Il cambiamento climatico, certamente, in alcune zone in un’ora e mezza è piovuta tanta acqua quanta ne cade in un anno. Il governo del territorio, pure, con fiumi deviati, aree di esondazione cementificate, depressioni alluvionali diventate sedi di centri commerciali. Ma i costi umani degli alluvioni che hanno colpito domenica scorsa la Spagna, flagellando la provincia di Valencia, sembrano in gran parte determinati dal fallimento della filiera di gestione delle catastrofi naturali. A una settimana dai fatti si può affermare che la gestione dell’emergenza da parte del governo valenziano è stata una vera e propria catastrofe nella catastrofe.
Ma prima di vedere cosa è successo tocca parlare della giornata di ieri, con le proteste e i tafferugli avvenuti a durante la visita del re, Felipe VI, accompagnato dalla regina Letizia, dal presidente del governo, Pedro Sánchez, e dal presidente della Generalitat valenziana, Carlo Mazón, nel punto zero della catastrofe, Paiporta, municipio alle porte di Valencia. Anche perché le cose non sono andate come molti organi d’informazione riferiscono, parlando addirittura di “Indignados dell’alluvione”. La gente protesta, è abbandonata, esasperata, ma le violenze sono state il frutto di un azione politica di piazza organizzata dell’estrema destra spagnola.
L’esasperazione. Per capirla partiamo dal provvisorio e terribile bilancio di perdite umane. Alla sera di oggi 4 novembre i morti ufficiali sono 217 — 4 in Castiglia – León e 213 nella provincia di Valencia —, i dispersi una cifra imprecisata. Il quotidiano on-line El Diario ha pubblicato i verbali di una riunione del primo novembre del gabinetto d’emergenza in cui si parla di 2.500 denunce di sparizione pervenute al 112. Di queste, circa 600 persone sono state localizzate, tra vive e morte, i dispersi sarebbero 1.900, ma sono cifre da maneggiare con cautela, alcune telefonate potrebbero riferirsi alle stesse persone e i ritrovamenti potrebbero non essere stati comunicati alle autorità.
“Hanno dato l’allarme quando io stavo arrampicato su un fottuto albero guardando i morti che galleggiavano”, testimonia a Rtve un cittadino di Paiporta
Per ore e giorni, in alcuni casi ancora sino a ieri, i sopravvissuti sono stati lasciati soli. Senza telefoni, acqua, elettricità. Ci sono stati saccheggi, una ventina di arresti. Qualcuno ha portato via un televisore o un telefono, la maggior parte acqua, cibo e scarpe asciutte. Nessuno veniva a dargli nulla, non potevano fare altrimenti. Inizia il primo inquinamento dei pozzi da parte delle destre, accusano bande organizzate di stranieri, erano cittadini disperati. Ai ritardi della risposta delle autorità hanno reagito i volontari. A migliaia, da Valencia e da altre regioni, sono venuti facendo a piedi gli ultimi chilometri, con cibo, acqua e vestiti. Le immagini delle marce con carreli della spesa pieni di aiuti sono impressionanti e commoventi. “Solo el pueblo salva el pueblo”, la frase con cui si chiamava alla mobilitazione.
Il fango è ancora dappertutto, manca l’acqua e la luce, si temono le infezioni perché le fogne sono esplose. Il mare ha iniziato a restituire corpi, non si sa quanti siano ancora intrappolati sotto il fango, in centri commerciali, parcheggi sotterranei, garage privati, automobili. Giornalisti vicini a Vox diffondono la notizia che in un parcheggio mancano all’appello 700 biglietti di accesso, che potrebbero corrispondere a auto sepolte nel fango, a persone. È un falso, il parcheggio è gratuito e non rilascia ticket, ma questa e altre notizie fanno crescere rabbia e angoscia. In questo panorama apocalittico la gente è furiosa.
Paiporta, cittadina a meno di dieci chilometri da Valencia di circa 30 mila persone, ha avuto almeno 70 morti. La visita delle autorità è stata fatta su impulso della Casa reale, è stata probabilmente inopportuna, non era quello il momento, e molto male organizzata, anche dal punto di vista della sicurezza e dell’intelligence previa. Immediatamente arrivano le comprensibili proteste. Grida di “assassini”, lanci di fango. Qui scatta l’azione dei nazifascisti. Gruppi si fanno minacciosi, sfondano i cordoni, lanciano pietre. Sánchez viene addirittura colpito alle spalle con un bastone, la scorta applica il protocollo di sicurezza e lo porta via, la sua auto viene danneggiata a colpi di spranghe di ferro. Mazón viene protetto da Felipe VI e la scorta, Letizia viene allontanata di qualche decina di metri, circondata dalla sicurezza.
