Dall’11 giugno al 25 agosto le sale del Museo Civico Archeologico di Bologna hanno ospitato la mostra “I luoghi e le parole di Enrico Berlinguer”, l’esposizione multimediale dedicata alla figura politica, in occasione del centenario della nascita. In questo contesto è stato proiettato il documentario di Alessio Barbazza e Alice Russo “Una festa per la città. Venezia 1973.”.
La scelta di due ragazzi così giovani di occuparsi di un grande evento come quello della Festa de l’Unità, interessandosi a Berlinguer e la confluenza entusiasta all’evento di Bologna trovano giustificazione in uno stesso dato di fatto: l’immagine del segretario del Pci ha subito continue trasformazioni, fino ad arrivare alla sua evoluzione come icona della cultura pop. Stimato, all’epoca, al di là del partito di appartenenza, e amato ancora oggi da persone di tutte le età, rappresenta un modo di fare politica, a stretto contatto con i cittadini, che oggi può ancora essere utile in quanto modello.
Bologna, mostra su Enrico Berlinguer. Presentato Una festa per la città. Venezia 1973 il film prodotto dalla Fondazione Rinascita 2007 sulla Festa Nazionale dell’Unità del 1973. Il film è piaciuto ai bolognesi presenti che hanno molto applaudito uno dei due registi in sala: Alessio Barbazza. (dall’account FB di Maurizio Cecconi)
Tornando al documentario, è il giugno 1973 e Venezia si tinge di rosso, le bandiere sventolate dai militanti del Partito Comunista Italiano attraversano la città durante la grande e complessa operazione, culturale e politica insieme, che fu la Festa de l’Unità. Cultura e politica, protagoniste di questo grande evento, rappresentano le chiavi di lettura privilegiate per interpretarlo e ricordarlo a distanza di anni.
Ciò è ben chiaro nel documentario con il quale, anche grazie al medium visuale e sonoro, riescono a trasmettere alla perfezione atmosfere, musiche ed emozioni esperite dai presenti. Dall’amalgama di fonti disomogenee tra loro, audiovisive, fotografiche e orali, e la scarsità di fonti documentali, scaturisce un’opera che riesce in un duplice intento, quello di contestualizzare storicamente la festa, esplicitandone i fatti antecedenti, durante una prima parte del documentario e trasmettendo, in un secondo momento, impressioni e riflessioni rese dalle testimonianze di chi ha organizzato e vissuto la festa.
“Come si è arrivati a tutto questo?”, così la voce fuori campo introduce l’escalation di episodi di cui questo grande evento è figlio. Le immagini delle ribellioni del ‘68 si susseguono sullo schermo, e sullo sfondo si sente il racconto della grande “ventata di cambiamento” che scuote quegli anni intaccando i temi caldi sotto molteplici punti di vista (culturale, politico, sociale…). Il governo cileno di Allende, il proseguimento della guerra fredda attraverso il sostegno economico dell’Urss alle rivoluzioni socialiste in atto e la primavera di Praga segnano il contesto internazionale, gli anni di piombo quello nazionale.
Nel Veneto, feudo bianco della Democrazia Cristiana, Venezia spicca in quanto eccezione. Non a caso, vista la vicinanza della regione agli ideali cattolici, Berlinguer presenzia nel capoluogo già due volte in precedenza, per attenzionare sulla legge sul divorzio e sul diritto all’aborto.
A Marghera gli scioperi si moltiplicano, soprattutto per l’esigenza di migliori condizioni di sicurezza dei lavoratori, e negli anni Settanta aumentano gli iscritti al Pci. L’attività petrolchimica crescente di Porto Marghera ha depauperato le altre zone di Venezia, per questo i cittadini hanno necessità ormai impossibili da ignorare. “Non c’era niente, neanche la chiesa” dice Nilva Pellegrin, volontaria della festa dell’Unità, ricordando episodi della sua infanzia vissuta a Sacca Fisola.
Nonostante si parli di una cinquantina di anni fa, da notare come già allora la turistizzazione della città che ospita oggi più turisti che abitanti, fosse in atto e la speculazione immobiliare in crescita.
Importanti sono poi le Giornate del cinema Italiano, in contemporanea alla mostra del cinema, a santa Margherita, in netta rottura con la Biennale, che non riesce ad accogliere la parte più popolare, la quale viene sin chiusa per un periodo.
