Si chiama Parco Internazionale di Scultura e per vederlo dal vivo occorrerà aspettare la fine dell’inverno. Si tratta di una nuova esposizione d’arte immersa nel verde che circonda villa Fürstenberg, a Mestre, diventata da alcuni anni la sede di Banca Ifis.
Realizzato in occasione del quarantesimo anniversario di fondazione dell’istituto di credito – creato da Sebastien von Fürstenberg, figlio di Clara Agnelli, nel 1983 – il parco è stato inaugurato alla fine dello scorso mese di settembre. Al taglio del nastro, l’attuale presidente di Banca Ifis, Ernesto Fürstenberg Fassio, era affiancato dal sottosegretario Vittorio Sgarbi, dal presidente della Regione Veneto Luca Zaia, dal sindaco di Venezia Luigi Brugnaro.
Dopo l’apertura per la festa di settembre, i cancelli che danno accesso alla nuova esposizione en plein air, destinata ad arricchirsi annualmente, si sono richiusi. Ma – come sottolineano i comunicati ufficiali – “il nuovo spazio museale sarà aperto gratuitamente al pubblico dalla primavera 2024 e sarà gemellato con il Padiglione Italia della Biennale”. Padiglione del quale già quest’anno Banca Ifis è stata sponsor.
Date precise, modi e orari delle visite non sono ancora noti. Per dare un’occhiata alla grande installazione all’aria aperta si può, tuttavia, ricorrere a YouTube, godendoci una passeggiata video, anche con riprese dall’alto, del complesso.
Un’idea più precisa del “Parco Internazionale di Scultura” hanno potuto farsela quanti hanno partecipato all’ultima edizione di “Roma Arte in Nuvola”, fiera internazionale di arte moderna e contemporanea che si è tenuta alla fine di novembre nella capitale. Banca Ifis, main sponsor della Fiera, ha allestito infatti una installazione full digital (battezzata “Infinite Room”) che, a quanto spiegano le note, ha consentito di “entrare in contatto” con opere della collezione presenti nella sede veneziana.
Sempre da ciò che viene riportato, con l’aiuto di specchi installati su pavimento e soffitto le proiezioni multi mediali delle sculture hanno creato l’illusione di un reale transito tra i dodici lavori creati con materiali e tecniche differenti da dieci scultori di fama italiana e internazionale: Fernando Botero, Annie Morris, Park Eun Sun, Igor Mitoraj, Manolo Valdés, Pablo Atchugarry, Pietro Consagra, Roberto Barni, Julio Larraz, Philip Colbert.
L’esperienza della “Infinite Room” romana comprendeva anche effetti sonori e musica che accompagnavano le proiezioni. La musica, con l’arte, è uno dei campi di interesse del presidente di Banca Ifis che, in una intervista rilasciata a Forbes Italia nel 2020, spiegò che la banca si era dotata di una phonic brand identity, prima in questo settore nel nostro paese.
Validata da test neuroscientifici, è scritto nell’intervista, la phonic brand identity, è stata frutto di circa cento giorni di lavorazione e di oltre quattrocento test psicometrici. Per la realizzazione di questa “colonna sonora” associata al nome della banca, Fürstenberg Fassio spiegava a Forbes che erano stati convolti neuroscienziati, psicologi ma anche ingegneri del suono e musicisti. Della sensibilità artistica dell’attuale presidente del gruppo bancario aveva fatto cenno nel marzo 2019 (all’indomani di una ridefinizione dei vertici del gruppo) il Corriere Economia in un articolo nel quale si citavano anche le passioni di Ernesto Fürstenberg Fassio, che ha amato fare il dj, e che, nel 2016, aveva costituito anche una società nel settore, la Ernest & Frank Dj music srl. Fürstenberg Fassio parallelamente, dopo studi in giurisprudenza a Padova, era entrato nel mondo degli affari fino ad assumere nel 2018 la carica di amministratore delegato de La Scogliera, la holding di famiglia.
Nel maggio del 2020, sempre il Corriere Economia, informava che Sebastien von Fürstenberg , presidente de La Scogliera, che controlla Banca Ifis, aveva trasferito al figlio Ernesto Fürstenberg Fassio – all’epoca 39enne – la nuda proprietà di circa il 51 per cento del capitale sociale della banca e dei diritti di voto connessi.
Fürstenberg Fassio – come informava il Corriere, citando una nota de La Scogliera – diventava, quindi, il nuovo socio di controllo indiretto di Banca Ifis S.p.A. Di Banca Ifis Sebastien von Fürstenberg è rimasto presidente onorario continuando a seguirne le attività, garantendo al tempo stesso un graduale ricambio generazionale.
