridicole messe in atto da Brugnaro con le sue ronde notturne insieme alle forze della polizia locale.
Nei prossimi mesi, tutto il centro sinistra dovrà avviare un ampio processo di discussione che coinvolga in primo luogo tutta la cittadinanza veneziana, affrontando i problemi che assillano la città insulare assieme a quello della trasformazione di Mestre in una sorta di Bronx, dove le ricette semplicistiche dell’attuale sindaco hanno ancor più miseramente fallito.
Solo con un netto cambio di rotta su alcuni, pochi, temi un futuro governo cittadino potrà favorire una svolta e l’insediarsi in città di nuove attività economiche in aree liberate dal soffocamento turistico, e per quanto riguarda la terraferma, dalla malavita organizzata. Nella consapevolezza che la battaglia sarà difficilissima e che sarà già un successo se si riuscirà ad invertire il trend che da tempo la città vive, e che la pessima gestione di Brugnaro ha abbondantemente accelerato.
Venezia ha pagato troppo, ed è sperabile attendersi, soprattutto da parte dei giovani, un impegno a favore della propria città, nella consapevolezza che forse questa potrebbe essere l’ultima occasione di lottare per una città viva. Se perdessimo anche questa battaglia, Venezia non sparirà, ma avrà vinto Brugnaro e tutti coloro che ne percepiscono solo la potenzialità economica e la sua trasformazione in un museo.
Mai come ora pesano le parole che Stefano Boato, recentemente scomparso, ebbe a scrivere:
bisogna che la politica torni a farsi servizio, azione intelligente, con sguardo lungo e ampio, nel tempo e nello spazio. Una politica alta è capace di produrre benessere nella comunità e trasforma la vita dei politici stessi in una vita sensata, densa, pregna di valore. Nella mia esperienza, non c’è senso più alto e più grande.
Il tempo c’è, ma non è molto anche se Brugnaro non avrà il necessario senso dell’opportunità che dovrebbe spingerlo a dimettersi lasciando spazio ad un commissario che portasse a nuove elezioni. Del resto, la situazione è molto seria, ma non muore la speranza che possano essere fatte proprie dalle forze politiche dell’opposizione al di là di ogni egoismo che sarebbe esiziale per la città. Saranno loro a dover coinvolgere con la loro opera di persuasione molti giovani chiamati a scendere in campo con spirito di servizio per risollevare la loro città dal fango e dallo scandalo internazionale in cui la condotta del pessimo Luigi Brugnaro l’ha precipitata.
L’articolo Un castello di carte truccate proviene da ytali..