La persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista.
È il 1976 quando Carlo M. Cipolla descrive così la Quinta delle Leggi Fondamentali della Stupidità Umana. Lo fa per divertirsi, seriamente, con gli amici ai quali regala uno dei trecento volumi in edizione numerata e fuori commercio che l’editoriale dei “Mad Millers”, i mugnai pazzi aveva accettato di stampare su sua richiesta.
Fin qui siamo quasi nella leggenda. Perché quel volume diventi mito contemporaneo ci vorranno molti anni accompagnati da una storia simile ad un’avventura che solo adesso, per i settanta anni del Mulino si dipana mostrando i lati ironici, umoristici e perfino grotteschi. Della rara figura di intellettuale qual è stato Carlo M. Cipolla (1922-2000) – storico dell’economia, per un periodo anche docente a Venezia – uno dei suoi allievi, a metà degli anni Cinquanta, Giorgio Brunetti, professore emerito della Bocconi, ci ha detto:
Com’era? Algido, per definirlo in una parola. Ma noi studenti pendevamo dalle sue labbra perché ci portava in aula gli Stati Uniti, paese quasi da sogno per noi, allora.
Brunetti, ha coordinato qualche anno fa un convegno su Cipolla, seguito ad un’iniziativa del Maggio Musicale Fiorentino che aveva deciso – su idea dell’allora sovrintendente, il veneziano Cristiano Chiarot – di rappresentare un’opera sul noto lavoro dello storico pavese. E nell’introduzione al dibattito sempre Brunetti ricordava così il professore:
Ho avuto la fortuna di averlo come insegnante di storia economica, allora giovane docente. Eravamo nel 1955 e frequentavo il primo anno del Corso di Laurea in Economia e Commercio a Venezia. L’aula dagli ampi finestroni sul Canal Grande con una vista mozzafiato era a Ca’ Foscari. Il professore passeggiava per l’aula raccontando in particolare dell’America, di come i media fossero interessati alle opinioni dei professori, che intervistavano alla radio e dei quali accoglievano gli articoli. Alternava, infatti, per sei mesi l’insegnamento a Ca’ Foscari con un incarico a Berkeley in California. Non mancava di segnalarci libri di autori importanti da consultare in biblioteca. Mi ricordo che alla lavagna riportava lo schema di un economista che prevedeva per il futuro il ruolo primario dei servizi, rispetto all’industria e all’agricoltura, nell’occupazione e nella produzione di ricchezza. Quell’agricoltura che in quegli anni cominciava a passare il testimone dello sviluppo alla manifattura. Per noi giovani provinciali quelle lezioni erano un soffio di modernità e di apertura al futuro.
Ma quando Cipolla diede le leggi? Come sono andate le cose davvero lo ha spiegato, sempre in quel convegno, Ugo Berti Arnoaldi, dal 1982 editor per il Mulino casa editrice bolognese che per i settant’anni di attività ha ristampato Allegro ma non troppo, il mitico volume di Cipolla, diventato uno dei più importanti e durevoli best seller dell’editoria italiana, circa mezzo milione di copie.
Il volume contiene due saggi, quello sul ruolo del pepe nello sviluppo economico del Medievo e quello sulla stupidità umana.
Conviene prendere la storia dall’inizio – ha spiegato Arnoaldi – La prima collaborazione di Carlo Cipolla con il Mulino è datata 1971 e ha per oggetto l’introduzione all’edizione italiana di un testo della studiosa di storia economica Phyllis Deane sulla prima rivoluzione industriale uscito pochi anni prima in Inghilterra.
L’anno dopo Cipolla firma il contratto per la stampa della Storia economica dell’Europa preindustriale, testo destinato a una fortuna pressoché intramontabile.
