Care lettrici e lettori di ytali, visitate EquiLibri, se siete a Venezia, non lontano dalla stazione Santa Lucia e da piazzale Roma. Vi piacerà. Parliamo della bella fiera dedicata all’editoria veneziana e veneta, che oggi e domani, 27 settembre, occupa gli spazi della corte dell’Università Iuav, ai Tolentini. Un comparto dell’editoria, spiccatamente local, ma non solo, inaspettatamente vivace e ricca, come si vede dagli stand, numerosi e carichi di bei libri, e dai tanti operatori presenti, che generosamente s’impegnano sul fronte sempre più difficile della cultura e, in particolare, dell’editoria su carta.
Dell’iniziativa abbiamo parlato alla vigilia con Cristina Giussani, titolare di Mare di Carta, libreria e casa editrice indipendente, celeberrima tra gli appassionati di nautica, mente con un paio di amici dell’ideaazione e della realizzazione di EquiLibri.
Per iniziare le chiedo di presentarsi, com’è essere una libraia, ma anche un’editrice, cosa l’ha portata ad addentrarsi in due professioni che, tolto l’oggetto che le accomuna, divergono per funzionalità e obiettivi.
Lei mi risponde che la sua è una libreria editrice e mi spiega:
“La scelta di fare la libraia viene da una strana forma di professionalità. Cristina Giussani, infatti, è biologa, ma, come spesso succede, il suo percorso lavorativo subisce una deviazione netta quando inizia a mettersi in relazione con l’editoria internazionale, quasi quarant’anni fa.
Ho fatto dieci anni nell’editoria internazionale, poi mi è venuta voglia di avere una mia attività, dunque ho aperto una libreria nautica, perché io sono una che va in barca, ha sempre amato il mare e sempre fatto sport acquatici.
Quindi ho unito la mia professionalità acquisita alla mia passione e siccome avevo lavorato nell’editoria per tanti anni, mi sono detta: beh non farò solo la libraia, farò anche l’editrice, quindi fino già dal secondo anno abbiamo iniziato a pubblicare libri.
Di libri ne pubblicano pochi, alcuni fuori stampa, altri, invece, sono stati ripubblicati molte volte, alcuni hanno venduto quasi ventimila copie, c’è un atlante della laguna, in particolare, che quest’anno è stato ristampato per la settima volta.
Le chiedo se non è strano che ci siano a Venezia poche librerie in proporzione al numero di case editrici che continua a crescere di anno in anno.
Be’, mica tanto poche…, mi risponde, sono quindici librerie in una città di nemmeno cinquantramila abitanti, tutte molto piccole.
In effetti se si pensa alla città storica, concepita per grandezza e popolazione, le librerie non sono affatto poche, si trova tutto, perché ognuna ha la sua nicchia, la sua specializzazione e addentrandoci nella conversazione mi spiegherà che c’è n’è proprio per tutti i gusti, dalla saggistica alla narrativa, da mare di carta che è nel tecnico alle due università e ancora libri rari, una nuova libreria che si occupa solo di fantasy, thriller e noir.
Rielaboro la domanda e le chiedo, dunque, delle case editrici, sono parecchio floride e ci sono molte persone in questo settore che decidono di scommettere su Venezia, nonostante le sue peculiarità.
Questo è vero, ma perché è facile fare l’editore in qualsiasi località, per farlo hai bisogno di un ufficio, di collaboratori che oggi come oggi possono lavorare anche da remoto, mentre se hai una libreria devi essere lì, sul posto, che è diverso.
Quindi per avere una casa editrice a Venezia basta una stanza – afferma con un velo di ironia – mentre avere un negozio a Venezia è una cosa un po’ più complicata, il pavimento vale come i diamanti, è una città difficile, ora abbiamo il mose, ma in questi anni non so quante volte ho dovuto tirare su tutto per evitare che mi entrasse l’acqua alta…
Ma aprendo una libreria a Venezia, il libraio non diventi anche parte identitaria della libreria e viceversa? In quanto libraia mi aspetto che lei in primis sappia rispondermi quanto la presenza del proprietario incida sull’immaginario comune della libreria.
Cristina, infatti, afferma prontamente che di certo è così, salvo le librerie che sono diventate catene, come Ubik, Giunti, Feltrinelli.
Passo quindi a chiederle come nasce l’idea di una fiera di libri a Venezia e cosa caratterizza l’operare in questa città, piuttosto che altrove.
