Festeggia i suoi primi cinquant’anni l’associazione Cantori Veneziani, palestra nella quale migliaia di giovani hanno potuto accostarsi alla musica. Mentre alla Galleria d’Arte Arké, a San Samuele, la pittrice americana Maggie Siner espone le sue tele che hanno per soggetto un certo numero di colleghi coristi, oggi pomeriggio nella chiesa dei Frari, i Cantori Veneziani eseguiranno la “Messa di Gloria” di Giacomo Puccini assieme al Laboratorio Orchestra Venezia (L.O.V.), il cui ricavato andrà a beneficio degli ospedali di Emergency. Per giungere, infine, al 20 dicembre, quando al Teatro Malibran è in programma una serata di festa durante la quale saranno eseguiti brani corali che rispecchiano l’attività degli ultimi dieci anni di attività associativa. Ne abbiamo parlato con Vanni Vianello, che dell’associazione è il presidente.
Credo di essere stato l’unico ad avere assistito alla nascita del Coro dei Cantori Veneziani nel 1974, dovuta all’incontro tra il Maestro Davide Liani, Mara Bortolato, allora sua giovane allieva, e il Maestro Ernesto Rubin de Cervin. Liani proveniva da esperienze europee, e l’idea che volle portare avanti era quella di fare in modo che tutti i giovani e tutti i bambini potessero avere una cultura musicale di base attraverso l’utilizzo del metodo dell’ungherese Zoltán Kodály. Liani era un grande estimatore di questa metodologia e faceva parte dell’International Kodály Society, (IKS), di cui fu presidente per un mandato. La sua idea venne condivisa dai tre e si decise di costituire un’associazione al cui interno prese vita il Coro dei Piccoli Cantori, nome voluto da Liani.
La nascita del Coro stimolò da subito molte famiglie ad avviare i propri figli al canto corale, e, grazie alla possibilità di poter usufruire di spazi messi a disposizione dal Comune e da un istituto elementare di Venezia, da quel momento cominciarono le attività. Uno dei passaggi più importanti fu il fatto che il Coro venne chiamato a collaborare con il Teatro La Fenice, sia nella stagione sinfonica che in quella lirica. Da quell’anno la collaborazione con il Teatro è rimasta quasi sempre costante.
Dal ’74?
Esattamente dal ’74. Conservo le locandine di tutte le opere e concerti che sono stati eseguiti fino ad oggi. Dopo il nucleo centrale dei Piccoli Cantori, che si allargava sempre di più, cominciò a sorgere e lentamente a costituirsi un gruppo di bambini molto piccoli, dai tre ai sei anni, che diede vita, negli anni successivi, al Corso Propedeutico. Presto ci fu la necessità di offrire una continuità ai giovani dopo gli undici anni. A tal fine, fu costituito da Mara l’attuale Coro dei Senior che è considerato un po’ la punta di eccellenza dove confluiscono i ragazzi più maturi da un punto di vista vocale: questi, insieme a una selezione dei Piccoli Cantori Veneziani, sono quelli che collaborano sia con il Teatro La Fenice, che con altre organizzazioni musicali.
Il Coro dei Cantori Veneziani vero e proprio, cioè il coro misto, nasce circa due anni dopo in maniera quasi spontanea. Allora a Venezia non esisteva una realtà corale giovanile, bensì corali storiche importanti, come per esempio il Coro Marmolada del M° Lucio Finco, il Coro Lotti del M° Paolo Camozzo e il Coro Polifonico Veneziano del M° Gianni Checchini. Ma queste realtà non riuscivano a coprire e a coinvolgere la fascia di età dei “giovani adulti”, che, pertanto, non venivano attratti da questo tipo di iniziative.
Magicamente, molti dei cantori arrivarono dai licei veneziani, intere classi di liceali, tanto che al primo concerto, che avvenne attorno al ‘75 –‘76 in Basilica ai Frari, il coro contava più di duecento elementi. Allora il nome dei Cantori Veneziani non aveva ancora visto la luce e si presentò come Coro della Fondazione Volpi di Misurata. Successivamente è stato modificato in quello di Cantori Veneziani e da lì nasce tutta la storia, che non è una storia solo di coro, ma è soprattutto una storia di Maestri. Perché non dobbiamo dimenticare che poi i Maestri seguirono le proprie strade. Davide Liani, nel 1990, dovette lasciare il Coro per impegni professionali e Mara Bortolato, che stava portando avanti la sua carriera di musicista e di ricercatrice di danze storiche, dal 1993 prese in mano le attività di tutta l’associazione. Nel frattempo, però c’erano stati vari avvicendamenti di “maestri interni”, alcuni dei quali hanno conseguito importanti carriere sia nell’ambito musicale che artistico. Le attività cominciarono veramente a intensificarsi tanto che i numeri cominciarono ad essere considerevoli.