Ma prima che il libro approdi alle librerie italiane – ha spiegato Arnoaldi qualcosa cambia fra Cipolla e il Mulino, soprattutto con il suo direttore editoriale Giovanni Evangelisti. Sono diventati amici, anzi amiconi. Il luogo di questa amicizia è Rovescala, nell’Oltrepò pavese, dove Cipolla ha una casa e dove la pattuglia del Mulino capeggiata da Evangelisti lo raggiunge periodicamente. Perché a Rovescala si mangia bene e ancor meglio si beve. Dalle lettere del tempo esala un forte e alcolico spirito goliardico. Si fa fatica immaginarsi Carlo Cipolla, questa figuretta esile ed elegante, british, darsi alle bisbocce d’osteria; ma è lecito pensare che si sia fatto espugnare dalla proverbiale espansività bolognese.
La Storia economica uscirà nel gennaio del 1974; ma qualche mese prima Cipolla chiede al Mulino di stampargli in opuscolo fuori commercio un piccolo saggio satirico che ha scritto in inglese nell’esilio americano.
Si tratta – testimonianza dell’allora giovane editor – di “Pepper, Wine (and Wool) as the Dynamic Factors of the Social and Economic Development of the Middle Ages”; sarà il primo titolo pubblicato da Cipolla al Mulino.
Il docente, come si legge nelle lettere inviate a il Mulino è felicissimo “il volumetto che avete prodotto mi è caro come non so più che cosa (27 dicembre 1973)”.
Tre anni dopo tocca a Basic Laws of Human Stupidity, pamphlet per gli amici sempre edito dai Mad Millers.
Ma qui cominciò una storia diversa, perché – diciamolo – divertirsi a spese della stupidità pare a noi tutti una garanzia di non esserlo (ma Cipolla lo contesta). Sicché – ricorda Arnoaldi – le Basic Laws fecero furore e cominciarono a circolare come un vero e proprio samizdat. Quando sei anni dopo, nel 1982, io entrai al Mulino, di queste Basic Laws si parlava già come di una cosa leggendaria che, all’interno stesso della casa editrice, solo pochi fortunati possedevano.
Più volte chiederanno a Cipolla di tradurlo in italiano. Ma lui resiste forse perché pensa che dall’inglese ad altra lingua potesse perdere il suo quid.
Poi accade una cosa – è sempre l’editor a parlare -. Nell’estate 1987 l’economista Marco Vitale scrive un articolo dove cita le Basic Laws. La citazione non passa osservata, vari gli chiedono notizie del saggetto e fra questi Marco Borsa, direttore del quotidiano economico “Italia Oggi”, che prende l’iniziativa, fa tradurre il saggio e si fa vivo con Cipolla con la proposta di pubblicarlo sul giornale. Cipolla è sulla difensiva, però intanto legge la traduzione e si indovina che le Basic Laws voltate in italiano non lo scandalizzano. Alla fine comunque nulla di fatto. Poco dopo però è lo stesso Vitale a muoversi; anche lui scrive a Cipolla, di cui è amico, chiedendogli il permesso di tradurre il saggetto e realizzarne un’edizione di 18 copie manoscritte da regalare a Natale ai componenti del consiglio di amministrazione del gruppo Arca di cui è presidente. Permesso concesso.
La strada è aperta. Il Mulino mette assieme Basic Laws e Pepper e nel novembre 1988 pubblica Allegro ma non troppo, novemila copie che parevano
una tiratura azzardata ma che in realtà – ammette Arnoaldi – hanno dato inizio a una marcia trionfale che oggi, non accenna a fermarsi e che anzi si è estesa a tre successive edizioni illustrate delle Leggi fondamentali, con i disegni di Tullio Pericoli, di Altan e di Ellekappa. Delle Leggi si sono avuti poi anche due adattamenti teatrali, nel 1994 in Francia e nel 1996, su iniziativa della Fondazione Balzan, al Piccolo di Milano dove andò in scena una lettura-spettacolo curata da Ugo Ronfani.
Per stare sulla scia del successo l’editore bolognese tenta di chiedere altri lavori di satira come quello a Cipolla, senza risultato.
