Così il 20 aprile del 2023 si rivolge il sindaco Brugnaro a Walter Molino, giornalista di Report nel rifiutarsi a rispondere a una domanda. Il caso ha voluto che oggi sia proprio Brugnaro e la galassia che gli ruota intorno ad apparire come lo schifo d’Italia. Qui non si parla di una mela marcia, ma è l’intero paniere ad esser marcio: i vertici dell’amministrazione politica, dirigenti del Comune e di importanti società partecipate, numerosi imprenditori, insomma un fenomeno con evidenza sistemica e sistematica. Vero è che il giornalista rivolgeva al sindaco domande sulla Scuola della Misericordia in una conferenza stampa su altro argomento, ma cos’altro poteva fare un giornalista in possesso di notizie scottanti su cui interrogare un sindaco che si sottrae, non risponde, rifiuta il contraddittorio.
Brugnaro lamenta la sede impropria e si rifiuta di rispondere irritato per le domande poste, considerate impertinenti e fuori contesto. La pertinenza, invece, lo dimostreranno i servizi trasmessi il 5.11.2023 “La Misericordia di Brugnaro” e il 17/12/2023 “C’era un cinese a Venezia” che scoperchiano il vaso di Pandora di chi gestisce l’amministrazione cittadina con piglio padronale subordinando l’interesse pubblico a quello privato. Non si può liquidare la faccenda come polemica tra un personaggio pubblico e dei giornalisti che gli si accaniscono contro (come ha fatto il Gazzettino il giorno dopo la trasmissione), non si tratta di allusioni o illazioni, congetture o supposizioni, ma di notizie di reato come dimostrano i successivi atti giudiziari.
Sarebbe bastata la classica goccia a far traboccare il vaso, ma è arrivata uno scravasso e la città si è trovata sommersa dal fango della gestione aziendale del Comune di Venezia. Fa tenerezza il sindaco, basito e indignato davanti alle accuse, non capisce, sinceramente convinto di aver fatto un servizio pubblico con la sua gestione mercantile e imprenditoriale della città. Sente di dover di essere l’agente di commercio della città lagunare, gallina dalle uova d’oro fritte poi in terraferma dov’è l’elettorato del sindaco. È novità assoluta e inedita vedere un sindaco fare il sensale di sé stesso, prodigandosi in prima persona per caldeggiare operazioni immobiliari su terreni di sua personale proprietà, rassicurando Kwong circa le possibilità d’incremento di valore dell’area e dell’investimento. Tanto che nel video del 24 aprile 2016 si vede il sindaco dire “qui è tutto edificabile, questo qui è un bacino di acqua eh, non è terra, è acqua per cui qua volendo c’era da fare tutto un ragionamento…”. A differenza del film Totò truffa, in cui Totò vende la fontana di Trevi, qui il sindaco anfibio è effettivamente il padrone, avendo acquistato l’area formata da due zone paludose separate tra loro che dopo l’acquisto si riesce a unificare. Utile dev’essere risultata l’esperienza e l’abilità di Luciana Colle già funzionaria vicedirettrice del demanio e poi vicesindaca di Venezia dal 2015 al 2020 con deleghe alla casa e alle politiche per la residenza, al riordino del patrimonio, al federalismo demaniale, tornata al demanio a fine mandato nel 2020. La si vede nei filmati trasmessi da Report partecipare a incontri istituzionali con il magnate cinese Kwong.
Su quello spazio tra terra e acqua Brugnaro sembra saper bene come intervenire leggendo il testo dell’esposto presentato alla Corte dei conti dall’arch. Alberto Bernstein il 2 marzo 2020, dove si solleva il dubbio che una variazione catastale delle aree intervenuta dopo l’acquisto dell’area dei Pili il 28 febbraio del 2006, possa avere avvantaggiato la società Porta di Venezia Srl del sindaco Brugnaro. In effetti qualcosa di strano sembra esserci, tuttavia, la procura ha riscontrato anomalie e in primo grado la sentenza è stata favorevole al Sindaco. Quelle che seguono sono due planimetrie allegate all’esposto. Al di là del presunto vantaggio per l’unificazione funzionale dell’area, resta il fatto che un terreno comprato a circa 5 milioni di euro nel 2006, viene rivalutato a 14 milioni e, fallita l’operazione Kwong che incrementava il valore di 150 milioni, il comune decide di allocare in una parte dei terreni un polo intermodale che porta il valore a 70,3 milioni di euro.