Sede centrale di Banca Ifis, come si è detto, è villa Fürstenberg che fu residenza fino alla morte di Clara Agnelli. La villa – è complesso ricostruire la storia dell’edificazione – doveva avere in origine una funzione di “casa et cortivo”: si parla della seconda metà del Cinquecento e di una proprietà Foscarini. Passata poi di mano, ma restando “casa dominical con orto e brolo”, la villa appartenne alla famiglia Papadopoli. Probabilmente, tra la fine del Settencento e la metà dell’Ottocento, assunse l’aspetto attuale: la casa padronale con la retrostante lunga barchessa. Qui fu firmata, nel 1849, la resa di Venezia agli austriaci dopo l’insurrezione del ‘48. Nella seconda metà degli anni Trenta del Novecento villa e parco furono acquistati dalla famiglia Agnelli che ne fece dono a Clara, primogenita di Edoardo Agnelli, in occasione delle sue nozze, nel 1938, con Tassilo Fürstenberg.
Clara, anche dopo l’interruzione del legame con Fürstenberg, continuò ad abitare nella villa con il secondo marito, il conte mantovano Giovanni Nuvoletti. Di quest’ultimo, molti ricordano ancora una delicata frase usuale, rivolta alla moglie, che testimonia un profondo legame affettivo, ma anche racconta il fascino del parco della villa: “Cara, vieni con me in giardino, voglio che le mie rose vedano quanto sei bella”.
Economia e finanza, ma anche arte e responsabilità sociale d’impresa (con un occhio al territorio di riferimento) sono i campi nei quali si muove Banca Ifis. Consultando le pagine ufficiali nel web si può infatti vedere che l’istituto di credito promuove regolarmente uno studio, alla terza edizione nel 2023, sull’“Economia della Bellezza” che registra come questo settore riesca a generare ricchezza. A questo si aggiungono le sponsorizzazioni di eventi artistici e il nuovo parco espositivo. Tutto ciò fa parte di Kaleidos il “social impact lab” della banca che promuove attività a favore di persone e comunità. In questo ambito rientra anche un progetto didattico di economia sociale rivolto ai ragazzi dei licei italiani lanciato con “21Gallery”, per far acquistare consapevolezza delle proprie potenzialità attraverso l’arte agli studenti.
21Gallery è un luogo che, non casualmente, ricorda 21 Invest, fondata da Alessandro Benetton nel 1992 per sviluppare un modello di private equity, formula che si riferisce a investimenti forniti a società non quotate in borsa in cambio generalmente di una partecipazione con ruolo attivo nella gestione. E 21Gallery è il cuore dell’Art District di Villorba di Treviso.
Uno dei soci fondatori della galleria, inaugurata nel 2021, è proprio Alessandro Benetton affiancato da Davide Vanin, con alle spalle un’esperienza gestionale nella logistica alimentare e da Massimiliano Mucciaccia, titolare di gallerie d’arte a Roma, Cortina, Singapore, Londra e New York.
La galleria di Villorba, situata lungo viale della Repubblica, uno stradone sul quale si affacciano, con cadenza regolare, capannoni e anonimi edifici commerciali, è come, si diceva, il cuore dell’Art District che comprende bar e ristorante, un concept store, spazi per coworking, book crossing e corsi di formazione.
Nel comitato scientifico della galleria siede Ernesto Fürstenberg Fassio. Dello stesso comitato è membro anche Cesare Biasini Selvaggi – curatore indipendente, manager culturale e giornalista pubblicista – che è con Giulia Abate (romana, laurea in scienze della comunicazione, e direttore artistico di 21Gallery), curatore del Parco internazionale di scultura di Banca Ifis.
Giulia Abate, come si legge nel sito della galleria trevigiana, nel 2017 aprì nel centro storico di Roma la galleria d’arte contemporanea Mucciaccia Contemporary.
La galleria di Treviso diretta da Abate ospita, da ottobre scorso e fino al prossimo 7 gennaio, una mostra dedicata alle sculture-fumetto di Philip Colbert, artista nato in Scozia nel 1979, indicato spesso come il figlioccio o l’erede di Andy Wharol. Colbert ha scelto come proprio alter ego una aragosta che, declinata in innumerevoli abbigliamenti/trasformazioni – vestita di un barattolo di zuppa Campbell di Wharol o coi girasoli di Van Gogh, o, ancora, indossando come un casco l’orinatoio di Duchamp – è il suo soggetto-modello preferito per le sculture e gli oli su tela. Oltre che nella 21Gallery di Villorba, alcune opere plastiche di Colbert sono state disseminate questo autunno nel centro di Treviso: ai giardinetti di Sant’Andrea, a piazza San Vito, al museo Bailo, a porta san Tomaso, al museo di Santa Caterina, in piazza del Quartiere Latino e all’aeroporto Canova.
Un lavoro di Philip Colbert, realizzato nel 2022 in alluminio bronzo e acciaio,
è anche tra i pezzi esposti nel Parco delle sculture di Banca Ifis: si tratta di The King.
