I minori non sono e non dovrebbero essere un problema minore, Il Defence for Children International è un movimento globale impegnato attivamente proprio per garantire i diritti primari ai minori, tra cui anche quelli coinvolti nella tragica realtà dei Territori, vittime discriminate da un doppio registro giudiziario che i governi israeliani impongono alla popolazione palestinese.
La sezione italiana del Defence for Children International, tra le altre cose, lavora per tutelare i minori rinchiusi nelle carceri del nostro Paese, cercando soprattutto di dare voce ai tanti ragazzi e ragazze minorenni che si trovano a scontare pene nei centri di detenzione. Ripensare il carcere, nelle sue molteplici forme, soprattutto se a sperimentarne gli effetti più deleteri sono, nella fattispecie, i minori, dovrebbe essere una priorità della nostra agenda politica, ma sembra che invece la deriva sociale, economica e culturale ne stia peggiorando ancor più limiti e criticità.
I diritti sanciti dalla nostra Costituzione diventano sempre più carta straccia e la crisi generale provoca un imbarbarimento del tessuto sociale, storicamente sempre ben disposto a seguire le risposte dettate dalle tendenze reazionarie e forcaiole della classe politica, tanto attenta nel garantire privilegi e vantaggi verso se stessa, quanto impegnata nel sanzionare e reprimere le categorie sociali più deboli. In questo panorama degradato e degradante, vicende come quella del carcere minorile Beccaria di Milano diventano la naturale conseguenza di ciò che la politica non fa o che fa male.
Gli abusi e le violenze che si consumano regolarmente all’interno della maggioranza degli istituti penitenziari italiani purtroppo non sono dissimili da quelle riservate ai giovani detenuti delle carceri per minorenni. Quasi tutti i giornali e i TG nazionali del 23 aprile 2024 riportavano nei titoli: “Torture, violenze e pestaggi nel carcere minorile Beccaria di Milano”. Nell’inchiesta ben tredici agenti di polizia penitenziaria sono stati arrestati e altri otto sospesi, accusati dalla procura di “violenza inaudita”. Infatti non lasciano dubbi le testimonianze di molti dei giovani abusati.
Sono arrivati sette assistenti, mi hanno messo le manette e mi hanno cominciato a colpire. Me le hanno messe coi polsi dietro la schiena. Io ho un problema alla spalla sinistra e mettendomele con forza mi è uscita, mi è uscita la spalla… Gli dicevo “Per favore toglietemi queste manette che mi sta uscendo la spalla”. Hanno cominciato a darmele, con forza. Il primo colpo è stato uno schiaffo, il secondo un pugno, il terzo è stato un calcio nelle parti intime e da lì ho visto tutto nero, vedevo tutto nero. È l’ultima cosa che ricordo… Mi hanno sputato addosso.
Mi hanno chiuso nell’ufficio del capoposto privo di telecamere … poi mi hanno colpito ripetutamente con le punte degli stivali che hanno scarpe pesanti, mi hanno sollevato così, proprio come niente, con le manette da dietro. Avevo il labbro aperto e l’occhio destro nero e la mattina dopo avevo segni sulle braccia e dolori ai genitali per due settimane.
Mi sono svegliato all’improvviso perché uno degli agenti mi ha messo la mano sul sedere. Io stavo dormendo in mutande, faceva molto caldo. Gli ho chiesto: “Cosa vuoi?” e lui mi ha sussurrato: “Stai tranquillo, voglio solo fare l’amore con te”. L’ho colpito con diversi pugni per fermarlo». Il giorno dopo nella cella del minorenne si sono presentati sei agenti, tre di loro fuori servizio. Gli hanno spruzzato spray al peperoncino, lo hanno pestano, poi lo hanno portato in un’altra cella di isolamento dove lo hanno preso a cinghiate sui genitali fino a farlo sanguinare.
Davvero paradossale che un luogo che porta il nome di Cesare Beccaria, diventi invece un teatro degli orrori, dove i rappresentanti della giustizia compiono atrocità quotidiane su adolescenti e minorenni come fosse qualcosa di giusto e normale. “Sorvegliare e punire” è quindi il leit motiv di un sistema giudiziario e carcerario che diventa la più diffusa risposta repressiva data alla popolazione carceraria, risposta che non farà altro che acuire un problema figlio dell’ingiustizia sociale. Infatti, quanto più la forbice delle diseguaglianze si apre, tanto più la reazione del tessuto sociale si fa conflittuale e le soluzioni date dalle istituzioni diventano disumane, repressive e inutili alla soluzione stessa del problema.
Tra i diversi progetti del Defence for Children International Italia, spicca Just Closer, un podcast di sei episodi in cui gli stessi minori detenuti raccontano le loro esperienze e ci mostrano uno sguardo dall’interno del drammatico contesto in cui sono coinvolti. A seguire la descrizione dei sei episodi di Just Closer, ascoltabili in versione audio.
Descrizione dell’episodio 1: La presunzione di innocenza è principio cardine nella nostra società. Nella teoria è così. In pratica ascoltiamo come si sentono trattati i ragazzi e le ragazze che entrano nelle maglie della giustizia. Riescono a percepire il valore riabilitativo e educativo dell’intervento o della pena? Cosa cambierebbero?
Descrizione dell’episodio 2: Come si fa a pensare al futuro se non si comprende in pieno dove si è in questo momento e non si hanno o non si percepiscono vie di fuga? Si cerca di andare avanti e ricominciare ma si ritorna sempre al via, come in un gioco dell’oca. E i tempi della giustizia, spesso molto dilatati, non aiutano a capire.
Descrizione dell’episodio 3: Per ascoltare i minorenni è necessario che gli adulti siano attenti e creino spazi e contesti adeguati in cui costruire un rapporto di fiducia. Nell’ambito della giustizia minorile questo principio è ancora più rilevante perché è in grado di determinare la positiva riuscita dell’intervento o della misura penale.
Descrizione dell’episodio 4: Processi a porte chiuse, anonimato, attenzione ai legami affettivi. Tutto questo per evitare la stigmatizzazione e assicurare che il ragazzo o la ragazza non si sentano perduti e possano percepire la vicinanza con la loro famiglia e i loro affetti. Il rispetto della vita privata e famigliare dalla prospettiva dei giovani coinvolti in percorsi penali.
Descrizione dell’episodio 5: I ragazzi e le ragazze che entrano nei percorsi di giustizia devono essere informati subito in merito ai loro diritti e sul procedimento in modo da avere chiaro quali saranno i prossimi passi e possano vedere il proprio futuro. Ciò implica la capacità di comunicare, attraverso il rispetto e l’empatia, con giovani che provengono da contesti sociali e culturali molto diversi, contesti che, talvolta, sono causa della loro situazione attuale.
Descrizione dell’episodio 6: La privazione della libertà delle persone minorenni deve essere misura di ultima istanza e deve essere configurato e percepito come un momento educativo che aiuta a riprendere in mano la propria vita. Ma il carcere, così come è strutturato, fa bene ai ragazzi? È in grado di aiutarli a cambiare pagina? Ne parlano alcuni ragazzi detenuti all’Istituto PM Fornelli di Bari.
Per contattare il Defence for Children International Italia,
i recapiti sono:
Tel.010 0899050 Fax 010 0899051
L’articolo Just Closer proviene da ytali..