La IOD è una piccola casa editrice indipendente. Attiva nel territorio campano, attenta alle sue problematiche, ha una collana dedicata a Giancarlo Siani.
Ha dedicato diverse pubblicazioni. Al ragazzo che amava la vita, ucciso il 23 settembre del 1985, tra cui una raccolta di articoli pubblicati su Il Mattino dal Giornalista.
In questa collana trova ora spazio il romanzo. Se l’amore ritorna, prima pubblicazione di Domenico D’Iorio, autore che coltiva da sempre una passione culto per la scrittura, con interesse prevalente, quasi ossessivo, per la ricerca stilistica
il Comitato di lettura del Premio Italo Calvino n.26 ne sottolineò “il notevole talento” e ni bu bu…la qualità di scrittura sempre di alto livello…di chiara matrice lirica… la sonorità spesso elegante e sincopata del testo con cui partecipò all’edizione del 2013: Le Parolesie.
Nel romanzo recente un’antica città del territorio campano, Suessola, rimasta a lungo sepolta, rivive attraverso lo sguardo dei due giovani protagonisti, Marco e Mariangela. Siamo agli inizi degli anni Ottanta, prima dello scempio che devastò il territorio con spietata violenza, interrando rifiuti tossici, provenienti da aree industriali nazionali, nell’area archeologica locale.
Fu un’alleanza tricolore tra camorra e cinica imprenditoria, raccontata molto bene da un film documentario del 2007, Biùtiful Cauntri di Esmeralda Calabria e collaboratori, che ebbe diversi riconoscimenti, tra cui un premio G. Siani per l’audiovisivo, nel 2009.
Terra dei fuochi fu battezzata quella pagina, e fu fatta letteralmente terra bruciata del territorio di Acerra, tra i più fertili d’Italia, passato da prodotti di eccellenza a un raccolto di sofferenze e lutti.
Suessola, coeva di Pompei – datate entrambe al IX secolo a.C.- ne condivise anche il destino: entrambe sepolte, l’una dal fuoco, l’altra dall’acqua, entrambe a lungo dimenticate. Distrutta dai Saraceni nel nono secolo d.C. Suessola fu abbandonata dai suoi abitanti e inondata dalle acque. Una abbondante ricchezza del territorio, impaludata e inghiottita con i suoi tesori. Ma l’humus di quella terra generò un bosco rigogliosissimo, che fu riserva di caccia di nobili e reali di Napoli, il bosco Calabricito, situato nel territorio di Acerra, noto appunto come il bosco di Acerra.
Dell’antica città neppure il nome si conservò, scomparve, finché ricerche storiche e primi scavi archeologici dopo la metà dell’Ottocento non restituirono reperti etruschi, che attirarono l’attenzione di studiosi e appassionati d’arte, anche dall’estero.
Il marchese Marcello Spinelli fu il promotore degli scavi archeologici e accolse i reperti riemersi nella sua villa, la Casina Spinelli, immersa nel verde rigoglioso del posto, un vero gioiello, tra arte e natura.
La Casina, oramai decaduta, depredata e abbandonata, diventa tempio dell’amore dei due ragazzi, i suoi dintorni il teatro delle loro scorribande felici.
Con lo sguardo fresco e innamorato Marco e Mariangela trovano in quei luoghi la cornice più adatta ai loro incontri, si immergono nel mistero che emana, nella bellezza che resta e quella che evoca come in un sogno; e vegliano ed esplorano, indagano e studiano, fino alle radici della millenaria storia che accomuna Suessola ad Acerra, la loro città, gemella della città fantasma.
Ma gli anni Ottanta sono segnati dal terremoto e successiva ricostruzione, dallo spaccio e diffusione di eroina, fenomeni che attirano le mire della camorra e, tra omicidi, regolamenti di conti ed eroina diffusa, l’aria diventa irrespirabile. Eppure, qualcosa ancora si muove nel territorio: quella gioventù, figlia delle utopie del’77, osa ancora sperare e, da un capannone chiuso e abbandonato, riesce a dar vita a un centro di cultura e avanguardia artistica, punto di riferimento dei giovani della città, dei dintorni, della stessa Napoli: Segnali di Accelerazione.
Ma anche quel sogno s’infrange e Marco decide di andarsene, lontano, quanto più possibile, girare il mondo a cercare di ricomporre la vita, che la violenza spietata ha fatto a pezzi fuori e dentro di sé.
Rientrato dopo anni in Italia, si stabilisce a Milano, dove vive con un lavoro di traduzione.