La diffusione urbana di “The lobster empire” – titolo dell’esposizione che ha superato le pareti di 21Gallery esondando negli spazi pubblici cittadini – non è un unicum. Lo scorso anno qualcosa di simile si vide anche a Roma dove “l’impero di aragoste” tra l’autunno e l’inizio di gennaio andò in “scena” nel complesso monumentale di San Salvatore in Lauro e anche, all’aperto, nel Municipio 1 della capitale che, in collaborazione con l’Associazione di Via Veneto, consentì di animare la famosa strada con dodici “opere iconiche” dell’artista scozzese. Tra queste la monumentale “The King Lobster” alta sei metri, con sul capo la corona regale, che saluta con le chele alzate.
L’idea contemporanea di arte urbana fruibile gratuitamente, che è nello spirito anche del progetto di Banca Ifis, non è, naturalmente, una novità assoluta. L’esempio forse più luminoso è quello offerto dalla Biennale di Venezia stessa. Al di fuori degli spazi di Giardini e Arsenale, ai quali si accede con biglietto, ogni anno decine di padiglioni nazionali vengono allestiti in palazzi, aree verdi, edifici della città, tutti a ingresso libero. A questi si aggiungono decine di “eventi” collaterali con mostre sparse in tutto il centro storico veneziano. Oltre a tutto ciò, c’è un fiorire di esposizioni, non inserite nel calendario ufficiale della Biennale, che la città accoglie. Finite le rassegne, qualcosa a Venezia rimane. Per esempio, le gigantesche mani di “Building Bridges” di Lorenzo Quinn, ai bacini dell’Arsenale, collocate nel 2019; o, ancora, “Stop playing” installata nel 2018 da Quinn a Forte Marghera, e donata alla città. È stata rimossa , invece “Support”, la scultura dello stesso autore, che emergeva dalle acque del Canal Grande nel 2017 a “sostegno” di Ca’ Sagredo, con l’intento di far riflettere sulla fragilità di Venezia.
L’arte fuori dai musei, ai nostri giorni imparentata talvolta, ma non sempre, con il concetto di “arte pubblica”, non è una nostra scoperta: lo dimostrano le statue equestri o quelle rievocative, i sontuosi monumenti funebri che ornano le chiese, ma anche le stesse facciate dei palazzi, di quelli veneziani in particolare modo. Ma, l’elenco – a Venezia nello specifico – potrebbe arricchirsi con citazioni, più recenti, degli interventi di Carlo Scarpa, ad esempio, o delle installazioni di Fabrizio Plessi.
Il tema è complesso e fluido: ha a che fare con intenti celebrativi o auto celebrativi, spesso attribuiti solo alle produzioni storiche, e con finalità – presunte o reali – sociali e inclusive dell’oggi, ma pure con gli affari.
Per restare nella nostra città, testimonianze di opere d’arte fuori dagli spazi museali si trovano nella terraferma: a cominciare ancora da una mano, quella diventata praticamente invisibile, per improvvidi spostamenti, dello scultore cileno Mario Irarràzabal esposta nel 1995 alla Biennale e donata a Venezia. Collocata a Marghera, tra l’edificio storico del Vega e la Fincantieri, la mano è stata rimossa dalla strada regionale 11 e si può quasi considerare oggi “dispersa”, invisibile.
In piazza Ferretto, a Mestre, orna una fontana una lucente e magnifica opera dello scultore Alberto Viani: in questo periodo umiliata dalle luminarie natalizie; un’altra fontana, all’inizio di via Piave, è coronata dai bronzi di Gianni Aricò, ma pare “affogare” nella siccità imposta dagli zampilli chiusi da anni.
L’arte fuori dai musei e l’arte pubblica hanno certo risvolti affascinanti, talvolta problematici, talaltra polemici. Pongono tuttavia anche interrogativi sull’uso degli spazi civici. Nel 2005 Venezia e Mestre – ma questo è solo uno degli esempi possibili – furono decorate da affascinanti sculture in bronzo dell’artista polacco Igor Mitoraj in occasione di un’esposizione organizzata a Ca’ Pesaro, frutto della collaborazione tra un’importante galleria privata e i Musei municipali . Venezia non fu tuttavia l’unico scenario esterno per Mitoraj: esposizioni en plein air di lavori dello stesso autore – ispirati direttamente dall’antichità classica – ebbero luogo nel tempo anche con altre collocazioni prestigiose, da Pompei alla valle dei Templi.
Ma, per restare a casa nostra, nessuno dei bronzi di Mitoraj rimase – da quanto mi è noto – in dono o in prestito a lungo termine alla città che aveva sì fruito di questa esposizione diffusa per alcune settimane, ma che era anche stata utilizzata come impagabile sfondo per ampliare su riviste e cataloghi la fama dell’artista e le capacità del gallerista.
L’articolo Il bello di una banca proviene da ytali..