Felipe VI resta a confrontarsi con la folla, macchie di fango in viso e sui vestiti. Affronta i contestatori, parla, chiede scusa, qualche confronto si conclude in un abbraccio. Anche Letizia ascolta e consola cittadini di Paiporta. Alcuni degli interlocutori del re, però, non erano neanche di Paiporta. Estremisti, anche giovanissimi, venuti da fuori, con magliette della Legione Condor, la brigata aerea formata da volontari con mezzi forniti dalla Germania nazista durante la Guerra civile spagnola, della División Azul, i volontari franchisti che combatterono in Russia a fianco dei nazisti nella Seconda Guerra mondiale.
La gente è esasperata, vuole gridare la sua rabbia, ma le aggressioni sono dei gruppi di estrema destra organizzata che ha preso di mira il governo, il “rosso” Sánchez, a spostare l’attenzione dalle responsabilità dirette del governo di coalizione Pp – Vox. “Solo el pueblo salva el pueblo” diventa bandiera strappata e rovesciata nelle mani dell’ultra destra nazifascista spagnola.
Democracia Nacional, storica a associazione neofascista; España 2000, gruppo valenziano protagonista di pestaggi a stranieri e persone lgbti+; Desokupa, gruppo paramilitare che offre servizi a pagamento per lo sgombero degli inquilini, col leader Daniel Esteve in prima fila; Revuelta, gruppo giovanile che Vox ha usato come avanguardia nelle università; poi gli ultras del Valencia o dell’Atletico Madrid.
La sindaca di Paiporta intervistata ieri da Rtve denuncia, oltre ai ritardi negli aiuti, le infiltrazioni di violenti venuti da fuori
Hanno segnalato le visite, invitato all’azione contro il capo del governo, diffuso la falsa affermazione di Sánchez, “Se il governo valenziano ha bisogno di aiuto che lo chieda”, estrapolando una frase dal suo contesto e modificandola. Fra la gente che urlava la sua esasperazione chi ha attaccato l’auto di Pedro Sánchez era questa gente qua. Hanno raccolto aiuti anche loro, ospitati in un teatro di un’associazione di Vox.
Il presidente valenziano saluta affettuosamente Javier Negre, tra i principali diffusori di falsi sulla tragedia e dei tentativi di scaricare sul governo centrale le responsabilitè della Generalitat valenziana
Javier Negre, ex giornalista de El Mundo e noto influencer di estrema destra, con cui ieri si è calorosamente salutato Mazón, amplifica sulle reti sociali la propaganda e diffonde falsità, come quella per cui il radar dell’Aemet sarebbe fuori uso, costringendo l’Agenzia statale di meteorologia a smentire il falso.
Con lui, altri giornalisti di destra come Josué Cárdenas, diffondono la convocazione per la serata di domenica di una protesta a Madrid, sotto alla sede del Psoe.
È la fasciosfera, la rete di account, influencer e testate on-line di destra, con costruzione di falsi e bufale, termine che sembra sempre meno adatto a descrivere la pericolosità sociale che queste pratiche rappresentano.
Alvise Pérez, influencer di destra e leader di Se Acabó la Fiesta, lista che ha ottenuto tre deputati alle ultime europee, ora è coinvolto in un’indagine per finanziamento illegale e truffa nell’ambito delle criptovalute, viene apostrofato da una residente di Paiporta: “Che fai qui, non c’entri nulla, nazista di merda”
L’obiettivo è quello di spostare le responsabilità sul governo nazionale. La Unidad Valenciana de Emergencias, istituita dalla precedente giunta anche per affrontare le nuove sfide del cambio climatico, è stata chiusa su richiesta di Vox lo scorso novembre, condizione per dare i propri voti al governo di Mazón. Se il cambio climatico non esiste per la destra negazionista, queste strutture sono solo strumenti per sperperare il denaro dei contribuenti, ostacolare gli interessi immobiliari e dell’industria turistica.
