Traduzione di Mirta Baratto
Venezia diciottesimo secolo. Un violinista carismatico e volubile dalla capigliatura rosso fiamma diventa il direttore musicale dell’Ospedale della Pietà, dove insegna a talentuose orfane e compone la sua musica maestosa. Conosciamo tutti Vivaldi; è tempo di conoscere un nome nuovo.
The Instrumentalist narra l’affascinante storia di Anna Maria della Pietà, una virtuosa della musica, abbandonata appena nata, nel 1696, all’Ospedale della Pietà. Anna Maria è esistita veramente, e ha trascorso la sua intera vita nell’orfanotrofio, è stata allieva di Vivaldi e una delle più celebrate violiniste della sua generazione. Quale influenza hanno avuto il talento prodigioso e l’impetuosa ambizione della giovane violinista sul Prete Rosso? Nel suo primo romanzo, denso di passione, The Instrumentalist, Harriet Constable riscrive la storia dimenticata della straordinaria Anna Maria della Pietà.
Quale è stata la cosa più difficile nello scrivere questo primo romanzo?
Sapevo sarebbe stato difficile riportare alla vita queste protagoniste in modo da rievocare la stessa emozione e vivacità della Venezia del 1704, soprattutto purché mancano molte testimonianze riguardanti la storia femminile del tempo. Sono riuscita a portare alla luce punti salienti sulla mia protagonista, Anna Maria, da libri e articoli, ma non ho potuto scoprire come ci si sentisse a essere lei, cosa provasse nel suonare, nell’esibirsi, nel creare. La mia scelta è stata di essere fedele il più possibile alla verità nella trama, ma di ricorrere all’immaginazione dove mancavano i dati storici.
Ho trascorso un mese a Venezia, immergendomi nel mondo di Anna Maria per tentare di trasformarlo in vivida realtà. Per le mie esperienze pregresse nella realizzazione di documentari e per la mia mente che opera a livello visivo, nel libro ho cercato di trasmettere una sensazione cinematografica. Il mio intento era di immergere le mie lettrici e i miei lettori nella Venezia del diciottesimo secolo ogni volta che ne avessi l’opportunità: perlustrare come un gabbiano il mercato del pesce dall’alto, volare sui tetti di terracotta, fino alle stanze opprimenti della Pietà; stare in piedi con Anna Maria sulle tegole rotte nel momento in cui i colori della sua mente sorgono con i suoni della città.
Quanto sono stati importanti gli studi in flauto e pianoforte nella sua preparazione per riuscire a catturare la qualità lirica delle esecuzioni musicali e nella scrittura del romanzo?
Sono cresciuta in una famiglia di musicisti. Mia madre è una musicista di formazione classica; io stessa suono il pianoforte, il flauto, e canto. La musica dei più grandi, Bach, Mozart, Vivaldi, è stata la colonna sonora della mia formazione. Così quando ho scoperto che Vivaldi ha insegnato per tutta la sua carriera a un’orchestra tutta femminile che viveva in un orfanotrofio, ne sono stata immediatamente catturata. Queste donne, queste ragazze erano musiciste notevoli. Sono state essenziali per lo sviluppo della musica di Vivaldi, e, ciò nonostante, non ne avevo mai sentito parlare.
Sebbene sia stata da sempre profondamente appassionata di musica, non ne avevo mai scritto prima di ora. Nel mio lavoro di giornalista mi sono concentrata sulle storie mai raccontate di persone eccezionali, specialmente di donne, così questo è stato una sorta di salto nel vuoto, per me. Tuttavia, quando ho iniziato a immaginare come descrivere le esperienze di Anna Maria nel suonare e comporre musica, tutto mi è sembrato subito molto naturale. I colori hanno iniziato a fluire. La possibilità di lasciare che la mia immaginazione scorresse liberamente era una sensazione preziosa, irresistibile. Sono stata finalmente in grado di dare voce alle emozioni che mi pervadono quando ascolto questa musica magnifica.
