Nel centenario della morte dello scrittore (3 agosto 1924)
…sulla piaggia, all’altezza della torre Martello, arrivò una bambina – era piccola, bionda, con un abitino rosso. Quel pomeriggio per tre miglia di spiaggia si videro sagome scure dalle gambe nude tra le capriole della schiuma, e uomini nudi, donne dai volti chiusi, bambini perlopiù chiari di capelli…
Tante le immagini come queste che scorrono davanti agli occhi, immagini dal web, dalle televisioni, dai giornali. Quando poi sono accompagnate da grandi numeri restano in cronaca due tre giornidi seguito. Alla fine, sopite le emozioni del primo momento, spariscono anche le immagini più drammatiche. Il testo letterario – questo di Joseph Conrad, perlomeno – sembra invece restare impresso più a lungo, forse perché scava un po’ più a fondo nelle emozioni. Ed è ciò che accade durante tutta la lettura del breve e intenso racconto Amy Foster, di Conrad, che in cinquanta pagine riesce a scuotere in profondità le nostre coscienze desensibilizzate dal bombardamento di immagini sui tanti drammi dell’attualità.
Riassumiamo in breve la vicenda.
Nei primi anni del Novecento in una baia del Kent inglese, durante una notte tragica affonda una nave con l’intero carico di uomini e merci. Solo un giovane originario dei Carpazi si salva e approda sulla spiaggia, forse aggrappato a una stia di legno. Da lì arrancando alla cieca, risale un pendio e raggiunge, lacero e sporco di terra, le prime abitazioni che incontra nel suo vagare.
La terra che faticosamente cammina è lambita dal mare del Nord, irrigidita dentro abitudini contadine ostili a tutti quelli che manifestano comportamenti diversi a cominciare dal camminare a “passo lento, senza accennare a un sorriso, a occhi bassi, come se la malinconia … appesantisse i piedi, incurvasse le spalle, inclinasse gli sguardi.”
L’immagine fermata sul modo del camminare, di tenersi sui piedi, di muoversi nello spazio, rivela quanto possa essere eloquente un’andatura diversa da quella che siamo abituati a vedere. E ciò vale sia per chi guarda sia per chi è guardato. Vale a comunicare l’estraneità non attraverso le parole, ma nel movimento di un corpo originale e diverso da tutti quelli che abbiamo sempre visto.
L’essere che cammina sopra una terra a lui sconosciuta è un naufrago. Lui non sa di esserlo così come i locali che lo vedono non sanno chi sia. Lo sfuggono, lo rifiutano, lo aggrediscono e alla fine lo chiudono dentro una legnaia, mentre lui urla strani suoni incomprensibili. Non basta infatti aver toccato terra per sentirsi al sicuro dal dramma vissuto fra le onde. Per il sopravvissuto al naufragio, inizia immediatamente un altro dramma, quello di far fronte all’incomprensione, alla difficile integrazione della sua propria identità, alla stranezza della sua condizione di vita fra esseri umani che non lo riconoscono uno di loro.
La strada imboccata dal racconto conradiano ci porta quindi a andare un po’più sotto e a intendere meno sbadatamente una storia del secolo scorso che vale nei nostri giorni, dove è ripresa l’odissea dei migranti economici e le tante tragedie vissute da chi naufraga e da chi soccorre uomini, donne e bambini abbandonati in balia del mare durante i viaggi della speranza, della fuga dalla condanna alla povertà, alla miseria, alla violenza di chi abusa del potere.
Con l’aiuto di Conrad riusciamo a fermare la nostra attenzione sul momento in cui le acque del mare portano i naufraghi a toccare terra. Quel preciso istante in cui sembrerebbe giungere finalmente a soluzione il dramma vissuto fra le onde e iniziano invece le domande che gli rivolgono i soccorritori:
“Che fai da queste parti? Cosa cerchi? Da dove vieni?” che non trovano immediate risposte in chi è ancora in preda alla paura, alla mercè del caso, del diverso, di come altrove si vive, dell’estraneità assoluta dell’altro, dell’impossibile conoscenza del contesto in cui approda chi sbarca in terre sconosciute, lontane dalle culture familiari, senza strumenti per comprendere i codici di uomini e luoghi lontani dalla propria esperienza.
Conrad ci fa intendere come la tragedia e la paura siano però anche di chi, senza averlo mai messo in conto, si trova di fronte un umano sconvolto e stravolto nella condizione fisica e mentale, per aver vissuto un evento straordinario e drammatico come un naufragio. In tutti i casi ci mette di fronte allo spaesamento, al disorientamento di chi si perde nella traduzione dei codici di riferimento reciproco (Lost in traslation, titolava un film di Sofia Coppola), di chi non riesce immediatamente a intendere i linguaggi delle nuove terre di approdo, o quelli del nuovo arrivato,estranei e sconosciuti comunque perfino nei nostri giorni, dove gli spostamenti da un luogo all’altro sembrano facilitati perché le immagini del mondo sono a portata di tutti sui nostri dispositivi.
Perciò il racconto di questo scrittore polacco-ucraino, che studia in francese e scrive in inglese, dopo più di cent’anni è ancora emblematico rispetto a quanto regolarmente accade sulle nostre coste e nella nostra penisola dove approdano migranti da paesi lontani e diversi dai nostri per lingue, tradizioni e culture.
In Amy Foster, Conrad esprime la doppia condizione di estraneità nei due protagonisti: Amy il personaggio che dà il titolo al racconto e Yanko Goodrall, un giovane uomo naufragato una notte sulle rive di una terra della quale non sa niente, tanto meno la lingua e che diventerà marito e padre di un bambino nato dal matrimonio con Amy.