Il giornalista del Guardian, Eoghan Gilmartin, conosce bene l’estrema destra spagnola. Qui disvela la presenza degli estremisti di destra
Juan Manuel Prada, crociato negazionista del cambiamento climatico, sul quotidiano monarchico Abc, appena tre giorni fa scriveva questo commento che riassume temi e modi della manipolazione di destra. Dopo aver falsamente accusato Sánchez di aver colpevolizzato le vittime per non aver ascoltato le indicazioni di protezione civile, scrive: “L’ecatombe non l’ha causata nessun cambio climatico, come pretendono questi grandissimi figli di puttana [Sic — il giornale più vicino alla Casa reale non è più quello di una volta — NdR] ma la loro incompetenza criminale. Se noi spagnoli di oggi non avessimo orzata nelle vene dovremmo impiccarli e squartarli, esponendo le spoglie nella pubblica piazza, alla mercé delle mosche e degli uccelli che si cibano di carogne, come va fatto coi tiranni”. Gli incompetenti non sarebbero il governo valenziano, ma governo, esercito, climatologi. Il richiamo alla violenza è stata una costante dei gruppi di estrema destra in preparazione della visita delle autorità dello stato, segnalando ora e luogo dell’apparizione, organizzando e compiendo gli atti di violenza.
I mezzi di comunicazione madrileni metteranno tutti i contestati nel mucchio, esalteranno il coraggio del re — vero, però tra i pochi che sono riusciti a parlare con lui, filtrati dal meccanismo di sicurezza, diciamo per casualità, c’erano leader di formazioni neonaziste che venivano da fuori — le responsabilità del presidente della Generalitat e quelle del presidente del governo verranno parificate. Sánchez, che era in viaggio ufficiale all’estero mentre avveniva la tragedia, avrebbe potuto agire con più prontezza all’inizio della tragedia ma i meccanismi di emergenza non dipendevano dal governo, in uno stato praticamente federale qual è la Spagna delle Autonomie. Le prime mosse sono sembrate pensate più per la polemica politica ma il cambio di passo è stato immediato. Valencia però rifiutava gli aiuti, come respingeva i pompieri che arrivavano con mezzi adeguati dalle autonomie vicine.
Vediamo invece cosa e come è successo. Ricostruire la cronologia delle convulse ore del disastro, restituisce un panorama desolante di inazione e sottovalutazione, a fronte di un allarme che i meteorologi comunicavano con preoccupazione già dalla settimana precedente.
Il primo annuncio dell’Aemet sulla formazione della Dana risale al 23 ottobre
La catastrofe nella catastrofe
La DANA (Depresión Aislada en Niveles Altos, Depressione isolata ad alta quota), conosciuta anche come ‘goccia fredda’, è un fenomeno meteorologico tipico del Mediterraneo. Si verifica quando una massa d’aria fredda si stacca dalla circolazione atmosferica principale, isolandosi sopra strati d’aria più calda. Questo contrasto termico favorisce la formazione di nubi temporalesche persistenti e intense, con precipitazioni concentrate su aree ristrette, che possono durare diverse ore. Il cambiamento climatico esapera questi fenomeni. Il Mediterraneo è caldo, l’evaporazione molto maggiore. La cella temporalesca su Valencia si è rigenerata per oltre nove ore. La maggior parte dei morti sono di zone in cui aveva piovuto poco o nulla. Acqua e fango che hanno rotto gli argini e travolto le cittadine provenivano da zone prossime e cricoscritte, inondate dalla pioggia.
È da mercoledì 23 che la Aemet inizia a informare su quanto stava arrivando. “Nei prossimi giorni, una sacca di aria fredda resterà isolata dalla circolazione generale, determinando la formazione di una dana. Si avvicinerà al nostro territorio con piogge e temporali a partire da sabato. Ancora incerte le zone con maggiore probabilità [di incidenza]”. Sono fenomeni erratici, capire dove si dirigeranno è molto difficile, richiedono una monitorizzazione continua per capire dove avverranno le precipitazioni.
Giovedì 24 si cominciano a definire le zone potenzialmente interessate. “Venerdì un fronte produrrà precipitazioni in ampie zone di Spagna. Nei giorni seguenti una Dana si avvicinerà al nostro territorio, con ancora grande incertezza sulla sua posizione finale. Al momento, sarebbe l’est della penisola la zona che riceverà le piogge maggiori.
Lo stesso giorno Meteored, rete di meteorologi spagnoli nata 15 anni fa e ormai presente con 25 portali in tutto il mondo, avvisava sulla dimensione del fenomeno. “La Dana che ci colpirà fra pochi giorni non è come le altre, a meteorologi e meteorologhe ci leva il sonno”, dicono esprimendo la loro preoccupazione per le dimensioni del fenomeno in formazione.
