Il giornalismo locale tratta con dettagli molto precisi gli avvenimenti politici, culturali, sociali che si verificano zone ben definite. Ciò fa sì che le testate locali rivestano un ruolo basilare nella vita delle comunità, offrendo una copertura vicina alla vita quotidiana delle persone e dei luoghi in cui operano. Nel giornalismo locale tra i lettori vi è spesso – se non sempre – un testimone dell’evento raccontato che può verificare l’affidabilità e la correttezza del lavoro svolto dai cronisti: perdere la fiducia dei lettori è quindi molto facile. Ma il valore di un quotidiano non è legato solo alla stretta attualità, gli articoli sono anche un archivio storico e diventano nel tempo un patrimonio per la memoria del territorio ovvero i giornali non sono semplici contenitori di notizie, ma strumenti di memoria collettiva. E possono essere anche fonti storiche di indubbia importanza.
Per questo la nascita di un quotidiano locale è sempre un fatto molto importante. Quarant’anni fa nasceva La Nuova di Venezia e di Mestre e ieri si è festeggiata con una formula semplice ma efficace: la riunione di redazione si è svolta in uno spazio pubblico in pieno centro a Mestre. Un’occasione molto ben accolta vista la presenza di numerosa della cittadinanza.
Quando La Nuova è nata non so quanti avrebbero scommesso in un percorso così lungo in una città complessa con un quotidiano “antagonista” di lunghissima tradizione e storia. Un quotidiano che si è dato una linea editoriale che ha cercato e cerca di raccontare e interpretare le trasformazioni del territorio, un proposito che era molto chiaro già nel primo editoriale a firma di Lamberto Sechi:
Nuova Venezia non significa dunque semplicemente una nuova iniziativa editoriale ma ritratto in movimento di una città cambia che non si è pietrificata nei marmi commoventi e negli slogan di comodo.
E noi tutti sappiamo quanto il nostro territorio in quarant’anni ha cambiato i proprio connotati sociali ed economici in maniera radicale e soprattutto quanto ci sia la necessità di andare oltre a convinzioni profonde e radicate che spesso ben poco hanno a che fare con la realtà in cui viviamo.
Ma il giorno di festa deve essere anche un momento di riflessione sul futuro della carta stampata e, ancor più importante, del mondo dell’informazione. I numeri parlano chiaro: secondo il rapporto Censis sulla comunicazione presentato alla fine del 2022, la crisi della carta stampata è profonda. I quotidiani cartacei venduti in edicola nel 2007 erano letti dal 67,0 per cento degli italiani ma si sono ridottisi a toccare il 25,4 per cento della popolazione nel 2022 (-41,6 per cento in quindici anni). Gli utenti dei quotidiani online invece aumentano al 33,0 per questo (+4,7 per cento in un anno). I cambi di proprietà sempre frequenti che recentemente hanno coinvolto propria La Nuova sono anche tentativi per rispondere a questa crisi. Una crisi profonda considerando che la percentuale degli italiani che utilizzano siti web di testate giornalistiche è notevolmente inferiore a quanti utilizzano i siti web generici che pubblicano notizie spesso non affidabili (il 58,1 per cento sempre secondo il Censis).
Questi dati portano almeno a due facili considerazioni, da una parte il lavoro dei quotidiani rischia di chiudersi all’interno di cerchie di lettori sempre più strette, un danno certo ai giornali ma soprattutto alla qualità del dibattito pubblico che rischia di alimentarsi in circoli sempre più chiusi, autoreferenziali, incapaci di interfacciarsi con società complesse e di dialogare veramente con quanto accade in città; dall’altra la capacità della maggioranza della popolazione di approvvigionarsi a fonti di informazioni di qualità è in picchiata. E su questo aspetto che si gioca la vera sfida del mondo della informazione e della società tutta.
I quotidiani possono e devono cambiare pelle, avvicinarsi di più al web che è un mondo molto articolato, ma resta il tema della soverchiante disinformazione che avvolge tutto noi in un mondo frammentato e orizzontale, condizionato sempre più da algoritmi, dove quasi mai la qualità delle fonti viene riconosciuta. Una sfida tutt’altro che vinta nella quale i quotidiani, sia sotto forma di carta stampata, sia nelle forme della multimedialità, e tra questi i quotidiani locali che hanno caratteristiche diverse da quelli nazionali, giocano un ruolo di primaria importanza. Ciò certifica l’importanza di un giornale come la Nuova che continua a cambiare pelle per assolvere il compito che si era già dato nel lontano 1984 forse in un mondo più difficile perché forse più ambiguo e sfuggente e in una città che si sta rimpicciolendo come base demografica ed economica e come opportunità capaci di offrire ai suoi cittadini. In questo senso l’inserimento di molti giovani giornalisti nella redazione degli ultimi mesi può essere una carta importante per riaffermare lo spirito da start-up evocato da Enrico Tantucci in un pezzo uscito proprio ieri su La Nuova per raccontare la “curiosità, l’entusiasmo, l’eccitazione” che si respirava nel 1984 nella redazione del neonato quotidiano.
L’articolo “La Nuova”, il racconto di una città che cambia proviene da ytali..