Negli Stati Uniti, la comunità latina ha assunto un ruolo sempre più centrale nel panorama politico del paese. Nel 2021, i latinos contavano 62,5 milioni di persone, pari a circa il 19 percento della popolazione totale. Questa crescita è stata rapida e significativa: nel 1980, la popolazione latina era di soli 14,8 milioni, rappresentando appena il 7 percento del totale. Con un numero sempre maggiore di latinos aventi diritto al voto, oggi costituiscono oltre il 15 percento dell’elettorato, il gruppo in più rapida crescita.
Nonostante spesso vengano rappresentati come un monolite, i latinos comprendono una vasta gamma di culture e origini nazionali. Storicamente, il loro voto ha tendenzialmente favorito il Partito Democratico, sebbene vi siano eccezioni, come nel caso dei cubano-americani in Florida, che hanno spesso sostenuto il Partito Repubblicano.
Negli ultimi anni, tuttavia, l’allineamento politico dei latinos è diventato meno prevedibile. All’inizio del 2024, un sondaggio di Equis Research, una società specializzata nell’analisi del voto latino, aveva suggerito che i repubblicani potessero ottenere risultati significativi tra questi elettori. Tuttavia, la sostituzione di Joe Biden con Kamala Harris come candidata presidente ha innescato un “reset” che ha ridato slancio al Partito democratico.
Secondo un recente sondaggio condotto da Economist/YouGov, il 56 percento degli elettori latini registrati preferisce la vicepresidente Harris rispetto al 34 percento che sostiene l’ex presidente Donald Trump. Questo segna un aumento significativo rispetto a luglio, quando Harris aveva un vantaggio di soli 6 punti percentuali su Trump (44 percento contro 38 percento).
Come osservato da Equis, con Harris alla guida, “i democratici sono tornati in posizione di forza:
“I risultati sono tornati a un range storicamente normale, con Harris che registra una crescita di consenso in tutti i sottogruppi latinoamericani, in particolare tra i giovani. Una donna latino-americana in un recente focus group in Pennsylvania ha descritto Harris come ‘una luce alla fine del tunnel’ per molti indecisi”.
Tuttavia, c’è ancora del lavoro da fare. Harris non ha ancora raggiunto i livelli di sostegno tra i latinos che Biden aveva ottenuto nel 2020, quando l’ex vicepresidente aveva conquistato il 66 percento del voto latino, un punto in più rispetto a Hillary Clinton nel 2016.
Le preferenze variano anche tra i diversi gruppi all’interno della comunità latina. Un sondaggio di AS/COA rileva che Harris otterrebbe il 58 percento dei voti dei messicano-americani, che costituiscono circa il 60 percento dell’elettorato latino, contro il 35 percento per Trump. La vicepresidente gode di un sostegno simile tra gli americani-portoricani, che rappresentano circa l’8 percento dell’elettorato latino, con il 58 percento di sostegno contro il 37 percento per Trump. La situazione è diversa per i cubano-americani, dove il 46 percento sostiene Trump e il 44 percento Harris, e per altri gruppi come i venezuelani-americani e i colombiani-americani, dove il 50 percento appoggia Harris e il 40 percento Trump.
Nonostante le recenti fluttuazioni nelle preferenze politiche di alcuni sottogruppi all’interno della comunità latina, è importante ricordare che il voto latino ha storicamente sostenuto il Partito democratico. Negli ultimi trent’anni, il voto latino a sostegno dei dem si è attestato attorno a percentuali sempre superiore al 60 percento.
Nel 1992, Bill Clinton conquistò circa il 61 percento dei voti latini, mentre il presidente uscente George H.W. Bush si fermò al 25 percento, con il resto dei voti assegnati al terzo candidato, Ross Perot. Quattro anni dopo, Clinton migliorò ulteriormente, raggiungendo il 72 percento del voto latino, il più alto margine percentuale mai ottenuto da un candidato democratico tra gli elettori latini.
Nel 1996, i repubblicani guidati da Bob Dole subirono un ulteriore calo, ottenendo solo il 21 percento, quattro punti in meno rispetto a George H.W. Bush. Tuttavia, la svolta per i repubblicani arrivò con George W. Bush. Nel 2000, nonostante Al Gore ottenesse circa il 62 percento del voto latino, Bush riuscì a ottenere il 35 percento, grazie alla sua esperienza come governatore del Texas e alla sua capacità di attrarre elettori latinos. Nel 2004, Bush migliorò ulteriormente, raggiungendo circa il 40 percento contro John Kerry, consolidando così il sostegno repubblicano tra questa fascia demografica.
Con l’avvento di Barack Obama, lo scenario cambiò nuovamente. Nel 2008, Obama riportò il voto latino verso i democratici, ottenendo il 67 percento rispetto al 31 percento di John McCain. La sua campagna, che mobilitò con successo gli elettori latini su temi chiave come l’immigrazione, fu determinante. Nel 2012, Mitt Romney, a causa della sua rigida posizione sull’immigrazione durante le primarie repubblicane, vide scendere il sostegno latino al 27 percento, mentre Obama quasi eguagliò il record di Clinton del 1996, ottenendo il 71 percento dei voti latini.