Pubblico non è estensione dell’interesse privato alla sfera pubblica
Nella logica aziendale il privato fa profitti per accumulare ricchezza, il soggetto pubblico invece dovrebbe investire le entrate per la soddisfazione dei bisogni degli abitanti, ma da tempo il sindaco era preda di un delirio di onnipotenza e privilegiava la realizzazione di opere faraoniche a scapito dei servizi essenziali. Il patrimonio di edilizia pubblica viene trascurato e i progetti di “rigenerazione” urbana prevedono generalmente l’insediamento di strutture ricettive. Nulla si fa per attenuare l’emergenza abitativa e l’assenza di politiche per la casa, con vincoli e incentivi, incoraggia la proliferazione delle locazioni turistiche, non regolamentate e altamente remunerative a scapito del mercato della casa in affitto per residenti (introvabile) e in vendita (irraggiungibile per l’aumento proibitivo dei costi).
Brugnaro segue le orme del patriarca indiscusso dei conflitti d’interesse, Berlusconi. Ma pensa di essere più furbo. È convinto di risolvere la questione con quel blind trust, che pare vederci benissimo a giudicare dall’impennata dei profitti della sua LB Holding da quando è stato eletto. Nonostante una congiuntura economica non proprio favorevole con il COVID-19, gli affari delle aziende del sindaco sono rimasti in costante crescita. Contro Brugnaro non ci sono illazioni generiche, quelli contestati sono atti e fatti. Più che di genericità bisognerebbe parlare di generalità di fronte a un modus operandi praticato diffusamente all’interno di una amministrazione, in cui non si muove foglia che Brugnaro non voglia, tanto che gli appetiti di Boraso sono noti al sindaco. Le intercettazioni dimostrano che il sindaco era a conoscenza di comportamenti corruttivi dell’assessore, al quale non contesta la circostanza limitandosi a una tirata d’orecchie e a consigliare prudenza, invitandolo a maggiore cautela e attenzione. Brugnaro sembra dire che le cose o si fanno bene o è meglio non farle. Il sindaco che invoca il rispetto del decoro si comporta in modo indecente. I suoi bracci destro e sinistro (Ceron e Donadin), pare si sedessero ai tavoli di transazioni e contrattazioni giocando il doppio ruolo di referenti delle aziende di Brugnaro (sponsorizzate dagli imprenditori) e dell’amministrazione comunale gestita allegramente. I travasi tra aziende, politica e amministrazione creano sabbie mobili in cui la politica s’impantana.
Per avere un occhio di riguardo gli imprenditori versano contributi alla Reyer o fanno commesse alle aziende della galassia Brugnaro. Ceron è capo di gabinetto e continua ad esserlo dopo essere stato nominato direttore generale. Nel frattempo, conserva il posto in Reyer, dov’è stato dal 2009 al 2021 dipendente e dal 2008 al 2015 membro nel CdA, percependo redditi generosi che si aggiungono a quelli della funzione pubblica. Il vicecapo di gabinetto Donadini è invece dipendente di Umana Spa dal 2008 al 2022 ed è stato amministratore di tutte le società del gruppo (porta di Venezia Spa, Consorzio Produzione Sviluppo Nordest, Scuola della Misericordia Spa, Salviati Srl, siv Srl, Venice city park Srl, Puliverde Srl, San Giobbe Arl Abate Zanetti Srl). Nel cerchio magico stanno anche Giovanni Seno (amministratore di un’azienda comunale strategica come AVM che controlla tra l’altro ACTV, l’azienda del trasporto pubblico che fa regolare ricorso ad aziende private per integrare servizi affidando anche tratte come quella del trasporto acqueo dall’aeroporto), poi Alessandra Bolognin (Direttore Generale di Insula, società incaricata di manutenzione urbana e residenza pubblica, e di IVE la società proprietaria dei beni immobili comunali), Alessandro Catarossi (Dirigente della società Casinò di Venezia Spa). Infine – ma non ultimo – Fabio Cacco, uomo di Boraso, che viene spostato dagli uffici comunali all’ufficio gare e contratti di AVM che controlla varie società e i relativi appalti.
