Quest’intervista fa parte di una serie di sette interviste sul Fuori! (inclusa questa, e poi quelle con Angelo Pezzana, fondatore del Fuori!, Maurizio Cagliuso, archivista e bibliotecario della Fondazione Angelo Pezzana-Fuori! e gli attivisti del Fuori!, Enzo Cucco, Anna Cuculo, Vera Fraboni e Riccardo Rosso), realizzate durante l’estate 2024 grazie a uno Scholarship Catalyst Program grant della Texas Tech University e sono da considerarsi dedicate a Angelo Pezzana.
Maurizio Gelatti, milanese di nascita e torinese di adozione, giornalista, manager culturale ed esperto di comunicazione, è membro del consiglio di amministrazione di un gruppo editoriale italiano. Scrive ogni settimana di diritti per La Stampa–Torino Sette e collabora con testate e associazioni LGBTQI+ italiane. È Vice Presidente della Fondazione Angelo Pezzana-Fuori! ed è socio fondatore e presidente dell’Archivio Gelatti-Viola per il quale coordina la creazione di uno spazio museale dedicato al gatto. È stato docente al Master di Editoria dell’Università degli Studi di Urbino e attualmente lo è al Master di Comunicazione scientifica dell’Università degli Studi di Torino. È consulente alla direzione nell’ambito della comunicazione della direttrice del Lovers Film Festival Vladimir Luxuria e lo è stato del direttore del Museo Nazionale del Cinema di Torino.
Grazie, Maurizio, di questa intervista. Vuoi parlare della tua militanza e del tuo lavoro all’interno della Fondazione Angelo Pezzana-Fuori! e all’impatto che questa ha avuto su di te?
Innanzitutto specifico che sono l’attuale Vice Presidente della Fondazione Angelo Pezzana-Fuori! e prima sono stato co-Presidente della Fondazione Sandro Penna-Fuori!. In realtà, ho iniziato come attivista e militante e sono stato, per lungo tempo, il segretario del Coordinamento Torino Pride, che è la realtà che riunisce tutte le principali associazioni, fondazioni, gruppi vari che afferiscono al mondo LGBT del territorio piemontese. Ho fatto parte anche del consiglio direttivo di Arcigay Torino. Ho diretto una collana che si è occupata di editoria LGBT per un editore del quale siedo anche nel Consiglio di Amministrazione.
Alcuni anni orsono sono poi entrato in contatto con Angelo Pezzana e con la Fondazione da lui creata e da lui presieduta. Abbiamo iniziato questo rapporto di reciproca fiducia che mi ha portato poi a divenire il Vice Presidente di quest’istituzione che, come vi ha raccontato anche lui, si è data una nuova forma per essere un interlocutore più solido con tutta una serie di realtà: è diventata un ente del terzo settore, ufficialmente riconosciuta, con una dotazione economica che le consente di svolgere tutta una serie di attività importanti.
Ad oggi posso dire che la mia attività di militante si concentra soprattutto e coincide con quella di Vice Presidente della Fondazione Angelo Pezzana-Fuori!, con un’eccezione, perché faccio parte anche del comitato promotore Torino Europride 2027. L’Italia e la città di Torino sono infatti candidate ad ospitare nel 2027 l’Europride che è la maggior manifestazione che si svolge ogni anno in Europa per la difesa dei diritti LGBT. Con altre persone faccio parte di questo comitato e infatti a breve, il 2 novembre del 2024, durante l’AGM (Annual General Meeting) di Porto a cui sarò presente, scopriremo se il nostro lavoro sarà stato proficuo e avrà portato all’agognato traguardo, quindi al fatto che poi Torino possa ospitare nel 2027 questa manifestazione.
Detto questo, per come ha cambiato la mia vita, diciamo che più che un cambio si sono fortemente intersecate quelle che sono le mie attività lavorative e sociali normali con la mia vita da attivista. Un esempio, già citato prima, riguarda il mio lavoro nel mondo della comunicazione e dell’editoria, dove ho “portato l’arcobaleno”, creando ad esempio una collana editoriale, così come a co-curare una mostra per i 50 anni del Fuori!, ovviamente strettamente connesse con la mia attività professionale di manager culturale così come con la mia attività di attivista per i diritti LGBT.
È quindi un attivismo a tutto tondo?