L’entrata in scena di Donald Trump nel 2016 segnò un ulteriore cambiamento. Sebbene il voto latino rimanesse fortemente orientato verso i democratici, con Hillary Clinton che ottenne il 66 percento, si evidenziarono tendenze preoccupanti per il Partito democratico. Trump, nonostante la sua retorica anti-immigrazione, riuscì a conquistare circa il 28 percento del voto latino, un risultato sorprendente, in particolare tra i cubano-americani e gli evangelici.
Nel 2020, Trump consolidò ulteriormente i suoi guadagni, aumentando la sua quota di voto latino al 32 percento, mentre Joe Biden ottenne circa il 65 percento. Questi risultati riflettono il crescente peso politico degli elettori latini, con Trump che migliorò le sue performance in stati come Florida e Texas, dove il suo supporto tra i cubano-americani e i tejanos nel sud del Texas fu decisivo. Allo stesso tempo, in Arizona, la mobilitazione dell’elettorato latino fu cruciale nel trasformare lo stato in un bastione democratico per la prima volta dal 1996, grazie agli sforzi pluriennali dei gruppi di difesa dei latinos, che hanno investito in campagne di registrazione e educazione elettorale, culminando in un’affluenza significativa a favore di Joe Biden.
I sondaggi per le prossime elezioni mostrano che il 34 percento degli elettori latini preferisce l’ex presidente repubblicano, un dato che potrebbe rivelarsi decisivo in stati chiave come l’Arizona e il Nevada. In particolare, in Nevada, gli elettori latinos, specialmente nella contea di Clark (Las Vegas), rappresentano un’importante circoscrizione elettorale per i democratici e hanno avuto un ruolo cruciale nelle recenti vittorie presidenziali e al Senato. Anche in stati meno tradizionalmente associati al voto latino, come la Georgia, la crescente popolazione latina nell’area metropolitana di Atlanta sta acquisendo una maggiore influenza politica.
Questo spiega il crescente interesse di entrambe le campagne elettorali verso questo eterogeneo blocco di elettori. Di questi, circa il 31 percento degli elettori latini aventi diritto di voto ha un’età compresa tra i 18 e i 29 anni, rispetto al 20 percento dell’elettorato nazionale, una caratteristica che conferisce un peso particolare a questo gruppo. Un sondaggio del novembre 2023 ha rilevato che il 22 percento dei latinos voterà per la prima volta nel 2024, contribuendo a un’espansione dell’elettorato latino del 153 percento dal 2000.
I giovani elettori latini stanno quindi emergendo come un gruppo demografico cruciale nelle elezioni statunitensi. Con quasi un terzo della popolazione latina di età inferiore ai trent’anni, nel 2024 i latinos costituiranno quasi il 20 percento degli elettori della Generazione Z e dei Millennial, diventando una forza determinante nel plasmare il futuro panorama politico. Questi giovani elettori tendono a essere più progressisti rispetto alle generazioni precedenti, dando priorità a questioni come il cambiamento climatico, la giustizia sociale e l’accesso all’istruzione a prezzi accessibili. Inoltre, sono altamente attivi online e utilizzano i social media per organizzare e sostenere le loro cause.
Il supporto di Harris in quest’elettorato è in crescita. Il sondaggio Equis condotto dal 22 luglio al 4 agosto mostra Kamala Harris in vantaggio su Donald Trump per 56-37 tra gli elettori ispanici registrati nei sette stati più competitivi (Arizona, Georgia, North Carolina, Nevada, Michigan, Pennsylvania e Wisconsin). In una precedente ondata di sondaggi, condotta tra il 16 maggio e il 6 giugno, prima del fatidico dibattito tra Trump e Biden, l’attuale presidente era in testa con un margine molto più ridotto, 46-41.
Harris otterrebbe un grande successo soprattutto grazie al sostegno dei giovani e delle donne. Tra i latinos sotto i 40 anni, il suo supporto supera quello di Biden di 17 punti. Harris raggiunge il 60 percento di consenso tra i giovani, rispetto al 43 percento di Biden. Anche tra le donne latine il suo sostegno è cresciuto, arrivando al 59 percento rispetto al 50 percento di Biden a inizio giugno. Tra gli uomini, Harris ha visto un aumento analogo, passando dal 41 al 51 percento.
Equis sottolinea che non sono solo gli elettori democratici latinos che decidono di tornare a casa. Mentre i liberal sono quelli che si sono spostati di più, con Harris che ha ottenuto 16 punti in più rispetto a Biden, la vicepresidente ha ottenuto anche 12 punti in più tra i latini moderati e 7 punti in più tra i latini conservatori:
“Un altro modo per comprendere il movimento: circa un terzo dei guadagni di Harris proviene da latinos che hanno un’opinione sfavorevole sia di Trump che di Biden (i cosiddetti “double haters”). Harris ha il sostegno del 65 percento dei double haters. Solo l’11 percento voterebbe per Trump. Il restante 1 su 4 è ancora in bilico e/o propenso all’astensione”.