Risulta evidente che Brugnaro è stato incapace di lasciare distinte le due sfere e ha fatto un po’ di confusione gestendo l’amministrazione pubblica come un’azienda privata, il cui scopo è fare profitti accumulando ricchezza e non far utili da destinare alla soddisfazione dei bisogni della cittadinanza, come dovrebbe fare l’amministrazione pubblica. Brugnaro sbandiera la riduzione dell’indebitamento comunale e rivendica come virtuoso l’utilizzo delle somme ricavate dal risanamento dei conti pubblici (integrati con nuovi indebitamenti) per realizzare grandi opere, a scapito della qualità dei servizi ai residenti. Si pensi all’incidente al cavalcavia vicino alla stazione di Mestre, la cui messa in sicurezza doveva essere la priorità, ma si è preferito anteporre la realizzazione di un nuovo grande cavalcavia tra San Giuliano e Polo Scientifico Tecnologico. Su quel fronte novità sul piano giudiziario arriveranno per certo.
Brugnaro dopo aver vinto le elezioni nel 2015, ha consolidato il risultato con il bis nel 2020, occupando il Comune con un blocco di potere imperniato su un sistema clientelare che innerva capillarmente ogni ambito dell’attività amministrativa comunale. Le accuse non riguardano irregolarità formali nei finanziamenti, ma la corruzione del vertice della città nell’esercizio delle funzioni di pubblici amministratori, sia al livello basso di commesse per la fornitura di servizi e degli appalti per forniture e manutenzioni, che a quello più appetibile dei grandi progetti di trasformazione urbana.
Privato (verbo) è il risultato del sottrarre
I fatti documentati da Report sono d’indiscutibile gravità e si aggiungono ai precedenti articoli a stampa o servizi televisivi che hanno puntato i riflettori sul sindaco Brugnaro, accusato di amministrare la città e la maggioranza che la governa con postura padronale, dimenticando che el paron a Venezia è stato sempre e solo il campanile di San Marco, che con i rintocchi delle sue campane ritmava la giornata lavorativa e la vita sociale. Come la città non gli appartiene, così il sindaco non appartiene alla città. Abita in provincia di Treviso e viene per questo detestato dalla maggioranza dei cittadini della città antica che lo considerano non proprio un foresto, ma certamente un campagnolo, tanto che gli è stato affibbiato il soprannome di grebano (che viene dallo sloveno greben – cresta di montagna – e in genovese ha acquisito la connotazione di persona rozza, zotico, propria di chi vive fuori dal mondo, paradossale attributo per chi si vuole accreditare come protagonista di mondanità). Detesta gli abitanti della città lagunare al punto che appena rieletto nel 2020 aveva promesso di farla pagare ai veneziani (https://ytali.com/2020/09/23/e-dopo-il-voto-il-sindaco-taglia-il-ponte-con-venezia/) e lo ha fatto, rinunciando all’opportunità che ha la sola Venezia di normare e così arginare le locazioni turistiche, continuando a far aprire nuovi alberghi, tollerando il moto ondoso, incoraggiando interventi speculativi, penalizzando la città storica a vantaggio delle città di terraferma, ritirando le deleghe alle municipalità e depotenziando il decentramento amministrativo… Brugnaro non è mai stato il sindaco di tutti i cittadini, ma ha infine privato Venezia la città intera della dignità.
Privato (sostantivo) è diritto alla riservatezza, non alla reticenza
Parallelamente all’accertamento delle responsabilità giudiziarie c’è l’assunzione della responsabilità politica. Il sindaco non ama il confronto, preferisce i lunghi monologhi solitari, come quelli che è uso dispensare in un consiglio comunale imbavagliato da un regolamento da lui introdotto che contrae drasticamente i tempi d’intervento dei consiglieri lasciando però ad assessori e sindaco facoltà d’intervenire a piacimento e ripetutamente con interventi di durata indefinita e discrezionale.
Non si può sorvolare, fuggire dal confronto con il consiglio comunale e stabilire che il 9 settembre se ne parlerà. Giustamente l’opposizione ha chiesto e ottenuto da regolamento una seduta straordinaria che si terrà il giorno 2 agosto a Mestre, ma – nonostante la rilevanza del confronto – viene rifiutato di derogare al regolamento il portare a 8 i minuti concessi per ciascun intervento, confermando il limite di 4 minuti (mentre il sindaco sarà libero di parlare a quanto gli pare). Dove siamo, a Topolinia, a Paperopoli o a Venezia città del mondo?
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