Sì, assolutamente, direi che è un attivismo a tutto tondo, ovviamente molto poi legato, come deve essere l’attivismo, alle mie inclinazioni e alle mie professionalità, perché l’attivismo, come ogni attività di volontariato o di lotta politica, è uno spazio importante nella vita di una persona. Quindi, se utilizzato con competenze specifiche, è ovvio che porta a far sì che questo tempo sia più ottimizzato e quindi più utile per le cause per le quali andiamo a lottare.
Faccio un esempio molto specifico. Mi mettessi a cucinare piuttosto che a fare altre attività che non sono le mie, è ovvio che produrrei un risultato meno efficaci. Quindi, io mi occupo fondamentalmente di quello che faccio anche per lavoro così da essere il più immediatamente efficace possibile.
Faccio un altro esempio, che è il Salone del Libro di Torino. Ormai da sette anni, ospita uno spazio dedicato ai diritti LGBT e non solo. Questa idea venne a me e ad Alessandro Battaglia, allora Coordinatore del Torino Pride. A stretto contatto con l’allora assessora alla cultura della Regione Piemonte, Antonella Parigi, creammo questo spazio che ancora esiste, che ha cambiato pelle, in quanto poi da allora è variata la governance politica della Regione Piemonte, è cambiata due volte la governance politica del comune, ed è cambiata anche la governance del Salone del Libro stesso. Però questo spazio esiste ancora e sono molto orgoglioso di aver contribuito alla sua nascita. Per poterlo fare ho attinto a contatti e a competenze specifiche nel settore.
Vado al Salone del Libro da quando è nato, prima come ragazzino appassionato, poi per lavoro. Quello è il mio mondo quindi per me probabilmente è stato più facile che per altri far sì che tutto questo potesse accadere.
La Fondazione Angelo Pezzana-Fuori!, quando era ancora la Fondazione Sandro Penna-Fuori!, ha ricevuto in donazione diversi modelli che sono stati creati da Alessandro Michele per una collezione Gucci. Vuoi raccontare come è avvenuta questa donazione?
La storia dell’ingresso del Fuori! in questa collezione è molto interessante, vale la pena raccontarla perché contestualmente si racconta una storia ad essa collegata.
Il Fuori! è approdato a Gucci, ad Alessandro Michele e alle passerelle milanesi della moda grazie ad un volume. Qui tornano i libri, perché i libri, per quanto riguarda la Fondazione Angelo Pezzana-Fuori!, tornano sempre. Non dimentichiamoci che lo stesso Angelo Pezzana, che è stato un libraio fra i più importanti d’Italia di professione, è stato il creatore con Guido Accornero del Salone del Libro di Torino.
In occasione del Cinquantennale del Fuori!, che ricordiamo essere avvenuto nel 2021, noi abbiamo organizzato, come ho già accennato precedentemente, una grossa mostra che celebrava questo accadimento presso il Polo del Novecento e il Museo Diffuso della Resistenza di Torino, che ha avuto una grande eco-mediatica, arrivando anche fuori dall’Italia. Ne hanno parlato giornali inglesi e spagnoli. In occasione di questa mostra sono stati pubblicati due importantissimi volumi. Un libro-catalogo è stato pubblicato per i tipi di Hopefulmonster, la casa editrice di Beatrice Merz, che raccoglie gli stessi preziosi documenti che sono stati esposti in mostra e quindi è un compendio completo di quella che è la storia del Fuori!, che coincide nei primi anni con la stessa storia del movimento omosessuale italiano. Un secondo preziosissimo volume, invece, è stato pubblicato per i tipi di Nero edizioni, che invece raccoglieva i primi 12 numeri della rivista Fuori! e il primo numero di Fuori! Donna, integralmente riprodotti in un volume con un’introduzione–intervista fatta da Claudio Antonelli ad Angelo Pezzana. Ed è proprio grazie a questo volume e ai suoi curatori – parliamo di un nome collettivo, Francesco Urbano Ragazzi, che è un nome d’arte che racchiude due persone differenti – si è creata la liaison con Alessandro Michele e con Gucci, che poi è scaturita nell’ingresso del nostro marchio e del nostro mondo in passerella. Ovviamente, tutto questo è stato fatto previa autorizzazione della Fondazione e di Angelo Pezzana e ha portato anche ad una donazione non solo dei capi ma anche in denaro per sostenere le attività della Fondazione stessa.
