Poesia come trasfigurazione della realtà e catarsi ma non, come sarebbe facile fraintendere, per purificare il passato da una colpa, ma per selezionare, setacciare il consistente da ciò che può essere lasciato a se stesso, abbandonato. Con questa chiave è necessario leggere Miei lari, l’ultima raccolta di Paola Loreto (Marcos y Marcos 2024). È un viaggio nella memoria, in una biografia familiare che ha il suo fulcro nella morte violenta della sorella, mai spiegata e rimasta senza colpevole. La trasfigurazione della realtà non ha nulla di compensatorio o di riparatorio, bensì riporta all’oggi istanti riletti con occhi nuovi, con grande lucidità, in un processo di riattualizzazione che beneficia dello sguardo mutato, della nuova consapevolezza.
di Paola Loreto
Marcos y Marcos, 2024
Prezzo: euro 18,00
Le cinque sezioni sono molto ben delineate, i testi strettamente assemblati intorno a un nucleo tematico: Arcadia è la sezione della poesia rivolta a un passato magico, al tempo dell’infanzia e dell’inconsapevolezza, della nostalgia di quando il mondo era compiuto: «C’era una dolcezza, la sera, all’imbrunire. / Un arrendersi all’abbraccio del buio / un lasciarsi andare. Nessun sospetto / che significasse la fine. / Tutto era attesa / rilascio cominciamento. / O forse la fine era dolce, come una ricompensa». È la sezione in cui rivive la certezza che il mondo è stabile, sicuro, senza sbavature: «Non è più il colmo dell’estate / quando l’aperto spaura / e tutto può succedere / nel caos. Questo è / un angolo della terra / dove l’aria profuma / dei prodotti da scoprire / nella pacciamatura. / Qui siamo pochi / acquietati / (sommessi) / in attesa / della coda insospettata / (inattesa) / della stagione, / della fine maturata / delle cose / di un nuovo cerchio».
Nella sezione Elegiaca la poesia fa i conti con il passato più difficile da ripensare, con la tragedia più difficile da accettare, anche perché inspiegata; fa i conti con ciò che rimane: «Mi hai dato una nozione esatta / di quello che vogliamo, la ricetta / segreta per gustare la vita. / Sapere chi sono senza chiedere / permesso ti pareva così ovvio / che non hai pensato a dirmelo / in tempo perché ti fossi grata / che avevi capito, da sempre, / prima di me. Per fortuna / ci sei stata, vistosa, / a tacchi a spillo e minigonna / che intonavano anelli / alle orecchie e labbra rosse». Ma fa i conti anche con ciò che passa (e aiuta ad accettare quel che non accadrà più): «Dimentichiamo perfino la morte. / Dimentichiamo com’è / quando non ci sarai più. / Da ora in poi / non mi avrai più / non potrò più / regalarti una coppa di composta / alle albicocche al Carrobbio / (all’ombra della vite americana) / ricordarmi che ti devo / una mano sulla guancia / per qualche secondo / di ascolto profondo / ultimo, attento. / Trascuriamo / tutta questa messe / ben disposta sull’altare / dell’irrimediabile».
La sezione Album riunisce i testi nati da un nuovo sguardo posato sulle fotografie di famiglia, quelle che, fino alla bulimia tecnologica che ci accompagna ora, costruivano in ogni famiglia la mitografia parentale e l’eroe, invariabilmente, era il padre: «Quello che conta è questo tuo sorriso / aperto al mondo e non / cosa ne abbiamo fatto / cosa ti è capitato (cosa ne ho capito). / Offri il torace come un San Sebastiano / che gode del suo dono totale / senza riserve o timore. / Sei una cosa sola con la vita / un atto sacro. / La testa appena rilasciata / all’indietro dice il tuo puro / divertimento, la gioia / di dare quello che c’è / senza perché. La liberalità / di chi non sa / altri modi di stare sulla terra / se non appartenerle / come una cosa della terra. / La gratitudine sarà infinita». E il ricordo, rimesso in moto grazie all’ausilio delle immagini, alla loro descrizione e interpretazione emotiva tradotta in precisi termini razionali, rinnova il legame con chi non c’è più: «Siamo uguali non solo / in diacronia / attraverso il tempo: / due io, due tu. / Ma anche in sincronia / nello spazio, come in queste / recenti istantanee: una versione / futura di me e un’antica / versione di te. / Testa contro testa / (capinere), espressioni / entrambe intente o esplose / in un riso (la forma / del sorriso), i lineamenti, / i capelli scuri e fini / e le pose dei corpi / (il quieto e grato / occupare degli arti / l’ambiente circostante) / dicono che siamo madre e figlia / ineludibilmente, ora e sempre».
In Corrispondenze si leggono i testi che frugano più profondamente nell’intimo delle relazioni fra chi scrive e chi è stato; ne viene una poesia della rievocazione secondo uno schema che potremmo riassumere in tre termini: la ripresa, spietata, delle situazioni, dei sentimenti; la distensione (si vorrebbe dire l’appianamento) delle emozioni, il loro raffreddamento attraverso una lingua strenuamente lucida; infine l’accettazione grazie all’acquisizione di una forma, quella poetica appunto, che permette di dare un corpo al dolore e all’amore filiale, forse quello più alto: «per una volta / (a differenza delle mille / precedenti sfiancanti e vane) / non ho dubbi / e so la quiete di capire / che la forma dell’amore / è la stessa della vita: / un seguire i contorni delle cose // papà che smetti / finalmente / di respirare / papà che ti tolgo / l’affanno / (dallo a me, / tutto) di tutte / le cose / andate come / non dovevano / ammalorate // ti tengo la mano / adesso / stretta e così tanto / passa che non è / mai stato / profferito // papà che grazie a dio / sei qui e / non ci sei / già più». Il punto di arrivo delle evocazioni e dei ripensamenti è una riflessione sulla memoria e sul suo lascito: «Portiamo addosso / questi marchi evidenti / impressi a fuoco, nella carne. / Il polpastrello che tasta / non coglie attrito triste / che non sia la pelle / in arrendevole rilievo. Forma d’amore. // Ma la memoria. / La nozione (quella sì) / dello strazio / di non sapere salvare / chi è straziato / e chi ci ama – questo sì / ci straccia. / Consegna filamenti / di mente al vento. / Ci finisce secondo / la legge del mondo. / dà nomi alla vita / (madre, padre, / sorella)».
La conclusione della raccolta però è affidata al solo testo della sezione Ara, ed è uno sguardo rivolto al futuro, dopo tanto guardare al passato, di rara intensità e positiva certezza: «e tu / invece / (infine) / che non sei mai / diventato / famiglia / e non sappiamo / perché / (ma tu sì / forse lo sai: / sei sereno) / sei mia carne / come fossi diventato / uno sposo / fragrante tenero / forte intero / indissolubile / nella gioia e / nello smarrimento / ma da accudire attenta / (vigile la costanza) / come le poche / rare cose / che siamo / (scopriamo) / con cui vogliamo / finire (scomparire)»
L’articolo Poesia e catarsi proviene da ytali..