Leggendo il libro si resta colpiti dal ritmo delle parole. C’è una bella cadenza che sembra rispecchiare l’atto della composizione musicale utilizzando le parole al posto delle note. Come scrittrice che è allo stesso tempo musicista, che influenza hanno avuto sulla sua scrittura la metrica e la modulazione?
Il poeta Irlandese John O’Donohue una volta disse, “la musica è ciò che il linguaggio vorrebbe essere se potesse”. Volevo che la lingua cantasse quando Anna Maria suona e si esibisce, rendere la scrittura il piu simile possibile alla musica stessa.
Per creare la musicalità di certe scene del libro, spesso ascoltavo determinati brani musicali e cercavo di scrivere a tempo con questi.
La scena all’inizio del secondo capitolo quando Anna Maria sente per la prima volta Vivaldi suonare il violino, può essere letta, per esempio, a tempo con il terzo movimento dell’Estate delle Quattro Stagioni. La musica che ascoltavo ha davvero influenzato il mio modo di scrivere. Se mi serviva che una scena fosse lenta o triste, ascoltavo On the Nature of Daylight di Max Richter, se doveva essere luminosa ed eccitante ascoltavo qualcosa come l’Uccello di fuoco di Stravinski.
Volevo anche creare un ritmo che attraversasse tutto il libro, fin dalla prima riga ho impostato il ticchettio del metronomo con il rintocco della Marangona. Quel tempo continua attraverso tutto il libro: dalle dita che tamburellano sui tavoli, all’applaudire ritmico del pubblico, fino al battito del cuore di Anna Maria.
Da dove nasce l’ispirazione, in Anna Maria, la sua capacità a sentire a colori?
Sapevo che c’era il pericolo di spaventare alcune lettrici e lettori con un libro in cui la musica classica letteralmente scorre attraverso le pagine, per cui avevo bisogno di trovare un modo per esprimere la musicalità e la bellezza della mente creativa di Anna Maria che risultasse accogliente, giocoso e pieno di gioia. Volevo che chiunque ne potesse godere, che avesse o meno conoscenze musicali.
Nelle mie ricerche ho incontrato musiciste e musicisti che sono sinestetici, ma molti di più che semplicemente utilizzano parole collegate ai colori per descrivere il suono. Usano espressioni come “questa sezione sembra molto gialla” oppure “possiamo farla più blu?”, e io so immediatamente che intendono più calda, più luminosa, più leggera, più morbida, più dolce. Il colore è emotivo, la musica è emotiva. Ho realizzato che sarebbe stato una meraviglia poter leggere visualizzando la musica. Amavo l’idea di poterla vedere innalzarsi sulla città, uscire dalle finestre della Pietà, diffondersi lungo i corridoi.
Inoltre, amo i colori in generale, la mia casa è decorata in varie tonalità di rosa, verde e blu. Penso che dipenda da mia nonna, Helen Urwin che è stata una persona molto artistica che mi ha insegnato a celebrare e a giocare con i colori. È stato naturale scrivere in questo modo della musica, è un piccolo omaggio a lei, per ringraziarla di tutti i modi in cui ha incoraggiato la mia creatività.
Era già stata a Venezia prima di decidere di scrivere il libro. Quale è stato il processo di ricerca per riuscire a catturare la Venezia del diciottesimo secolo nei suoi dettagli più vividi?
Non ero mai stata a Venezia prima di conoscere questa storia, e per molto tempo durante la mia ricerca non ho potuto andarci a causa della pandemia. Finalmente, a gennaio 2022, sono riuscita a raggiungerla. Arrivare è stato come salire su un palcoscenico. Per molti aspetti Venezia non è cambiata dal tempo di Anna Maria: sono stata catapultata nel diciottesimo secolo. Ho trascorso un mese a Venezia, esplorando la città, pensandola come un luogo che si muove e scorre come la musica stessa. Ho cercato di immergermi completamente nella mente di Anna Maria. Attraversavo le calli labirintiche con le Quattro Stagioni nelle cuffie. Ho intervistato studenti e studentesse del conservatorio Musicale, e sono andata a Concerti alla Fenice. Sono stata ferma di fronte alla nicchia nel muro dove le madri dicevano addio ai loro bambini prima di abbandonarli. Volevo che Venezia fosse una delle protagoniste del libro, renderla viva e farne sentire il respiro.