Da un censimento effettuato dopo trent’anni di attività si può dire che ci sono stati più di quattromila iscritti in quell’arco di tempo. Oggi stimiamo che le iscrizioni si aggirano tra i 5000 e i 5500 tra bambini, ragazzi e adulti, provenienti anche da provincie limitrofe. Ciò che mi preme sottolineare è che la struttura associativa originaria ha mutato pelle, nel senso che, se nei primi venti, venticinque anni si è lavorato per consolidare l’integrità delle formazioni corali, in seguito l’intento è stato anche quello di creare delle sinergie interne tra le varie realtà, non dimenticando i principi dei Soci Fondatori che prevedevano la progressiva estensione dei principi didattici di “alfabetizzazione musicale” all’interno delle scuole. Questo è il passaggio su cui ci stiamo focalizzando maggiormente. Purtroppo, spesso si può constatare un vuoto nell’educazione musicale alla scuola primaria dove l’insegnamento della musica dipende dalla buona volontà degli insegnanti, di frequente digiuni dei principi basilari della formazione musicale. La fortuna ha voluto che, già da quattordici anni, un ridotto numero di “benefattori”, perché effettivamente di benefattori si può parlare, decise di sostenere economicamente un progetto denominato “Impararcantando – alfabetizzare attraverso il canto. Iniziammo nel 2011 su 4 classi della scuola “Renier Michiel” facente capo all’I.C. “Dante Alighieri”, grazie all’interessamento della maestra Luana Mazzoni, attuale responsabile del progetto. Attualmente l’iniziativa coinvolge venti classi: si tratta di un’ora alla settimana in orario curricolare (per tutta la durata dell’anno) in cui gli esperti esterni operano in compresenza con l’insegnante di classe, per complessive 588 ore di lezione. Stiamo parlando di più di trecento bambini che fruiscono gratuitamente di questo insegnamento grazie alla visione illuminata dei nostri mecenati.
Il mio intento, condiviso dal consiglio direttivo, è quello di proiettare l’attività dell’associazione verso il futuro, allargando le nostre possibilità di offrire agli associati esperienze che vanno oltre a quelle che possono essere le semplici lezioni di coro in vista dei concerti o dei saggi di fine anno. Per il coro dei Piccoli Cantori la collaborazione con il Teatro La Fenice è indubbiamente quella che li ha più formati.
Nuove occasioni in tal senso si sono presentate man mano durante gli anni. È recente la realizzazione della performance “Salt of the Earth” della regista Sophie Hunter dove coristi, adolescenti e adulti, hanno interagito con altri artisti eseguendo una composizione scritta per l’occasione. Oppure l’intervento di un gruppo ridotto di coristi nella miniserie televisiva “Disclaimer” del regista Alfonso Cuaròn; sono solo due esempi di scelte musicali e professionali al di là del semplice coro. Questo permette ai giovani di maturare, di crescere, di vedere realtà nuove, di sperimentare come si costruisce e sviluppa un progetto.
So che avete fatto delle tournée e delle collaborazioni internazionali.
Come gran parte delle realtà corali anche le nostre hanno avuto ed hanno tutt’oggi, la fortuna di avviare scambi culturali con realtà sia nazionali sia internazionali. Dato il forte legame della nostra associazione con la metodologia kodályana, le prime esperienze sono state realizzate con cori ungheresi fin dagli anni Ottanta. Ambedue le formazioni dei Piccoli Cantori e Cantori Veneziani si sono recati in Ungheria ospitati dalle famiglie e in tal modo hanno ricambiato l’ospitalità.
Devo dire che le esperienze di questi incontri sono, a distanza di anni, ancora nei ricordi di chi le ha vissute, tale fu l’emozione e la sorpresa di scoprire un mondo che si presentava molto diverso dal nostro. Nel tempo ne seguirono molte altre, sempre con la formula dello scambio. La più longeva, che si tramanda già da molti anni, è quella dei nostri Piccoli Cantori con la corale della città di Versailles, nota per essere specializzata nella musica barocca francese.
Ricordo, per averlo sentito con le mie orecchie, che Liani sosteneva che non esistono persone e bambini stonati, esistono persone e bambini maleducati da un punto di vista dell’utilizzo della voce. Condividi questa sua convinzione?
Certamente. Il fatto di sembrare o essere dichiarato stonato molte volte nasconde problematiche a livello fisico-emotivo. I nostri maestri sono molto attenti a questo e alcune volte invitano i genitori a rivolgersi a specialisti, quali foniatri e medici otorinolaringoiatri, per verificare che dietro un’apparente difficoltà percettiva o vocale non si nascondano patologie più complesse. Ma lo stonato è un bambino o un adulto che in realtà ha bisogno di essere educato. Stare all’interno di un coro consente la formazione individuale dell’elemento che si trova protetto all’interno del gruppo, dove trova il proprio equilibrio.