Ha ricordato ancora Arnoaldi:
Una sera a Firenze, in un qualche bar vicino a Palazzo Strozzi, io stesso gli chiesi se mai pensasse a un seguito delle Leggi e lui in un mezzo sorriso rispose che avrebbe potuto scrivere un saggetto dal titolo “I rumpabal nella storia”, ma mi è rimasto il dubbio che fosse una maniera obliqua per dirmi che mi aveva prontamente iscritto in quella categoria.
Nonostante le tante traduzioni in lingue straniere per trent’anni nessun editore di lingua inglese si mostra interessati ai due testi, originariamente in inglese. Lo farà il Mulino tra il 2011 e il 2012.
Perché è accaduto questo? – si è domandato Arnoaldi al convegno toscano – Di sicuro la risposta è da cercare in uno dei tipi di stupidità studiati da Cipolla. Forse bisognerebbe inventare la subcategoria della stupidità editoriale. Là si troverebbe anche la spiegazione del perché negli anni Ottanta il giovane addetto stampa del Mulino proponesse di ristampare le Basic Laws fuori commercio come strenna natalizia per gli amici, dimostrando un fiuto editoriale disastroso, e perché quello stesso abbia deciso oggi di confessarlo.
Anche Giovanni Vigo – che ha scritto Carlo Cipolla, un viaggiatore nella storia – ha ricordato il docente pavese, uno dei suoi maestri:
Un viaggiatore nel senso più ampio del termine. Basta leggere i titoli dei suoi 114 scritti per rendersi conto che Carlo Cipolla ha viaggiato in paesi e continenti di tutto il pianeta; ha viaggiato fra i temi più disparati – dalla moneta alla tecnologia, dall’istruzione alla sanità; ha viaggiato fra le pieghe più riposte della società cogliendo aspetti inediti o che cominciavano appena a emergere. Cipolla amava ripetere ai suoi allievi che non “si impara a diventare storici rimasticando ciò che altri studiosi hanno già ruminato. Mi disse – Vigo conclude così il suo ricordo – che si era divertito un mondo a scrivere quelle pagine. Si poteva dunque scrivere di cose serie divertendosi. Ma subito aggiunse che anche nell’insegnamento si doveva far di tutto per non essere noiosi altrimenti gli studenti non imparano nulla e non si appassionano agli argomenti trattati per quanto affascinanti essi siano.
Nell’introduzione originale del 1976 alle sue Basic Laws, riportata ora nella ristampa in tiratura limitata, Cipolla scrive anche:
L’umorismo va distinto dall’ironia. Quando si fa dell’ironia si ride degli altri. Quando si fa dell’umorismo si ride con gli altri. L’ironia ingenera tensioni e conflitti. L’umorismo quando usato nella misura giusta e nel momento giusto (e se non è usato nella misura giusta e nel momento giusto non è umorismo) è il solvente per eccellenza per sgonfiare tensioni, risolvere situazioni altrimenti penose, facilitare rapporti e relazioni umane. È mia profonda convinzione quindi che ogniqualvolta si presenti l’occasione di praticare dell’umorismo sia un dovere sociale far sì che tale occasione non vada perduta.
Per questo resta indimenticabile uno dei passaggi finali quando – dopo aver parlato dei banditi, che alla fine, tutto sommato, se un po’ tutti si fosse perfetti banditi la società resterebbe in equilibro – scrive che
…quando gli stupidi si mettono all’opera la musica cambia completamente. Le persone stupide causano perdite alle altre persone senza realizzare dei vantaggi per se stessi. Ne consegue che la società intera di impoverisce.
Allegro, ma non troppo, proprio così.
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LE LEGGI
1. Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione.
2. La probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della persona stessa.
3. Una persona stupida è una persona che causa un danno a un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita.
4. Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide. In particolare i non stupidi dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, ed in qualunque circostanza, trattare e/o associarsi con individui stupidi si dimostra infallibilmente un costosissimo errore.
5. La persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista.
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