L’Appia Antica è Patrimonio dell’Umanità: è il 60esimo sito Unesco italiano. Era la regina viarum (regina delle strade), ed è ritenuta, in considerazione dell’epoca in cui fu realizzata (fine IV secolo a.C. – III sec. a.C.), una delle più grandi opere di ingegneria civile del mondo antico per l’enorme impatto economico, militare e culturale che ha avuto sulla società romana.
Il Parco dell’Appia Antica, con i suoi 4.580 ettari è l’area protetta urbana più estesa d’Europa. Uno spazio verde con il tracciato di basolato. Storia, archeologia e natura si fondono in un quadro paesaggistico e ambientale di eccezionale interesse.
Il riconoscimento dell’Unesco segna un passo importante perché l’Appia Antica rappresenta il simbolo di un’intera civiltà, il percorso che ha sempre unito Roma al Sud della penisola e al resto delle popolazioni e dei grandi commerci mediterranei, tappa privilegiata per poi spingersi anche verso Oriente.
Inizialmente collegava Roma a Capua ma poi la via Appia fu prolungata nei secoli successivi fino a Brundisium (Brindisi), porto tra i più importanti dell’Italia antica, da cui avevano origine le rotte commerciali per la Grecia e l’Oriente. Larghi tratti della strada, particolarmente nel suburbio della città di Roma, sono ancora oggi conservati e percorribili nonché meta del turismo archeologico. La storia di Roma è fatta di usi e riusi, di una stratigrafia che la rende scrigno prezioso. Come abbiamo già scritto nei mesi scorsi, c’è un cantiere archeologico esemplare nel tratto del primo miglio dell’Appia un gruppo di archeologi è al lavoro sulle tracce del tempio di Marte Gradivo. È un’area da recuperare che per molti anni era stata occupata abusivamente da privati. Ripristinata la fruizione pubblica grazie a lunghe battaglie dei comitati, attendeva una risistemazione dal 2005. Il laboratorio ECeC (Eredità Culturali e Comunità) dell’Università degli studi di Ferrara si trova in via Appia Antica, davanti alla Cartiera Latina, e il progetto dello scavo archeologico è diretto dalla professoressa Rachele Dubbini dell’Università di Ferrara, il direttore dello scavo è il dottor Fabio Turchetta.
La storia dell’Appia è fatta di tante fasi: i lavori per la costruzione della via Appia iniziarono nel 312 a.C. per volere del censore Appio Claudio Cieco che fece ristrutturare ed ampliare una strada preesistente che collegava Roma ai Colli Albani, prolungandola fino a Capua, da alcuni anni posta sotto il controllo romano. I lavori di costruzione si protrassero durante la seconda metà del III sec. a.C., quando fu raggiunta Tarentum (Taranto), e poi fino a verso il 190 a.C., epoca in cui fu completato il percorso fino al porto di Brundisium (Brindisi).
La funzione primaria del tracciato era di garantire un rapido movimento delle truppe verso l’Italia meridionale al fine di consolidare il dominio di Roma su quella parte della penisola. Essa tuttavia divenne fin dal principio una fondamentale via di commercio, facilitando l’afflusso nell’Urbe di prodotti di alto artigianato realizzati nelle fiorenti città della Magna Grecia. Inoltre l’accorciamento dei tempi di viaggio tra Roma e i grandi centri del Meridione favorirono una grande apertura dei ceti abbienti della società romana verso la cultura greca: nei decenni successivi alla costruzione della strada si diffusero gradualmente a Roma il teatro e la conoscenza della lingua greca e crebbe l’apprezzamento per l’arte e la letteratura ellenica; nuove dottrine filosofiche e religiose si diffusero tra i Romani.
La strada fu restaurata ed ampliata durante il governo degli imperatori Augusto, Vespasiano, Traiano e Adriano. L’imperatore Traiano fece anche realizzare, tra il 108 ed il 110, una diramazione denominata via Appia Traiana, che da Benevento raggiungeva Brindisi attraversando l’Apulia con un nuovo percorso in gran parte vicino alla costa e pianeggiante.
Dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente (476) la mancanza di opere di manutenzione provocò l’abbandono graduale di segmenti del percorso, sostituito ormai dalla via Traiana.
Considerato l’interesse storico e la mole dei beni archeologici presenti lungo la via antica, durante il XX secolo è stata più volte proposta l’istituzione di un’area protetta, che permettesse di preservare e fruire di tali ricchezze: celebri furono le battaglie promosse da Antonio Cederna. A compimento di tale percorso nel 1988 è stato istituito il Parco regionale dell’Appia Antica. È doveroso ricordare che la battaglia di Antonio Cederna fu fondamentale per la tutela della via. Senza di lui probabilmente oggi non avremmo il parco ma solo speculazione edilizia. E proprio per riconoscere la sua importanza da novembre 2008 la villa di Capo di Bove, situata nell’omonimo sito archeologico lungo la via Appia, ospita l’Archivio Antonio Cederna (https://www.archiviocederna.it/cederna-web/indice.html). È conservata qui anche la sua biblioteca: 4.000 volumi di archeologia, urbanistica, architettura, ambiente, storia di Roma, storia dell’arte, legislazione sulla salvaguardia di beni storico-artistici e paesaggistici.
Il riconoscimento dell’Unesco consolida il valore storico e culturale della via Appia e ci ricorda che le nobili battaglie per l’ambiente, la salvaguardia e la tutela del paesaggio e dei beni culturali prima o poi danno i loro frutti. Cederna è stato lungimirante e coraggioso infatti sosteneva che “è prioritaria la salvaguardia dei beni culturali, paesaggistici e naturali. Tutto il resto viene dopo e qualunque ipotesi di cambiamento o di sviluppo va rigorosamente subordinata a questi valori”. Adesso ci auguriamo che vengano finanziati e valorizzati tutti i progetti di restauro e di ricerca archeologica della regina viarum.
L’articolo È la regina delle strade. Anche secondo l’Unesco proviene da ytali..