Fu esattamente un anno fa che scoprii che la nostra cagnolina Jenna era in fin di vita. Ammetto che nonostante le sue crescenti difficoltà a muoversi e la sua età (qualche mese e avrebbe avuto quindici anni – abbastanza per qualsiasi cane, per lei un miracolo, come vedrete), il pensiero della sua morte prossima non mi aveva neppure sfiorato. Avevo anche una buona ragione. Aveva appena fatto un buon controllo dal veterinario qualche mese prima. Ma, cosa ancora più importante, Jenna aveva una storia impressionante in termini di resilienza. Nel corso degli anni lei, che era forte e sana, aveva però subito una lunga serie di incidenti: una lesione al muscolo della rotula, un’estesa crescita intramuscolare che aveva richiesto un intervento chirurgico esteso, un dito rotto, una ciste sulla palpebra che aveva richiesto un intervento chirurgico, l’estrazione di un dente – e ne è uscita fuori da ognuno con grande determinazione nel voler tornare alla sua normale routine, sorprendendo i medici – e noi – con la sua resilienza, a tal punto che uno dei miei tanti soprannomi per lei (e ce n’erano tanti, e lei rispondeva a tutti) era Iron Dog, Cane di Ferro.
Quando la portammo a casa con noi, Jenna era una cagnolina di otto mesi in cerca di salvezza. In parte Whippet e in parte pastore tedesco, era abbastanza piccola da poter tornare a casa sulle mie ginocchia e abbastanza forte da staccarmi il braccio quando era al guinzaglio. Di sicuro abbaiava come un pastore ed era incredibilmente vigile e intelligente. Lo stesso giorno scoprimmo un’enorme perdita d’acqua in casa. A sera i pavimenti erano saltati in una parte della cucina e i ventilatori e i deumidificatori andavano a tutto spiano – e così sarebbero rimasti per giorni.
Non era il posto per un cane. Così, il giorno dopo la portai a lavorare con me nel mio negozio di riparazioni di computer aperto da poco, a solo un chilometro e mezzo da casa, poi corsi fuori a prendere un’altra cesta e delle ciotole per cani. Da quel giorno in poi venne a lavorare con me, tutti i giorni, e per i successivi nove anni fece il cane di bottega, con la sua foto sul mio sito, salutando tutti i clienti che entravano dalla porta del mio negozio con il suo tipico rumoroso abbaiare entusiastico. Poi si metteva subito a cuccia. Sapeva qual era il suo ruolo nel negozio
I proprietari dell’edificio in cui mi trovavo le volevano un gran bene e ogni giorno la portavano nel loro ufficio per un dolcetto e la tenevano d’occhio quando ero in giro. A Jenna piaceva anche viaggiare in macchina ed era molto orgogliosa di essere un cane da sedile anteriore. Veniva in banca con me, dove le davano dei dolcetti nel parcheggio, e veniva a prendere i ragazzi a scuola. Insomma, era un cane molto conosciuto in città. Quando si ruppe un dito del piede, la veterinaria mise la sua foto sui suoi biglietti di auguri di quell’anno.
Incidenti a parte, era quindi un cane molto felice e attivo. Fino a che non fu colpita da una drammatica malattia che mise alla prova entrambi e che diede vita a un viaggio spaventoso ma alla fine miracoloso, un’esperienza che desidero condividere con voi.
Nella primavera del 2017 iniziamo a notare che Jenna sembra irrequieta di notte, e io avevo già notato che sembrava lenta quando passeggiavamo (di solito riuscivo a malapena a starle dietro). Poi un giorno, tornato al negozio, scopro che aveva fatto la pipì sul pavimento. Aveva nove anni ed era la prima volta, poi, quando la cosa si ripete, mi rendo conto che c’è qualcosa che non va. Programmo un esame dalla nostra veterinaria. La trattengono qualche ora per un’ecografia.
Quando la veterinaria mi chiama, quel pomeriggio, dice che ha brutte notizie e mi chiede se sono seduto. Sto guidando, quindi sì, sono seduto. Poi mi dice che l’ecografia ha rivelato che Jenna ha un coagulo di sangue che le ostruisce l’ottanta per cento della vena cava, riducendo notevolmente il flusso sanguigno al cuore. Quel che è peggio, aggiunge, questo coagulo potrebbe staccarsi e ucciderla da un momento all’altro. Fortunatamente per Jenna, una delle migliori cliniche veterinarie del paese si trova nelle vicinanze di Raleigh, nella Carolina del Nord. Siamo indirizzati lì per ulteriori analisi – prossimo appuntamento disponibile, a sedici giorni di distanza – un’eternità in cui penso che potrebbe morire da un momento all’altro.