Arriviamo al ‘73, la festa ci fornisce un riscontro tangibile della strategia di Berlinguer, aprire il Pci anche al ceto intellettuali borghese, veneziano in particolare, e, viceversa, avvicinare l’evento alla parte più popolare dell’isola, per garantire una base più ampia di elettori nel Veneto, grande ostacolo per la conquista elettorale dell’Italia.
La Festa de l’Unità rappresenta un importante momento di autofinanziamento e di celebrazione del partito, utile per verificare la solidità del consenso e la scelta della Federazione di Venezia come sede, considerata un partito locale e periferico, costituisce una decisione non priva di rischi. Inoltre la città storica risulta per evidenti ragioni relative alla sua costituzione, inadatta ad ospitare una festa secondo tradizione, raccolta, come in Emilia Romagna. Si pensa quindi a un modello alternativo, su spunto delle giornate del cinema Italiano, la festa avviene delocalizzata, permettendo così di arrivare direttamente alla popolazione.
La capillarità dell’organizzazione dell’evento ne permette la diversificazione e la riuscita: a ogni sezione locale viene assegnato un sestiere dove porre in essere una propria area tematica, poi il gemellaggio, strumento della distribuzione degli spazi e della complessità della festa, per ogni sezione dell’isola, ne viene associata una della provincia e una federazione di altre regioni italiane. Per incarnare l’internazionalismo socialista, il partito comunista romeno, venne selezionato quale ospite d’onore, e gli venne dedicata la zona di Castello.
La progettazione architettonica degli stand che inondano la città, tocca un tema molto attuale, quello della conservazione e valorizzazione del paesaggio, così peculiare, di Venezia.
Musiche, mostre e centri spettacolo, disseminati tra i campi, combattono e abbandonano lo stereotipo di una cultura chiusa ed elitaria, per avvicinarsi alla gente.
La Giudecca è il vero cuore pulsante della festa, con un substrato sociale composito, di operai e artisti, da cui scaturiscono rapporti interpersonali rappresentativi dell’idea della festa: l’abbattimento delle barriere tra cultura e popolo, l’espressione di quella cultura popolare promossa dal Pci. Primo tra tutti Luigi Nono, apporta un’idea innovativa di musica e si fa erede di tali principi in prima persona; non più solo le sonorità tradizionali, ma anche l’influenza di America Latina, Cuba e Cile si fanno sentire, a testimonianza di quella “egemonia culturale” raggiunta dal Pci col trascorrere degli anni Settanta.
Il 24 giugno, alle 17,30, la grande sfida logistica di riuscire a portare la folla, nel marasma generale, alla pineta di sant’Elena per poter assistere al discorso di Berlinguer, è vinta. Alla presenza di duecentomila persone si tiene il comizio di chiusura del segretario generale del partito, che non a caso tocca anche il tema culturale, cito:
Il popolo veneziano ha risposto con entusiasmo e ha dato la prova di quanto sia falsa la concezione che riserva a pochi eletti l’uso e il godimento della cultura, dello spettacolo, dell’arte, della scienza e vorrebbe propinare al popolo solo una sorta di sottocultura mercificata e involgarita. Non è per caso che questa capacità e volontà di rendere la cultura patrimonio di tutto un popolo venga da una forza come la nostra, che vuole fare del movimento operaio l’erede di tutto ciò che di progressivo, di bello e di vero l’umanità ha creato nel corso del suo secolare cammino e il portatore di valori nuovi, universali, che rinnoveranno non solo la vita economica e sociale, i rapporti fra gli uomini e le classi, ma anche il pensiero, la cultura, l’arte del mondo intero.
Sebbene dal punto di vista economico la festa non vada benissimo, i risultati politici sono tangibili, il Festival nazionale sposta gli equilibri non solo nel Veneto, ma si registrarono cambiamenti in tutta Italia.
Il documentario è un’opera riuscita, non solo per la capacità di trasmettere il ricordo vivido di un evento che segnò la città, ma sottolinea dei temi che rendono la grande e complessa operazione organizzativa del 1973 uno specchio di fenomeni sentiti più che mai oggi: il divario culturale tra le classi, l’urgenza di conservare un territorio che sta cambiando e di arginare la turisticizzazione del preziosissimo patrimonio storico-culturale di Venezia, rendendola viva e partecipata, piuttosto che musealizzata.
L’articolo Venezia 1973. Una festa indimenticabile proviene da ytali..