Nella precedente raccolta, Gli anni, di Marco Vitale, poeta che vive a Milano ma che ha un forte ancoraggio, sia letterario che affettivo, nella Capitale, appariva evidente appunto questa doppia appartenenza culturale, che si riverberava anche nella sua poesia. Ora la sua nuova opera dal titolo La strada di Morandi, uscita in questi giorni per Passigli Editori, ci porta a dire che, almeno in questo lavoro, pare prevalere il retaggio romano, perché pervadono i versi atmosfere soffuse, elegie minute che scaturiscono da vicende umane trascurabili, cieli azzurri che riflettono la luce di mattini sul mare e crepuscoli vespertini. Nei paesaggi e negli scorci di vita che si intravedono, è forte l’influenza di un maestro novecentesco come Sandro Penna, e altrettanto significativa è la vicinanza alle esperienze della rivista Arsenale e delle Edizioni Il Labirinto, entrambe creazioni del mai dimenticato poeta romano Gianfranco Palmery. Ma essendo Marco Vitale un poeta originale, dalla marcata personalità, ciò che emerge di specifico dalla raccolta, e che subito accoglie il lettore, è la sequela incessante di incontri letterari che avvengono nei testi, un pantheon di autori e artisti contemporanei e dei secoli trascorsi che aprono dialoghi, suscitano riflessioni, richiamano mondi forse dimenticati, ma di cui sente ancora il bisogno di avere a fianco, per affrontare i flutti della contemporaneità.
di Marco Vitale
Passigli Editori, 2024
Prezzo: Euro 14,50
La strada di Morandi, un titolo ‘in minore’, come lo definisce l’acuta prefatrice Gabriella Palli Baroni, è davvero emblematico di questa raccolta; stiamo parlando di Morandi, il pittore delle nature morte, e questa strada polverosa che Vitale ci fa scorgere è quella che dovremo percorrere in un viaggio nel ‘tempo senza tempo’ della grande poesia e dell’arte sublime. Non c’è lo spazio per fare un elenco dei nomi che rivivono nei versi di Vitale, vogliamo solo citare alcune particolarità che rendono unica questa poesia, ad esempio i richiami a un secolo poco frequentato come il settecento, lo scambio reciproco di suggestioni con pittori e scultori, il dialogo continuo con il mondo classico, considerato non un reperto fossilizzato, ma al contrario una risorsa tuttora essenziale da cui potere attingere. Anche le rovine di una ‘domus fra le vigne’ o una visita a delle incisioni rupestri costituiscono il movente per un confronto tra permanenza e caducità; il poeta di fronte a queste sembianze scolorite che emergono dal passato si blocca, come se su di sé scorressero tutti gli anni che lo hanno preceduto e che lo sorpasseranno.
Il mondo fisico, la bontà
delle parole e dei tempi
c’è una virtù fatta di aria
e di nuvole sui passi
ritrovati, il tratto
fermo e lieve, il decumano
tra gli sterpi e questa luce
che ancora ci unisce
La luce unisce il poeta, che cammina fra le rovine, e chi le abitò secoli fa, quando erano una città.
Sono del resto questi i temi costanti, alla base della sua poesia: lo scorrere del tempo, la memoria, il distacco, il dialogo con gli autori e gli artisti amati, che di riflesso si trasforma in un discorso diretto al lettore. Cos’è, se non una confidenza al lettore, il brano in corsivo a fianco della poesia La souris, nel quale il poeta racconta di come si è appassionato a un quadro raffigurante una natura morta di frutta e pane, in cui compare fra il cibo, squisita stravaganza, un topolino. Una sezione è dedicata alla traduzione di poesie di autori francesi di diverse epoche: Vitale le ingloba nella silloge, come proprie maschere.
Vi è naturalmente lo spazio dedicato agli affetti, alle dediche alle amiche e agli amici che hanno condiviso esperienze e tratti di percorso insieme. Questo tema, così diffuso in poesia, può andare incontro ai rischi dell’esclusività, e di converso della chiusura nei confronti di chi non fa parte della cerchia; oppure, e questo è il caso di Vitale, può costituire un’occasione per un dialogo a tre: poeta, autore o artista richiamato, lettore, nel quale ognuno dei tre soggetti può portare il proprio contributo in termini emotivi, di esperienza personale e di scoperta, se l’autore non è conosciuto da chi legge, e sente, in maniera ineludibile, lo stimolo di andare alla ricerca di quegli influssi che tanto sono presenti in quanto è sotto ai suoi occhi. Non sfoggio di erudizione, quindi, né egotismo, ma apertura verso una comunità sempre più ampia, dove la poesia è il linguaggio comune, l’inglese dell’anima, che veicola affetto, conoscenza, rispetto per gli altri.
Dove sarà quel gatto che superbo
ci fissava silente fra le canne
fluviali e la terrazza
si avviava a un meriggio dolcissimo
di stagione? Dove sono gli amici
di quel tempo lontano che serrava
la risacca degli anni e la poesia?
Ammaliato dal gatto
taceva Dario, Enrico
travagava al pensiero degli ulivi
per le sue pagine ferite
dall’azzurro e le ombre
Quanta, ripenso, verità per quel silenzio
e in quelle pagine incantate, in quel dirsi
come la vita almeno andasse scritta
La luminosa sezione Di acque limpide e scogli, nella quale ogni verso è un calibrato e armonioso gesto di affetto verso il padre, ci conduce al cuore della sua officina, in cui iperbati e anastrofi sono gli strumenti tecnici per arrivare a una quiete, a un volgere le parole in canto, a quella dolcezza dell’anima che è più forte dell’aspro frastuono della realtà. E così la successiva La figura che stempera al mattino, in cui si aggirano presenze impalpabili, anime, angeli, che testimoniano, con la loro presenza, il calore umano che scioglie il gelo dei paesaggi, la neve vista per la prima volta a Milano. Sono figure che hanno colori tenui, che non parlano ad alta voce, anzi, è il silenzio il loro tratto caratteristico; ma ci sono, la loro esistenza è certa, basta fermarsi, ascoltarli, aprire noi stessi alla loro vita. Sono il poeta timoroso dietro le tende, il portiere di riserva di una squadra di calcio, la luce di un amore che ancora illumina la strada. Come non avvertire, in tutto questo, uno spettacolo per gli occhi della mente:
Una croda di anemoni di cardi
di silene, sassifraghe
e poi l’azzurro di Novalis, tutto
brilla per questo tratto così chiaro
di giugno e già una candida
teoria di cirri muove
nell’aperto e pare una ghirlanda
e brillano anche i nomi e si ricordano
anche i nomi e la luce
Immagine di copertina: J. M. W. Turner, Margate (circa 1830).
L’articolo Il viaggio nel tempo senza tempo proviene da ytali..