Anni dopo scoprii che questo evento aveva profondamente scosso tutto il personale della clinica. La nostra nuova, giovane dottoressa aveva appena iniziato a lavorare lì nel 2017, e quando ci rivide nel 2021 i suoi occhi si spalancarono e lei disse: “questa è Jenna??”, stupita in parte dal fatto che fosse ancora viva.
Quando andiamo all’ospedale veterinario statale della Carolina del Nord, sono eseguite nuove immagini e l’intero quadro cambia letteralmente. Si scopre che quello che era stato interpretato come un enorme coagulo di sangue non lo è affatto. In realtà, si tratta di un enorme tumore della ghiandola surrenale che è cresciuto dalla ghiandola alla vena cava. Ciò spiega il fatto che beva e urini in continuazione. La sua ghiandola surrenale è sovrastimolata e rilascia sempre più adrenalina, a raffiche casuali. Quindi il rischio che qualcosa si stacchi e la uccida non c’è, ma la situazione è altrettanto potenzialmente letale per Jenna. I tumori delle ghiandole surrenali sono comuni nei cani, e per lo più fatali. Ci mandano quindi a oncologia.
Con Jenna torno in ospedale, intanto il team di oncologia ha esaminato diverse opzioni. Come li odio, tutti! L’intervento chirurgico per rimuovere il tumore, mi è detto, è pericoloso a causa dell’intrusione del tumore nella vena e costringerebbe Jenna a una terapia ormonale sostitutiva con costante monitoraggio medico per il resto della sua vita. La chemio è sussurrata come una possibilità, e anche la radioterapia. Ma… a rendere la cosa ancora più spaventosa, mi è detto che i tentativi di ridurre il tumore con la chemio o le radiazioni, causando la fuoriuscita della vena e il sanguinamento, potrebbero ucciderla. Si direbbe che non ci siano opzioni buone.
A quel punto Jenna comincia ad avere visibili attacchi di adrenalina e il suo cuore batte forte. Cade a terra ai miei piedi ansimando finché non passa. Così, mentre siamo alla visita in oncologia, chiedo ai sanitari se c’è qualche medicinale che possa alleviarne i sintomi. Mi dicono che un medicinale c’è, ma sono di due tipi i tumori, e il medicinale funziona solo su un tipo di tumore, quindi andrebbero fatti prima dei test, ecc.
E se mi date adesso il farmaco e vediamo se funziona?
E quanto dico ai sanitari. Lasciamo stare il test, forse s’accorgono che comincio a disperarmi. Voglio salvare Jenna, ma devo metterla più a suo agio, adesso. Dicono di sì e il farmaco funziona.
Miracolo 1.
Questo mi dà un po’ di tempo per riprendere in considerazione un’opzione, e darle seguito, tra quelle brevemente menzionate. Scopro che in realtà esiste un’altra opzione di cui non avevamo discusso nel primo incontro in oncologia, principalmente perché si trattava di un trattamento nuovo e sperimentale nel dipartimento di radioterapia oncologica e non ne sapevano nulla. Fisso un appuntamento e accettano di ricevermi subito. A questo punto il tempo a disposizione sta scadendo.
Tocca tornare a Raleigh.
Tra parentesi, questi ripetuti viaggi da e per Raleigh diventano rapidamente problematici. È estate e fa molto caldo. I sedili della mia vecchia Honda sono piccoli e Jenna non riesce a mettersi comoda per lunghi e caldi viaggi – e come ho detto, era strettamente un cane da sedile anteriore, quindi salire dietro era fuori questione. Per coincidenza sto cercando un’auto per mio figlio e un amico mi mette in contatto per una Camry XLE V6 del 2002 – un’auto molto grande con un ampio sedile anteriore e un’aria condizionata freddissima – l’auto perfetta per trasportare Jenna.
Miracolo 2.
Nel reparto di radioterapia oncologica mi dicono di aver esaminato i dati e le immagini di Jenna e aggiungono che è una buona candidata per un nuovo trattamento che stanno sperimentando: una radioterapia mirata. È ancora nelle prime fasi della sperimentazione, con animali più piccoli, e mi dicono che sono ansiosi di trovare pazienti disposti a provarlo. Il trattamento prevede cinque microdosi di radiazioni mirate direttamente al tumore. Dopodiché, si deve solo aspettare che si rimpicciolisca e che la ghiandola surrenale torni alla normalità.
