L’Italia è cresciuta in questi ultimi anni anche grazie al turismo. Il turismo, in particolare quello proveniente dall’estero è in forte espansione, con presenze di visitatori internazionali aumentate del 14 per cento rispetto al 2023, e la spesa dei turisti stranieri, nei primi mesi dell’anno, è cresciuta del venti per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un incremento che potrebbe contribuire fino al 15 per cento della variazione annua del Prodotto interno lordo italiano (Pil).
Venezia (comune) è l’ottava città in Italia in termini di Pil con un valore pari a 5,6 miliardi di euro (dati Istat 2015 elaborati dalla Cgia di Mestre, 2018). Quasi la metà (il 46 per cento) è in capo ai settori del trasporto, del commercio e del turismo. Sul fronte dell’occupazione gli addetti presenti sul territorio comunale sono circa 112.000 e oltre uno su tre è occupato nel settore del commercio e del turismo. Il settore leader per l’ occupazione è quello alberghiero e della ristorazione che dà lavoro a quasi 21.000 addetti.
Molti sono stati gli interventi compiaciuti che hanno sottolineato questi risultati positivi, che hanno trovato una recente conferma a livello provinciale nei dati Istat del 2024.
I dati economici a livello comunale non sono quanto uno studioso potrebbe sperare. Nella penuria di informazioni rileviamo che il Pil di Venezia è superiore a quello dell’altro grande comune veneto, Verona, sia in valore assoluto sia per capita e sempre per capita di quello di tutti i comuni capoluogo (ahimè i dati sono piuttosto vecchi, si riferiscono all’anno 2000). La primazia di Venezia nei valori del Pil non si riflette nel dato sul gettito tributario Irpef dove tutti gli altri capoluoghi della regione superano nettamente Venezia. Non solo, ma Venezia è ultima per eguaglianza nella distribuzione del reddito (il 73 per cento sul totale dei contribuenti ha un reddito di 26.000 €, mentre negli altri capoluoghi questa percentuale è nettamente inferiore). Che a un prodotto quindi maggiore a Venezia corrispondano un tributo Irpef minore e una più iniqua distribuzione dei redditi Irpef, fa pensare a un minore benessere per i lavoratori dipendenti e/o all’esistenza di un largo margine di evasione, legato a un’elevata occupazione in regime di lavoro precario.
Se il prodotto/reddito è la prima modalità cui di solito ci si riferisce, nel valutare l’impatto del turismo non si può prescindere dalla sua distribuzione e dall’andamento dell’occupazione. Venendo a quest’ultima osserviamo, per semplicità, cosa succede nei due comuni, Venezia e Verona: essi hanno all’incirca lo stesso numero di dipendenti privati nei settori extra agricoli e l’occupazione è cresciuta negli ultimi quindici anni in entrambi. A Verona tuttavia l’aumento è stato di sedici punti percentuali, circa undicimila dipendenti in più realizzati negli ultimi sette anni, rispetto a Venezia; l’occupazione crolla con il covid (2020, fig.1) e poi riprende, con andamento simile nei due territori.
Ovviamente le cause di questo divario, che si legge bene in fig.1, sono molteplici:
Verona fa invariabilmente meglio di Venezia nelle costruzioni, meno peggio nella manifattura.
Venendo al settore turistico (alloggio e ristorazione, secondo l’Istituto di statistica) notiamo che Venezia ha un numero di occupati più che doppio di Verona e che questo settore incide profondamente sul Pil. Guardando alla composizione degli occupati vediamo che i dati riferiti a Venezia si qualificano per un basso livello nel tipo di addetti al settore turistico, coerente con i dati fiscali appena commentati, che si materializza in tre elementi:
Il maggior numero di assunti a tempo determinato sul totale degli assunti (il 57 contro il 43 per cento a Verona in media nel periodo).
la più elevata stagionalità a Venezia, collegata alla maggiore importanza del tempo determinato, stimabile in circa tremila addetti assunti e poi licenziati nell’anno in media, il quindici per cento del complesso. La stagione turistica resta relativamente limitata a Venezia, rispetto al turismo collegato alle fiere o altre manifestazioni commerciali che caratterizza Verona.
il maggior numero di lavoratori stranieri, cittadini dell’Europa dell’Est, dell’Africa, dell’Asia centro meridionale e orientale, occupati a Venezia. La crisi legata al Covid ha indotto il settore a cambiare rapidamente la composizione della forza lavoro aumentando molto il numero di questi lavoratori che, anche negli anni successivi, continuano a costituire la maggior parte degli assunti (netti delle cessazioni) nel settore (il sessanta per cento in media, contro il quaranta per cento a Verona).