Venerdì 25 la Aemet produceva la prima nota informativa ufficiale, avvisando di “piogge molto forti e localmente persistenti, più probabili martedì 29”, ossia il giorno in cui la tragedia si consumerà.
Lo stesso giorno uno dei meteorologi della Aemet, Juan Jesús González Alemán rendeva pubblico sul suo profilo ex-Twitter il timore per quanto poi puntualmente accaduto. ” Se nei prossimi cinque giorni tutto prosegue come i modelli meteorologici prevedono, questa Dana, per le sue caratteristiche e comportamento, ha tutto il potenziale di appartenere al gruppo di quelle ad alto impatto. Che saranno ricordate sul versante mediterraneo”.
Per tutto il fine settimana l’agenzia statale ha continuato a monitorare e informare sugli sviluppi. Sabato 26, pubblica una nuova nota informativa. “Si aspettano acquazzoni molto forti senza poter scartare che raggiungano localmente intensità torrenziali, oltre a essere persistenti e accompagnati da raffiche di vento molto forti”.
Domenica 27 l’Agenzia emette un avviso speciale di fenomeni avversi a partire da lunedì 28, nel quale insiste sulla possibilità di piogge torrenziali per martedì, cominciando a definire meglio le zone potenzialmente colpite. Le comunicazione di Allerta arancione si susseguono.
Un secondo Avviso speciale viene emesso lunedì 28. “Martedì 29 è previsto il picco di questo episodio, con la massima probabilità di forti piogge e temporali intensi nell’area dello Stretto, Andalusia, Murcia, la Castiglia-La Mancia orientale e la Comunità valenziana”.
Martedì è il giorno della tragedia. Aemet emette l’Allerta rossa alle alle 7,36.
Alle 8.53, Mazón sull’ex-Twitter chiede “prudenza sulle strade” e “attenzione alle indicazioni delle autorità”, condividendo un tweet di Emergencias 112 sull’Allerta rossa che invitava a evitare di circolare in auto “se non necessario”. Le scuole e le attività lavorative non vengono interrotte.
Alle 9,20 la Aemet emette una seconda Allerta rossa. “Il pericolo è estremo!”, avvisa con tanto di punti esclamativi.
Poco più di un’ora prima, il Centro di coordinazione delle emergenze della Comunità aveva decretato il livello rosso per le piogge sul litorale meridionale di Valencia. Estendendolo poco dopo a tutto il litorale e all’interno settentrionale della provincia.
Alle 10,03 la Aemet emette una nuova Allerta rossa, avvisando del “pericolo estremo”.
Alle nove intanto si riunisce il governo valenziano ma la situazione meteo non è all’ordine del giorno. Alle 10,45 Mazón presiede a un atto in cui la Generalitat riceve la certificazione di turismo sostenibile dalla Aenor, la società di certificazione spagnola.
Altre istituzioni si muovono. Alle 11,45 l’Università di Valencia sospende le lezioni, così una ventina di scuole. La Confederazione idrografica del Jucar annuncia l’esondazione di diversi corsi d’acqua e allerta sulla situazione del Rio Magro, “con importante crescita delle acque”. Mazón è alla sede della Direzione generale della Salute a presentare la nuova strategia digitale della Sanità valenziana.
Alle 13 il presidente della Generalitat fa il suo primo intervento pubblico. Incredibilmente, senza nessun fondamento tecnico e contrariamente a quanto comunicavano l’Aemet e gli stessi servizi di emergenza regionali, in conferenza stampa annuncia che “Attorno alle 18 si prevede che diminuisca l’intensità [sulla regione]”. “Fortunatamente non c’è nessun danno materiale né allerta idrogelogica”, comunica, non si sa a quali fonti facendo riferimento. Il video viene pubblicato sul profilo ex-Twitter del presidente e cancellato attorno alla mezzanotte. Nessuna misura viene presa, scuole, attività e commerci restano aperti, la cittadinanza non viene invitata a stare al sicuro, andare ai piani alti, non uscire allo scoperto.
Alle 14,30 Aemet pubblica un terzo Avviso speciale. “Oggi si toccherà il picco di questo episodio, le maggiori probabilità di precipitazioni e temporali intensi sono attesi nell’area dello Stretto, Andalusia orientale, Murcia, Catsiglia- La Mancia e Comunità valenziana. A causa dell’intensità e della persistenza delle precipitazioni, è probabile che in queste zone si superino localmente i 150-180 mm in 12-24 ore.
Alle 14.00, la Diputación de València, l’amministrazione provinciale, manda a casa i propri impiegati. Utiel, paese al confine con la Castiglia – La Mancha, è già inondato dal Rio Magro.