Quindi, direi che è una storia virtuosa e molto interessante da entrambi i lati e che fa vedere come la militanza, la politica e la lotta per i diritti LGBT possano abbracciare veramente qualsiasi sfera, anche quelle apparentemente impenetrabili come il mondo dell’alta moda.
Probabilmente Alessandro Michele sapeva del Fuori! come movimento e rivista.
Sì, assolutamente, è ovvio che per poter germogliare le piante hanno bisogno di un territorio fertile. Quando parliamo di iniziative legate ai diritti, in questo territorio fertile ci sono innanzitutto la cultura e l’intelligenza, di cui è sicuramente dotato Michele e questo ha fatto sì che potesse nascere un’idea del genere di cui siamo estremamente orgogliosi. Saremo molto contenti di poter esporre questi capi presso il nostro futuro spazio espositivo per il quale stiamo lavorando.
In quale modo la donazione di Gucci ha comunque cambiato la percezione della Fondazione?
Il cambiamento ha contribuito a consolidare quello che è un convincimento della Fondazione Angelo Pezzana-Fuori!, ossia che la cultura a 360 gradi possa essere uno strumento di costruzione di diritti, perché non dimentichiamo qual è la storia del Fuori e di questa fondazione.
Il Fuori! nasce come movimento rivoluzionario e riformista, come dice lo stesso Angelo Pezzana, per poi cessare di esistere come tale e trasformarsi in Fondazione, prima Sandro Penna-Fuori! e poi Angelo Pezzana-Fuori!. Diciamo che quello che il Fuori! doveva fare come movimento l’ha fatto, poi ha mutato la sua essenza e la propria attività: attualmente è un’attività di ricerca e di documentazione, ma anche di lotta per i diritti e di affermazione di diritti attraverso un’attività culturale. Promuoviamo ad esempio un premio letterario, l’unico in Italia dedicato a testi LGBT. Abbiamo prodotto dei documentari sulla storia del movimento. La nostra sede è ricca di opere, di disegni, di artisti importanti che ci sono stati vicini, penso a Ugo Nespolo o a Silombria che stato uno dei militanti e dei fondatori del Fuori!. In questo contesto si inserisce perfettamente anche la moda. La moda e la canzone d’autore sono forme d’arte e quindi i vestiti che tu hai potuto vedere sono non solo degli indumenti molto belli, ma uno strumento culturale e artistico per comunicare qualche cosa.
Si dice che debba cambiare la cultura, ma il percorso del cambiamento, prima che passino le leggi pro-LGBT è molto lungo, e poi ad un certo punto anche la cultura cambia per via delle leggi. Non è una questione di convinzioni, ma se si danno meno diritti alle persone, allora queste dovrebbero pagare anche meno tasse.
L’ultima frase che hai detto era un convincimento di una persona a cui sono stato molto affezionato, Rita De Santis, che è stata una presidente storica di Agedo: prima che mancasse l’hanno l’anno passato, ne è stata anche la presidente onoraria. È stata un’attivista a tutto tondo, una persona poi peraltro dotata di una cultura straordinaria, lei era una poetessa, una docente universitaria di professione e lei diceva la stessa cosa: “se vengono negati diritti alle persone LGBT, è ovvio che possono godere dei servizi lo Stato fornisce in una percentuale minore delle persone eterosessuali, quindi secondo questo principio dovrebbe essere corretto che loro pagassero delle imposte minori perché non possono usufruire di tutte le possibilità che lo Stato dà invece ad altre persone”.
Detto questo, il futuro dell’attivismo deve tenere conto che l’Italia è un paese fra i più arretrati. E esistono delle classifiche prodotte da ILGA Europe, che si basano su parametri ufficiali, che collocano l’Italia veramente alle ultime posizioni in Europa, perché effettivamente è mancante la legislazione italiana quasi da tutti i punti di vista. Non esiste il matrimonio egualitario, i figli delle coppie arcobaleno non hanno diritti, non esiste una specifica legge sull’omofobia. Cose che tutte, o almeno alcune, ci sono in quasi tutti i paesi europei.
Quale sembra essere il futuro della comunità? Qual è secondo te il futuro dell’attivismo LGBT in Italia?