All’inizio volevo fare una fiera di librai come, per esempio, a Bergamo, poi ho visto che i librai non rispondevano, allora ho detto: ok, facciamo una cosa di editori, salvo che alcuni librai sono anche editori, per cui, quei librai, in verità erano gli unici che avevano detto “Veniamo!”, allora mi sono decisa a fare una cosa di editoria. A quel punto l’abbiamo allargata a tutto il Veneto, perché inizialmente volevamo fare una cosa solo di Venezia, del comune di Venezia, quindi Venezia, Mestre, Marghera e piccoli editori del comune, che comunque avremmo fatto quaranta/cinquanta entità… Alla fine abbiamo deciso di fare l’editoria del Veneto, quest’anno siamo cinquanta editori, che non sono pochi, dai più piccoli ai più grandi, c’è anche Marsilio come lo scorso anno, ci fa anche piacere vedere che un editore grande si spende per venire a fare un tavolo con noi.
Ma quando nasce l’iniziativa?
Nasce durante il Covid da due miei amici, Angelo Zamprotta e Fabrizio Berger, che hanno ideato durante il Covid un’associazione che si chiama Venezia InVita – spiega il gioco semantico, in vita come dire che siamo viventi, ma anche che vi invita.
Così abbiamo fatto questa cosa che è nata l’anno scorso un po’ in velocità, una sorta di numero zero, è andata benissimo [traspare l’entusiasmo dalle sue parole] tutti gli editori sono venuti tranquillamente, anche se a Venezia è apparentemente scomodo, in più eravamo a San Francesco della Vigna, quindi dall’altra parte della città. Tutti gli editori entusiasti, sono tornati tutti in massa quest’anno e si è aggiunto anche qualcuno che l’anno scorso non era venuto.
Introduce, poi un tema importante proseguendo con il racconto:
Quindi abbiamo riscontrato anche che la città ha bisogno di queste cose, perché noi ci aspettavamo in due giorni millecinquecento o duemila lettori presenti e ne abbiamo avuti più di quattromila, abbiamo editori locali, che però hanno un carattere nazionale, che hanno dichiarato di aver venduto di più in quei due giorni che alla fiera di Torino, che dura cinque giorni e che ha milioni di ingressi.
Il pubblico evidentemente, veneziano e mestrino voglioso e bisognoso, come io ho sempre detto “i libri in campo” – slogan che ho trovato splendido- se te li porto fuori dove tu puoi arrivare liberamente, senza nemmeno fare lo scalino per entrare in libreria allora accolgo nuovi lettori e gli editori che portano le proprie novità.
Quest’anno, un po’ come a Torino, hanno anche una quindicina di presentazioni di editori nei due giorni.
Le chiedo poi, interessata, come si organizza, da zero una mostra di libri come questa.
Con leggerezza, ma determinazione
si prendono due amici pazzi, come te, vai a bere un aperitivo insieme e si dice facciamo così: la facciamo li, io noleggio i tavoli, prendiamo la barca e i volontari che pensano alla segreteria, ognuno con le proprie energie, conoscenze e professionalità, noi siamo tre professionisti, con tre percorsi diversi e ognuno ha portato qualcosa. Siamo persone pratiche, tutti e tre, comunque abituati a fare eventi e a organizzare per cui è stato facile, devo dire che non abbiamo trovato particolari ostacoli, persone che ci abbiano detto di no, che non ci siano venuti incontro… poi io dico sempre che se sei gentile e lavori bene poi ti torna.
Il romanticismo dietro all’evento si percepisce anche dalla descrizione sognante che Cristina fa dell’ingresso nei chiostri di Venezia “già quello è bello, essere lì” sottolineando la necessità di rendere un evento del genere gratuito, per rispondere alla necessità di una comunità.
Indago in ultimo, quindi, questo aspetto, mi domando e le domando se, dal punto di vista personale non ci sia, forse, una volontà di evergetismo, di voler raggiungere la collettività.
Lei, come immaginavo, afferma che ha sempre fatto tante cose su base volontaria, è stata per dieci anni presidente nazionale del sindacato librai, è ancora oggi presidente di Confesercenti del Veneto, è stata per dodici anni presidente di Confesercenti provinciale, è stata in camera di commercio in consiglio camerale
l’ho sempre fatto perché credo che fare le cose insieme in comunità sia importantissimo per la città, noi lo abbiamo fatto per la città, perché pensiamo che la città abbia bisogno di questi momenti di cultura, la diffusione della cultura e della lettura al grande pubblico, secondo me è fondamentale perché non da l’idea che nella città ci sia solo l’overtourism, ma che c’è ancora qualcuno che vuole fare cose per la città.
Così si chiude la nostra conversazione, da cui emerge chiaramente una personalità che è ben riuscita a connettere vita professionale, passioni personali e urgenze morali.
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