Si può dire che il fatto che un bambino partecipi a un coro ha una valenza educativa che va al di là della musica e della vocalità, tale da poter incidere sul suo carattere e sulla sua possibilità di comprendere la realtà che lo circonda? Che lo possa, in altre parole, aiutare a rapportarsi in maniera corretta con quella realtà?
Esattamente. Hai toccato un argomento che è fondamentale. Non dobbiamo vedere oppure relegare l’attività corale alla mera sfera musicale. Si tratta di un’educazione fortemente sociale e inclusiva: nel coro si impara a stare e vivere con gli altri, a rispettare gli altri e delle regole, a coordinare la propria voce con la voce degli altri. Chi frequenta un coro, stiamo parlando soprattutto di bambini, può essere aiutato a trovare una sua identità. L’identità nasce dal fatto di avere e di sviluppare la capacità di socializzare con chi sta vicino. Questo aiuta molto un bambino a superare le difficoltà che spesso vive soprattutto nell’età di passaggio attorno ai sei e dieci anni. Anche dal punto di vista scolastico, molti insegnanti nel corso di questi anni ci hanno confermato il fatto che vedevano una grande differenza tra la capacità di apprendimento e di sviluppo nei bambini che cantavano assieme rispetto ad altri che non facevano tale attività. Cantando assieme si favorisce lo sviluppo di attività trasversali, cruciali, in un momento di crescita, come l’attenzione, la concentrazione, l’autostima, le capacità comunicative, ecc.
Tu sei presidente da molto tempo e sei stato compagno di vita di Mara. Hai incominciato a prenderti carico del Coro da quando lei è mancata. Hai una formazione diversa, vieni dal mondo della banca. Come mai questa apertura a una realtà così lontana?
La prima cosa che dico quando mi confronto con musicisti è che non sono uno di loro. Li prego sempre di rivolgersi al nostro direttore artistico Diana D’Alessio qualora vogliano discutere di musica. Su questa mia apertura di certo ha influito molto il fatto che ho visto nascere questa realtà. Durante tutto il mio percorso di vita assieme a Mara, ho scoperto, grazie a lei, un mondo che non conoscevo. Naturalmente l’ho molto aiutata cercando di seguire tutta la parte amministrativa. Quando, purtroppo, dopo la sua scomparsa, è arrivato il momento di decidere cosa fare di tutto questo patrimonio di storie di vita vissuta, la prima cosa che ho fatto è stato mettere assieme le sue ultime collaboratrici.
In primis Diana D’Alessio, l’attuale direttrice, la quale è stata molto vicina a Mara nell’ultimo periodo, ma anche altre alle quali ho fatto presente che eravamo di fronte a due strade: far scomparire trent’anni di attività, o farla continuare e svilupparla prendendo in mano le redini per proiettarla verso il futuro. Tutte decisero subito che era il caso di portarla avanti.
Allora, da buon bancario, ho proposto che non mi sarei mai occupato di questioni musicali per dedicarmi solo a tenere in piedi la macchina organizzativa e amministrativa. Frequentando questo ambiente da tanto tempo, ho colto subito che gli artisti in genere, siano loro cantanti o strumentisti, sanno fare molto bene il loro lavoro, ma vivono con profonda frustrazione le questioni burocratiche. Quindi ho ben pensato di farmi carico di quest’ultime lasciando a loro la parte “artistica”.
Ho organizzato l’associazione come una piccola azienda dove ogni componente del Consiglio Direttivo ha il suo settore di competenza ma agisce in circolarità nel tenere costantemente aggiornati gli altri. È molto importante la presenza dei “volontari” che ci supportano nei vari settori.
Per il vostro mezzo secolo di attività, c’è in questi giorni a Venezia una mostra di bellissimi ritratti della pittrice americana Maggie Siner. Cosa la lega a voi, e come è nata l’idea di questa iniziativa?
Maggie è una grande conoscitrice ed estimatrice di musica, la incontravo spesso ai concerti di musica antica. Aveva già esperienze corali maturate all’estero mentre a Venezia cantava nella corale femminile delle Látomás diretta da Diana D’Alessio fin dagli anni Duemila. Una volta che questa formazione per vari motivi si sciolse, Maggie ci chiese di venire a cantare nel coro dei Cantori Veneziani.
Che voce ha, per curiosità?