Tutto questo ci fa pensare che all’aumento così vivace del prodotto che ha attribuito a Venezia il primato a livello regionale, dovuto all’ottimo risultato del turismo, non sia corrisposto un aumento dell’occupazione qualificata, anzi la città manifesti oggi una sofferenza nei livelli di occupazione. Una situazione paradossale, considerando l’apertura di numerosi nuovi alberghi nel settore del lusso e l’ingresso in città di importanti catene internazionali. Probabilmente il fenomeno è più vasto di quanto non sia rappresentato dalle statistiche perché gli alberghi esternalizzano sempre più parti della gestione a società di servizi che cercano in tutti i modi di ridurre il costo del lavoro, e di questo non riusciamo a dar conto in modo adeguato.
Tra i diversi fattori che spiegano la peggiore performance dell’economia di Venezia in termini occupazionali a confronto con Verona, emerge la grave carenza di servizi innovativi. La differenza nel numero di lavoratori specializzati nel terziario avanzato nei due comuni ammonta a sette-ottomilaunità, variazione nel quindicennio esaminato, e questo incide significativamente sulla differenza complessiva (fig.1).
Si tratta di occupati nelle tecnologie dell’informazione, mass media, ricerca e sviluppo, consulenza, formazione, pianificazione finanziaria, blogging, progettazione e anche dell’industria dell’intrattenimento. Una conferma di questo andamento si ha dal maggior numero di dipendenti con elevato livello di istruzione a Verona (Istat Asia e Veneto Lavoro).
Sembrerebbe esserci una relazione negativa tra addetti al turismo e al terziario avanzato, anche se abbiamo notato che, nell’ultimo ventennio, il turismo è stato gestito su piattaforme all’avanguardia. Le agenzia di intermediazione sul web hanno generato una domanda derivata per servizi innovativi altamente specializzata, che tuttavia è stata sviluppata all’estero; anche le società di trasporto più innovative, ad esempio alcune compagnie aeree, che gestiscono assieme al trasporto diverse forme “di vacanza”, come ora anche Ryanair, si sono avvalse di software esteri sofisticati; lo stesso succede per il settore finanziario e per i servizi di software alberghiero (prenotazioni, management e gestione) sviluppati a livello internazionale dalle catene proprietarie degli hotel o comunque acquistati da queste e distribuiti nelle varie sedi. Ricordiamo che a Venezia circa il quaranta per cento dei posti letto alberghieri è gestito da catene internazionali che coprono la parte alta del mercato. Resta a livello locale la domanda di servizi di grado inferiore che è rappresentata dall’elevata percentuale di lavoratori meno qualificati di cui abbiamo parlato.
Una ulteriore considerazione, questa, che ci porta a dire che il settore turistico opera a Venezia come in una enclave, un territorio dove dominano interessi non locali, il cui sviluppo è il risultato di un mercato dei capitali senza vincoli, dove gli investimenti si muovono attirati da buone prospettive di guadagno, si insediano là dove trovano meno ostacoli, cambiano rapidamente obiettivo, seguono il profitto e poco lasciano sul terreno. In fondo guadagnare con il turismo non è troppo difficile: il reddito prodotto è legato al numero dei visitatori, basta aumentare il numero dei turisti – si tratta di un fenomeno mondiale – e, a parità di spesa media, cresce il reddito. Il problema è che coloro che traggono beneficio dal turismo, sfruttano le risorse primarie, legate alla specificità della città, senza concorrere, se non in minima parte, ai costi sostenuti dalla collettività per il suo mantenimento e i benefici a livello locale sono limitati.
Ci sarebbe tuttavia un grande spazio per aumentare i vantaggi che derivano dal turismo. Regolamentare i nuovi investimenti immobiliari applicando i regolamenti comunali, senza deroghe e senza chiudere gli occhi, regolare i flussi turistici, creare attorno al turismo una domanda locale di servizi positiva, molto qualificata. Dalle prenotazioni delle visite alla città storica, alla gestione informatizzata dei flussi dei turisti, dalle scelte verso la sostenibilità, alle attrezzature multimediali collegate alle opere artistiche. I flussi turistici vanno gestiti utilizzando le tecnologie della informazione e della comunicazione. In una città dove la vita risente quotidianamente dell’ “invasione turistica” c’è la necessità di utilizzare le nuove tecnologie per interfacciare comunità attente alle esigenze dei cittadini e del territorio con il governo locale. Perché il governo di Venezia accetta il turismo come una fatalità, rinunciando a gestirlo e a trarne vantaggio? Ci sono le condizioni per farlo in modo intelligente e trasparente, coinvolgendo nella gestione gli stessi cittadini.
L’articolo Industria turistica. Non è tutto oro quel che luccica proviene da ytali..