Mariangela invece ha voluto restare, lottare, fino a diventare giornalista d’inchiesta.
Con una fitta corrispondenza lo aggiorna sui cambiamenti, sempre più preoccupanti negli anni.
Ne sono passati tanti, la Casina è circondata, accerchiata da discariche abusive gestite dalla camorra. Ad aggravare la situazione è stato costruito un inceneritore dalla ditta Impregilo che possedeva terreni in quei luoghi, tanto era bastato come valutazione di impatto ambientale.
Mariangela vuole che lui torni, gli urla di tornare.
L’allontanamento ha creato la distanza necessaria tra passato e futuro, il ponte tra il prima e il dopo, tra andata e ritorno, e Marco accetta.
Parte da lì la narrazione, dal viaggio in treno da Milano a Napoli, e poi ad Acerra.
E in treno, stazione dopo stazione, il protagonista ripercorre luoghi, persone, esperienze, sogni, speranze, svolte e crudeli derive che lo avevano indotto ad andarsene.
Quel racconto denso e appassionato degli anni giovanili ad Acerra si alterna a digressioni sul suo vagabondare per il mondo, alla ricerca di ciò che aveva perduto.
Marco ha vissuto esperienze non ordinarie, ma nessun luogo, da nessuna parte è stato Itaca.
Il suo percorso interiore è invece un viaggio a senso unico e porta sempre verso di lei, unico punto fermo della sua vita, lasciata, ma amata e idealizzata sempre e ovunque.
Dei due, lei che è rimasta è la più dinamica: osa, rischia, spariglia e, anche a distanza, irrompe a scuotere la vita di lui.
Giunto al termine il viaggio in treno, la narrazione si distende nel presente.
Marco e Mariangela si incontrano e piano piano si ritrovano, così come ritrovano luoghi e tappe del loro antico girovagare, non più magico e spensierato come un tempo.
Ora, anche il sogno della città fantasma è devastato, il parco archeologico è letteralmente “saltato in aria” nonostante l’impegno di Michele, personaggio reale, un vigile coraggioso che ha lottato fino all’ultimo per smantellare le discariche abusive, i progetti criminali.
Dopo la sua morte, un’ombra minacciosa incombe anche su Mariangela, che ha prove ed è sotto tiro.
Da ragazza non aveva voluto seguire Marco, non poteva abbandonare il campo.
Anche ora che è minacciata non fugge ma, messa di fronte ai propri limiti, in bilico tra coraggio e paura, vacilla e lo vuole accanto, bisognosa di protezione e amore.
L’amore ritorna e sarà per Marco l’approdo inutilmente cercato altrove, un ritorno a casa e a sé stesso.
E, se l’amore ritorna, può deviare anche il corso di un destino che si preannuncia ineluttabile.
La narrazione ha una architettura complessa, a incastri, intreccia tempi luoghi personaggi e situazioni, tra realtà e immaginazione.
La prosa, ora più densa e serrata, ora più distesa, è sempre curata, rivela lo sguardo poetico dell’autore. Struggenti i ricordi legati ai genitori, cui è dedicato il romanzo.
La madre che si appresta a uscire per la passeggiata domenicale a Napoli, sul lungomare, lascia in casa una scia di profumo indelebile, traccia olfattiva che investe anche il lettore.
Con quale impressionante nitidezza vediamo lo sfinimento da catena di montaggio sul volto del padre che, sceso dal treno, si avvia a testa bassa verso casa, senza accorgersi della presenza del figlio.
E Mariangela, inarrestabile e imprevedibile, schizza letteralmente fuori dalle pagine del libro.
Anche un fantasma si aggira tra le pagine e le rovine: curioso, vestito in maniera buffa, l’uomo d’altri tempi forse proviene proprio dal passato, o forse è un discendente del Marchese Spinelli, o solo un erede di memoria, complice di Mariangela e Marco, guida del loro viaggio nel tempo.
Il finale, tutt’altro che consolatorio, è in linea con la profonda amarezza che attraversa la narrazione intera.
Ma non c’è solo amarezza in questo libro: c’è bellezza, spensieratezza giovanile, vitalità traboccante, impegno civile, coraggio, senso di orgoglioso riscatto, impossibilità a tenere sotterrate memoria e verità.
Disseppellisce millenni di Storia questo libro, come un prezioso scrigno:
in quel viaggio nel tempo riaffiora il senso del sacro dovuto a quella terra, l’esperienza di eternità negata alla sua Storia.
Immagine di copertina: il bosco di Acerra in una stampa del 1800.
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