Ha una voce molto bassa che le avrebbe consentito di cantare tra i contralti, ma da subito chiese di cantare con i tenori. L’idea dei ritratti è nata non dico per scherzo, ma per una sua boutade: una sera di due anni fa, mi disse che, pur cantando da molti anni in coro, ancora non aveva avuto modo di conoscere i suoi “vicini”, soprattutto chi gli stava davanti. “Vedo solo la nuca e il colore dei capelli”. Lo stesso anno lanciò l’idea di poter realizzare, proprio in occasione del cinquantennale, una mostra dedicata ai ritratti dei Cantori Veneziani. Non tutti aderirono, forse per non sottoporsi a una lunga seduta di posa. Perché Maggie realizza il quadro in tre ore, dipinge direttamente a olio sulla tela senza un disegno preparatorio. Per cui il soggetto deve rimanere il più fermo possibile in una determinata posizione affinché non cambi la luce. Lei disegna sulla luce, e alla fine delle tre ore il miracolo è che non trovi la tua immagine. Trovi il tuo essere. Non tutti si sono riconosciuti pienamente nel quadro, ma tutti ci siamo riconosciuti vicendevolmente, perché Maggie è riuscita a cogliere il momento in cui siamo arrivati per posare, con i nostri limiti e paure, con la nostra gioia o, talvolta, con la nostra infelicità. Il mio invito è di andare a vedere le sue realizzazioni perché sono veramente straordinarie. L’ idea è di portare la riproduzione di questi quadri a una piccola mostra che sarà organizzata all’interno del foyer del Teatro Malibran il giorno 20 dicembre 2024, quando si terrà il concerto per i “Cinquant’anni di attività” dell’associazione.
Il programma musicale sarà diviso in due parti. Nella prima si è deciso di eseguire alcuni brani tratti dalla produzione degli ultimi quindici anni. La seconda parte è più intima, dedicata praticamente a Mara, e prevede l’esecuzione dell’ultimo brano che lei aveva scelto e aveva deciso di realizzare ma che non ha potuto portare a termine. Si tratta della “Mass of the Children” di John Rutter, che sarà eseguita dalle formazioni dei Piccoli Cantori e Cantori Veneziani accompagnati dall’orchestra “L.O.V.- laboratorio orchestrale Venezia – diretta da Paola Fasolo. L’orchestra è attiva già da molti anni ma è entrata a far parte dell’Associazione solo nell’ultimo anno.
In questi cinquant’anni che hai vissuto e hai seguito la vita di questo complesso, quale è stato il momento più esaltante?
La realizzazione di “The Armed Man – A Mass for Peace” composta nel 1999 dal gallese Karl Jenkins, che abbiamo eseguito alla Basilica dei Frari nel giugno del 2018. Questo è stato anche il primo concerto che abbiamo dedicato alla raccolta fondi a favore di Emergency. Da quel momento, ogni anno l’associazione realizza un concerto dedicato alla raccolta di fondi per sostenere gli ospedali di Emergency. Quello è stato il momento più esaltante perché era un momento di passaggio, si parlava di guerra. Jenkins, autore vivente, mette assieme poesie e testi presi da tutte le religioni. La cantata del muezzin, i testi immortali dei Salmi, antichissimi testi indiani, ebraici, arabi, giapponesi uniti su un tema sempre attuale, mai come oggi. È stato uno dei momenti più esaltanti delle nostre esecuzioni: la fusione della potenza di questi testi in musica che esorcizza la guerra. Un movimento di questa composizione verrà eseguito nella serata del cinquantenario.
E il momento più difficile?
Quando ho dovuto decidere quale dovesse essere il mio ruolo e cosa avremmo dovuto fare. È stata una scelta di vita che mi ha aiutato a superare il momento e mi ha dato nuovi stimoli … un altro modo di essere da come avevo sempre vissuto. Il fare musica assieme ai bambini, aiutare i giovani ad esprimersi e a farli crescere è uno stimolo appagante. Oramai è una cosa che è entrata a far parte della mia vita 24 ore al giorno.
In conclusione?
L’ambizione è quella di proiettare l’associazione nel futuro in un’ottica diversa da quella che è un semplice coro. Pur mantenendo inalterato lo scopo principale e i principi di socialità e condivisione, sarà nostro impegno sostenere i progetti di alfabetizzazione musicale nelle scuole anche attraverso azioni mirate ad alfabetizzare gli insegnanti in quanto veri protagonisti della crescita emotiva dei ragazzi. In sostanza quella che è stata l’ambizione dei nostri Fondatori – offrire a tutti i bambini la possibilità di avvicinarsi alla musica attraverso il canto – ci ha portati a esportare questi dettami in ambiti solo apparentemente diversi ma in realtà strettamente connessi a sostenere la crescita dell’individuo sotto il profilo culturale e sociale.
L’articolo I cinquant’anni dei Cantori Veneziani raccontati da Vanni Vianello proviene da ytali..