Il futuro della comunità, ad oggi, se non cambia qualcosa, è drammatico in Italia. Lo vede e lo dimostra anche il pronunciamento in Europa dell’Italia, praticamente solo con l’Ungheria, rispetto ai recenti fatti di cronaca.
Venendo alla domanda specifica sul futuro dell’attivismo, dal mio punto di vista deve essere quello di essere il più operativi possibili, di avere l’intelligenza di capire quali tasti è necessario schiacciare e quali lotte è necessario intraprendere perché queste possano essere effettivamente efficaci. Io credo personalmente che sia tramontata purtroppo il tempo della sola lotta ideologica, assolutamente condivisibile dal punto di vista culturale e sociale. Però, se non va di pari passo con delle azioni che potenzialmente possano portare un risultato, la lotta diventa sterile e il futuro della comunità continua a rimanere grigio. Dopo la legge Cirinnà in Italia, quella sulle unioni civili, non è stato più fatto nulla e peraltro questa stessa legge nasce monca perché doveva essere differente. Quello è l’ultimo grande atto legislativo fatto in Italia e ormai risale a molti anni fa.
Se non si è operativi con un governo, peraltro come quello che abbiamo in questo momento, difficilmente sarà facile portare dei risultati a casa. È da questo punto di vista infatti che nasce la proposta e questa grande battaglia per portare l’Europride in Italia. Il grande vantaggio che porta questo tipo di manifestazione è l’accensione di fari internazionali, mediatici ma anche politici, sulla situazione dei paesi dove si svolgono queste manifestazioni.
Non è un caso che gli ultimi Europride si sono svolti, l’ultimo a Malta e quello di quest’anno a cui io sarò presente a luglio, in Grecia, in luoghi dove i diritti sono carenti, quindi questa dal mio punto di vista potrebbe essere una di quelle azioni che sposano una battaglia sociale con una battaglia effettivamente efficace, perché questo tipo di attenzione internazionale potrebbe veramente portare – e ovviamente non un pulsante on-off, però andare – sulla strada di un cambiamento che possa essere veramente efficace.
Quello che dico sempre e il consiglio che do agli attivisti è di cercare di essere efficaci e di pensare alle proprie proteste e attività associazionistiche in una direzione di efficacia.
Negli Stati Uniti ho osservato che l’attivismo di ogni tipo avviene attraverso avvocati e donazioni ad associazioni, e anche attivismo di intervento, sul campo di prima persona.
Credo che anche negli Stati Uniti esistano ancora realtà come quella italiana e come quelle europee. Si sta andando in questa direzione anche in Italia perché ad esempio abbiamo da anni una realtà come Rete Lenford che è un’associazione di avvocati che lavora stabilmente per le cause LGBT e faccio un esempio concreto che ha toccato me e la comunità torinese.
Allora, la Dottoressa De Mari è stata la ribalta della cronaca negli ultimi anni per le sue fortissime affermazioni fortemente omofobe, e la cronaca è ricca di aneddoti rispetto a questa dottoressa, che poi continua a chiamarsi tale, ma è stata anche radiata dall’albo. Il Coordinamento Torino Pride – e non solo perché lo ha fatto anche il Circolo Mario Mieli di Roma – si è costituito parte civile denunciandola e vincendo la causa, che poi è stata patrocinata da un avvocato di Rete Lenford.
Questo è di nuovo un esempio virtuoso per dirti l’efficacia, perché questa è stata un’azione che ha creato un precedente legale, perché mai era successa una cosa del genere in Italia, dove una realtà associativa di grosso peso, come il Coordinamento Torino Pride, ha potuto prendere la decisione di costituirsi parte civile e di far causa alla dottoressa, grazie anche all’assistenza di Rete Lenford, quindi affrontare i vari gradi di giudizio e di uscire sempre vincitore.
Questo è stato un grande traguardo che ha portato a un risultato e di nuovo un altro esempio in questo senso. Laddove realtà associative o culturali differenti si coalizzano, mettendo a frutto le proprie competenze per portare a un risultato comune come in quel caso, la causa della De Mari, il risultato lo si ottiene più facilmente anche se tutte le soggettività coinvolte possono continuare a lavorare secondo la propria storia e le proprie inclinazioni.
Crediti fotografici © Per gentile concessione di Maurizio Gelatti
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