Un’era finisce e un’altra ne comincia. Nello sport, come in politica, infatti, non esiste il vuoto. E così, in questo fine settimana in cui mancano i campionati di calcio per via della sosta per le nazionali, si prendono la scena altri sport, a cominciare dal tennis e dal ciclismo, con la consacrazione di due protagonisti destinati a diventare leggende. Parliamo, ovviamente, di Jannik Sinner e Tadej Pogačar. Il primo, che ormai non fa più notizia, numero uno al mondo e vincitore quest’anno di due slam (gli Australian Open e gli U.S. Open), sul cemento di Shanghai ha trionfato contro il rivale Novak Đoković, ormai prossimo all’abdicazione, consacrandosi come il punto di riferimento del prossimo decennio. Solo Carlitos Alcaraz, spagnolo destinato a seguire le orme di Nadal, potrà insidiare il trono del fuoriclasse altoatesino, dando vita a una diarchia che farà stropicciare gli occhi non solo agli appassionati ma al vasto pubblico che da tempo trova nel tennis le emozioni che il calcio non è più in grado di fornirgli.
Il secondo, lo sloveno che in questo 2024 è riuscito a vincere Giro, Tour, Mondiale, Strade bianche, Liegi-Bastogne-Liegi e per la quarta volta consecutiva il Giro di Lombardia, superando persino le imprese degli anni Settanta del cannibale Eddy Merckx, non fa notizia neanche lui ma ci impressiona ancora di più. Sarà perché il ciclismo ha una sua unicità, sarà perché la sua epica è ineguagliabile, sarà perché lo sentiamo uno sport più nostro, anche se da tempo non esprimiamo più un Pantani o un Cipollini, senza scomodare i miti del passato, sarà per tutti questi motivi insieme, ma è davvero significativo assistere ai capolavori di questo fenomeno dal sapore antico, che vince in solitaria alla maniera di Coppi, non sbaglia mai una dichiarazione, non ha smarrito, almeno per il momento, umanità e gentilezza, sa ancora donare un sorriso al pubblico e una borraccia a un bambino, crede in sé stesso e in ciò che fa senza diventare arrogante e, cosa ancor più importante, sta restituendo fascino a una disciplina che doping e ipercompetizione avevano oggettivamente danneggiato.
Non è vero che non abbiano rivali all’altezza: Sinner deve vedersela col già menzionato Alcaraz, con la formidabile nidiata italiana, con il russo Medvedev e con altri talenti tutt’altro che da sottovalutare; quanto a Pogačar, il danese Vingegaard e il belga Evenenpoel non sono certo scarsi. La crudele bellezza dello sport, tuttavia, sta nel fatto che ogni epoca abbia i suoi idoli, e loro sono i massimi esponenti di una stagione triste a livello complessivo ma felicissima per quanto riguarda tennis e ciclismo. Una stagione nella quale non ci si annoia mai; anzi, si soffre, si gioisce, si ride e si piange, ci si sente nuovamente una comunità e si è felici insieme. Tutto ciò che il calcio, spiace dirlo, non è più capace di regalarci.
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