Ma il tumore, restringendosi, non l’avrebbe fatta sanguinare? Secondo questi dottori no, il restringimento del tumore non rappresenta alcun rischio per la vena: restringendosi il tumore, la vena si sarebbe riparata da sola. In tutto Jenna avrebbe avuto bisogno di sei sedute in anestesia generale e un paio di parti rasate, e se avesse funzionato, avrebbe vissuto forse altri due anni, ma una vita di nuovo comoda e normale.
Miracolo 3 – il più grande.
C’è un’altra via. Queste dottori potrebbero salvarla, senza renderla permanentemente invalida. Non è oltre il mio sogno più sfrenato. È il mio sogno più sfrenato.
Potessi solo trovare i soldi.
Essendo sperimentale, la radioterapia mirata è molto costosa. D’altra parte, mi spiegano, si direbbe sia una vera svolta e, si dovesse rivelare fattibile, potrebbe salvare innumerevoli cani e altri piccoli animali.
È allora che mi dicono che l’ospedale ha appena organizzato un programma sponsorizzato dalla catena di negozi per animali Petco per aiutarli a testare la procedura su candidati nelle condizioni di Jenna, e che Petco avrebbe pagato la metà del costo del trattamento, in cambio di un’intervista per la loro newsletter.
Miracolo 4.
Il programma Petco è così nuovo che nessuno sa neppure come ottemperare alla documentazione richiesta. Jenna è la prima destinataria. Il resto l’ho pagato volentieri.
È una settimana d’inferno per Jenna. Sei sedute in anestesia generale (una per la misurazione, cinque per il trattamento) in tredici giorni. Avanti e indietro sul sedile anteriore (ovvio!) della Camry, altre dodici volte.
E ha funzionato. Ha funzionato davvero! Una volta finite le cure, le ho tolto la medicina e Jenna è tornata presto se stessa.
Sei mesi dopo il trattamento, Jenna e io torniamo di nuovo nelle clinica per un altro esame radiologico, in modo che si possa verificare i risultati. Quel giorno stesso, dopo un po’, mi chiamano: tutto lo staff è in fermento perché il tumore si è ridotto drasticamente. La sua vena è guarita. Per loro è un successo straordinario – il dottore lo definisce “il miglior risultato possibile”. Sono così sbalordito e felice anch’io che quando arrivo lì per andare a prendere Jenna, al dottore non appaio “abbastanza felice” – io gli assicuro che ho sorriso così tanto dalla telefonata di quella mattina in poi che la mia bocca non ce la faceva proprio a fare di più… L’abbiamo riportata lì per un altro esame radiologico, sei mesi dopo, e, con loro ulteriore stupore, hanno detto che il tumore si era ridotto ancora di più. A quel punto dicono di non disturbarci a riportarla lì a meno che non sia necessario. Tornate a casa e che si goda la vita.
E così fece. L’Iron Dog aveva fatto un bel colpo, con incredibile coraggio e determinazione. Quando ho chiuso il negozio, la primavera successiva, Jenna è tornata a casa per essere finalmente solo un cane domestico, anche se di tanto in tanto poteva andare a trovare i suoi amici al vecchio negozio..
C’era da scommetterlo, il “cane delle meraviglie” (come la chiamava la mia amica), il “cucciolo miracoloso” (come la chiamava la nuova veterinaria) superò di gran lunga le previsioni sull’aspettativa di vita del suo percorso terapeutico, che era di uno o due anni: visse per altri cinque anni e mezzo. È stata la nostra gioia e il nostro conforto durante tutta la pandemia, un periodo che sono sicuro a lei sia piaciuto davvero, con tutti noi a casa tutto il tempo e lei che faceva tre passeggiate al giorno. Il suo udito cedette, poi le venne l’artrite, poi la vista cominciò a peggiorare, infine il suo equilibrio crollò, ma era ansiosa di uscire e rientrare per ricevere una leccornia, e traboccante d’amore la notte in cui morì come aveva fatto sempre. Forse anche di più.
Jenna ha toccato molte vite e, posso sperare, ha aiutato molti altri cani a curare i tumori in questo modo incredibilmente delicato e non invasivo. Mia dolce ragazza. È così profondamente parte di me che sto ancora imparando a convivere con la sua scomparsa. Era uno spirito straordinario, una vera compagna, un’anima gentile e amorevole e possedeva una volontà sconfinata: la mia Iron Dog.
L’articolo La mia Iron Dog proviene da ytali..