Ma non è solo la candidatura “nuova” il punto di forza dei Democratici. Conta anche il tono di Harris su alcuni temi.
All’inizio di quest’anno, Equis Research aveva rilevato che, in sette stati chiave, i latinos tendevano a fidarsi più di Donald Trump che di Joe Biden sulla politica dell’immigrazione. Questo risultato ha sorpreso molti, dato il luogo comune secondo cui i latinos sarebbero principalmente focalizzati sull’immigrazione. Tuttavia, i sondaggi hanno mostrato chiaramente che le preoccupazioni economiche superano di gran lunga quelle legate all’immigrazione per la maggior parte degli elettori latini, in linea con il resto della popolazione americana.
I Democratici sembrano aver preso atto di questa realtà. Come osservato dal New York Times, il primo spot elettorale di Kamala Harris rivolto agli elettori latinos, pubblicato di recente, si discosta significativamente dalla tradizionale comunicazione democratica verso questa fascia demografica. Lo spot inizia con un riferimento alla “madre immigrata” di Harris, ma evita di fare esplicito riferimento all’identità latina della vicepresidente – che è per metà caraibica – o all’immigrazione come tema centrale. Invece, lo spot si concentra sui risultati concreti e sull’impegno di Harris in aree come la lotta allo sfruttamento delle imprese, la riduzione dei costi degli alloggi e dei farmaci, e la difesa dei diritti all’aborto. In altre parole, i temi centrali della campagna elettorale di Harris sono gli stessi che ha promosso in tutte le sue apparizioni, evidenziando come le preoccupazioni economiche e sociali siano prioritarie anche per gli elettori latini.
Secondo alcuni analisti, la strategia sarebbe una copia di quella adottata dalla campagna presidenziale 2020 del senatore Bernie Sanders, efficace nel raccogliere il consenso degli elettori latini. Su Jacobin Belén Sisa, l’addetta stampa per la comunità latina durante la campagna di Sanders, ha spiegato che il successo del senatore si basava su un approccio orientato principalmente alle questioni di classe o “class-first”:
“Le politiche di Bernie parlano di questioni che riguardano i latinos nella loro vita quotidiana. Ad esempio, i latinos sono il gruppo più numeroso di persone non assicurate e sottoassicurate del paese. Non hanno una buona assistenza sanitaria e vedono l’impatto che questo ha sulla loro salute e sulle loro finanze. Inoltre, molte famiglie latine sognano di mandare i propri figli all’università perché non hanno avuto questa opportunità. Si stanno rendendo conto che non sarà accessibile e questo causa molto stress”.
Sisa ha spiegato che questo approccio metteva in primo piano le preoccupazioni economiche e sociali che toccano tutti gli elettori, indipendentemente dall’origine etnica. Sanders parlava di temi come l’accesso all’assistenza sanitaria, l’istruzione gratuita e la giustizia economica, questioni che risuonano profondamente tra gli elettori latini, spesso appartenenti a classi lavoratrici e colpite da disparità economiche. Questo focus sui temi di classe, piuttosto che un’enfasi sull’identità etnica o sulle questioni specifiche di immigrazione, avrebbe permesso a Sanders di creare un legame forte con la comunità latina, ponendosi come un difensore delle loro esigenze economiche e sociali.
La campagna di Harris sembra ora seguire una strategia simile, cercando di attrarre gli elettori latinos non tanto su questioni identitarie, ma piuttosto su argomenti che riguardano il benessere economico e la giustizia sociale, nella speranza di replicare l’efficacia del modello Sanders.
Questo riflette la realtà che, per questo blocco elettorale, l’economia conta più di questioni come l’immigrazione. Un sondaggio di Axios ha infatti rivelato che il 62 percento degli elettori latini sia favorevole a politiche di immigrazione “più severe” negli Stati Uniti, mentre solo il 23 percento si è detto favorevole a politiche “più indulgenti”. Allo stesso tempo, gli elettori latini intervistati dicono di essere complessivamente favorevoli a politiche più indulgenti verso percorsi di cittadinanza per le persone prive di documenti.
La piattaforma di politica economica di Harris non si spinge a sinistra come quella di Sanders, ma la sua attenzione alla riduzione dei costi, alla difesa dei diritti dei lavoratori e al controllo delle grandi aziende potrebbe risuonare in modo simile tra gli elettori latinos. Anche sul fronte dell’immigrazione, Harris adotta una posizione relativamente dura, un aspetto che potrebbe attrarre quella parte dell’elettorato latino che desidera un approccio più rigoroso alla gestione dei confini, senza però rinunciare a un trattamento equo per coloro che cercano la cittadinanza. Questo bilanciamento tra politiche economiche progressiste e una visione pragmatica sull’immigrazione potrebbe rivelarsi una mossa strategica per consolidare il sostegno di un elettorato che, pur essendo variegato, dimostra di condividere preoccupazioni comuni su questioni economiche e sociali.
Carlos Odio, cofondatore di Equis, ha recentemente sottolineato al New York Magazine che i latinos sono
“l’elemento più oscuro dell’elettorato in generale, sono questi elettori irregolari a bassa propensione che non hanno un’identità partitica completamente formata”.
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