Lei, una ragazza della campagna fra Colebrook e Darnford, vicina all’Eastbay, da quella terra non si è mai allontanata. Con il suo lavoro di domestica contribuisce al bilancio familiare del numeroso nucleo originale prestando servizio a una coppia di coniugi senza figli, gli Smith.
Presso la fattoria degli Smith, un giorno arriva all’imbrunire e dopo un lungo girovagare senza meta, Yanko lacero e sporco, che si esprime attraverso suoni incomprensibili, che ha terrorizzato e, a sua volta, è terrorizzato da tutti coloro che incontra per chiedere ospitalità, respinto come un folle, un mostro, un bandito.
Neanche gli Smith si sottraggono alla paura scatenata dall’estraneo, ma riescono a farlo prigioniero e a rinchiuderlo nella legnaia. Amy è l’unica ad aver pietà di lui. Gli porta del pane mentre i padroni ancora dormono e si lascia baciare la mano dal prigioniero come segno di riconoscenza. Per lungo tempo sarà l’unica, insieme a uno stravagante e originale Mr. Swaffer, a guardarlo in modo diverso e a fantasticare su di lui.
L’uomo attraverso il quale noi veniamo a conoscenza dei fatti è un medico, il dottor Kennedy, che racconta la storia a un amico cercando una qualche assoluzione per non aver compreso la tragedia in atto nella coppia dove, dopo le nozze e l’arrivo del figlio, drammaticamente si manifestano tutte le differenze culturali e caratteriali che avevano costituito nel primo tempo l’attrazione nata fra i due, diversi come il giorno e la notte.
[Yanko‘ un essere agile, flessuoso, longilineo e dritto come un pino, con qualcosa in corpo che si proiettava in su, come se gli galleggiasse in alto il cuore… pareva che con i piedi non sfiorasse nemmeno la polvere della strada. Superava d’un balzo gli staggi e percorreva i pendii a passi molleggiati e lunghi che lo rendevano riconoscibile da molto lontano, e aveva luminosi occhi neri. Era così diverso dagli esseri umani della zona, con la sua libertà di movimento, il suo sguardo dolce – e un po’meravigliato -, la carnagione olivastra, il portamento elegante e la sua benevolenza, da ricordare una creatura dei boschi…
“Mentre Amy‘ è sgraziata nel corpo, ha un volto anonimo, scialbo e rosso come se qualcunol’avesse energicamente schiaffeggiata sulle guance piatte, esita ad esprimersi e ogni volta che lo deve fare balbetta e si confonde di fronte al suo interlocutore, è tozza nella figura, con capelli castani radi e senza luce, raccolti stretti in una crocchia sulla nuca e non sembra molto sveglia.” Eppure“ il suo cuore era dei più buoni e nessuno l’aveva mai sentita esprimere antipatia per un essere umano e si mostrava amorevole verso ogni creatura.
È il gesto di istintiva compassione che Amy riserva a Yanko, portandogli nella prigione dove l’hanno rinchiuso un pezzo di pane, a restituire all’uomo una parvenza di rapporto umano. L’attrazione fra i due nasce dentro una tacita e reciproca richiesta di aiuto. Aiuto a superare l’isolamento e le difficoltà a comunicare, che li riguarda individualmente e che impedisce di superare gli ostacoli opposti all’accoglienza dalla comunità.Incredibilmente, sull’onda di una probabile illusione, Yanko e Amy si sposano. Nasce anche un figlio.
Ma è proprio l’arrivo del bambino, la creatura nuova, alla quale Yanko finalmente può cantare le sue canzoni, quelle della sua infanzia, nella lingua della sua terra a scatenare in Amy la paura parzialmente accantonata durante l’infatuazione per lo straniero. E a farla diventare un vero e proprio terrore di tornare dentro l’isolamento e l’incomunicabilità perfino con il figlio, ombre sollevate dalla convinzione che il legame fra i maschi l’avrebbe esclusa, riportandola forse nella dimensione balbettante e angosciosa dalla quale le fantasie sullo straniero bello l’avevano temporaneamente liberata. Nella sua incapacità di esprimersi Amy immagina che l’uomo avrebbe insegnato al bambino cose strane e diverse da quelle a lei familiari. E così innesca inconsapevolmentedinamiche di allontanamento e separazione, anzi di vera e propria fuga: da lui, dalla casa nuziale, quando Yanko, indebolito dalla febbre e allettato, non può fermarla con la sua forza virile.
Entrambi scivolano dentro una nuova tragedia che Conrad rende eloquente in assoluto e che nasce da “differenze inconciliabili e da quel terrore dell’Incomprensibile che incombe sulle teste di tutti.”E ciò a prescindere dal giudizio che il narratore esprime sia su Yanko, definendolo” il più innocente degli avventurieriscaraventato dal mare nell’ansa di una baia” sia su Amy,amorevole verso ogni creatura.
Senza andare troppo lontano, le vicende del giovane montanaro dei Carpazi, che per non gravare sulla famiglia, era partito per l’America, il paese dove ”l’oro vero si raccoglieva da terra… dove si trovava lavoro tutto l’anno e non era obbligatorio servire nell’esercito”riescono ancora a parlare ai nostri giorni, perché richiamano antiche storie delle nostre emigrazioni verso l’America, ma anche perché grazie alla profonda osservazione dei comportamenti umani, annotata in prima persona da Conrad durante la sua vita da straniero in Francia, in Africa, in Estremo Oriente, e finalmente approdata in Inghilterra, non gli sono sfuggite le tenebre e le ombre nelle dinamiche fra uomini e donne, dinamiche di coppia che ancor oggi nascono dentro differenze inconciliabili e da quel “terrore dell’Incomprensibile che incombe sulle teste di tutti”, di tutti noi stranieri ognuno nei confronti di ogni altro.
L’articolo Stranieri comunque proviene da ytali..