La ricerca non è finita al mio ritorno a Londra, ho trascorso molto tempo studiando i liutai, i creatori di violini, e ho intervistato insegnanti e studenti prodigio. Ho anche preso delle lezioni di violino, realizzando molto presto che ci sarebbe voluto troppo tempo per ottenere attraverso lo studio dello strumento quello che cercavo; alla fine ho pagato un insegnante di violino perché suonasse per me mentre ascoltavo la musica seduta come un qualche favoloso duca.
Mi ha colpito la scelta di chiamare Anna Maria della Pietà Maestro, e di non utilizzare il femminile Maestra. Quale è stato il percorso che ha portato alla decisione di utilizzare il maschile sovraesteso invece del sostantivo di genere?
In The Instrumentalist Anna Maria è una donna e Vivaldi un uomo. Siamo nel diciottesimo secolo, in un mondo dominato dagli uomini. Nella storia che racconto, da un punto di vista puramente di genere, Vivaldi deterrà sempre il potere.
Ma sia Anna Maria che Vivaldi sono musicisti di talento, e nella Repubblica la musica significa potere. La dicotomia tra maschile e femminile viene messa alla prova dal talento di Anna Maria e di Vivaldi: virtuosismo nel suonare i loro strumenti, nell’esecuzione e nella composizione. La musica diventa un equilibratore. Ci chiediamo: chi ha il potere? Il Maestro, Vivaldi, con tutta la sua conoscenza, l’esperienza e la brillantezza? O lo ha Anna Maria, il prodigio, la stella luminosa la cui talentuosità minaccia di eclissare il Maestro? Anna Maria è determinata e geniale, non vuole semplicemente essere la più grande musicista del mondo, vuole essere il più grande musicista del mondo. Si diceva che le ragazze e le donne della Pietà fossero troppo intelligenti per sposare gli uomini veneziani. Ho realizzato che erano istruite al punto di capire tutto ciò di cui erano capaci, e allo stesso tempo per capire tutto ciò che non potevano avere. Volevo che il libro parlasse del potere, non del genere, per cui Anna Maria vuole diventare un Maestro.
C’è la speranza che questo libro possa cambiare la percezione rispetto alle musiciste orfane e al loro contributo all’opera di Vivaldi?
Assolutamente sì. Le donne e le ragazze della Pietà sono state fondamentali per la nascita di una nuova forma di musica, il concerto. Questo tipo di musica era così eccitante, così carica d’energia, così diverso che letteralmente spaventava una parte del pubblico. Immaginate di essere lì! Immaginate di prendervi parte! Stiamo solo iniziando a scoprire quanto eccezionali fossero queste musiciste. Sappiamo che alcune delle ragazze erano delle vere e proprie compositrici e che molte di loro erano copiste che trascrivevano le opere di Vivaldi. Sappiamo che Anna Maria ha composto le sue cadenze, e che era conosciuta in tutta Europa come la più grande musicista del diciottesimo secolo: si dice che abbia eclissato anche il grande Giuseppe Tartini. Provate a immaginare: essere un’orfana, abbandonata in un buco in un muro, crescere in un orfanotrofio inumano, senza genitori, senza amore, e ciò nonostante riuscire a realizzare tutto quello che ha realizzato, è incredibile. É possibile che le ragazze e le donne della Pietà abbiano contribuito in qualche modo alla composizione delle opere di Vivaldi, sappiamo per certo che il loro talento ha fornito un terreno fertile su cui testare le sue idee. Senza questa collezione di figure femminili orfane, disabili e sfigurate, oggi non avremmo alcuni dei brani di musica classica tra i più conosciuti del mondo. La storia è molto più colorata, piena di sfumature, stimolante, di quanto possiamo immaginare.
Immagine copertina: Jacopo Guarana affresco, ‘Concerto delle Putte’ (1776-77). Foto di Marica S.Tacconi, CC BY-SA
L’articolo Il suono a colori del genio: Intervista con Harriet Constable, autrice di The Instrumentalist proviene da ytali..