La prima riunione del Centro di coordinamento operativa integrata (Cecopi) avviene alle 17,00. Nessuna misura viene ancora presa. Nel frattempo la situazione precipita. Alle 18,30 Torrent viene invasa dalle acque che travolgono più a sud Picanya, Paiporta, Benetússer, Sedaví, Massanassa y Catarroja, dove ci sarà la maggior parte delle vittime.
Alle 19,00 viene interrotta la linea ferroviaria che collega Valencia con Madrid. Pochi minuti dopo El Magro inonda Carlet y Algemesí. Migliaia di persone restano intrappolate in auto sulla circonvallazione di Valencia e nei centri commerciali di Horta sud. Le tenebre sono ormai calate e la luce comincia a mancare. Le acque del canalone del Poyo travolgono un ponte a Picanya.
L’allerta sui cellulari viene mandata dal governo regionale solo alle 20,12, quando acqua e fango avevano già da ore travolto le persone. Il messaggio informa di “forti piogge” e invita “come misura preventiva a evitare gli spostamenti”. Una prevenzione tardiva, moltissime persone, spaventate dalla situazione, già tentano di allontanarsi dalle zone colpite. Garage e vetture, colpite dalle ondate di fango e detriti, saranno trappole mortali. Un’altra allerta viene emessa il giorno dopo.
In molti si chiedono perché il governo o il re non sono intervenuti, perché non lo ha fatto subito l’esercito. Domande comprensibili ma che, calate nel contesto reale delle norme spagnole, diventano fuorvianti.
Il governo non può intervenire in nessuna occasione scavalcando le autorità locali, men che mai inviando militari a meno che non vengano richiesti dalle autorità locali. Può decretare l’emergenza ma decide di non farlo. Ci sono precedenti che spiegano la scelta. Lo Stato d’allarme che decretava il confinamento per il Covid incontrò il forte contrasto dei partiti di destra. Applicava lo specifico articolo della costituzione sulle emergenze sanitarie eppure la Corte costituzionale, cui le destre si sono rivolte, ha emesso una sentenza di condanna del governo, cancellando le sanzioni emesse in quei giorni. La Corte non è come la nostra, maggiormente controllata dai partiti politici allora era controllata dalla destra, inoltre il governo Rajoy l’aveva riformata snaturandone in parte il ruolo.
Quello che non si riesce a capire sono le motivazioni dell’inazione e della sottovalutazione del governo valenziano. Lo smantellamento dell’Unidad Valenciana de Emergencias, il 29 novembre 2023, certamente ha contato ma non basta. Si approssimava un ponte di tre giorni, il turismo è fondamentale nell’economia della regione. Questo può avere avuto un ruolo. In occasioni precedenti le Allerte rosse dell’Aemet sono state duramente criticate. Commentatori, esponenti politici, hanno denunciato le conseguenze sull’economia di quegli allarmi. Ancora poche ore fa il deputato del Pp Rafael Hernando ha attaccato l’Aemet e le sue allerte.
L’azione inquinante è andata avanti per tutta la settimana. Le politiche europee di ripristino degli spazi naturali vengono definite responsabili della tragedia, viene evocato l’abbattimento di dighe, mai avvenuto, che avrebbero evitato la catastrofe, si incolpa il cloud seeding del Marocco — il rilascio di nitrato d’argento per stimolare le precipitazioni, pratica localmente e temporalmente ristretta — di aver determinato le piogge. Si inquinano i pozzi, si diffonde disinformazione, complottismo, menzogne e odio. Lo pseudo sindacato Manos limpias, dietro anche alle denunce della moglie di Sánchez, Begoña Gómez, ha denunciato la Aemet valenziana per omicidio colposo.
In Spagna c’è una rete nazifascista e trumpista, coccolata dalla destra istituzionale, con influencer, testate on-line che hanno un sacco di soldi in pubblicità istituzionale da parte di amministrazioni di destra. Seminano odio, complottismo e segnalano persone e associazioni non di destra. Magistratura e polizia sono indulgenti, quando non prossimi. Una vera rete eversiva pronta a attivarsi in ogni occasione, qui lo ha fatto per difendere il potere di Pp e Vox a Valencia e attaccare il governo nazionale “rosso e traditore”. Muoversi nella rabbia e nella disperazione è stato facile.
Lo spiega Vicente López, della Fondazione Primo Maggio del sindacato Comitatos Obreros, da Picanya, paese della Huerta sud, una delle zone più colpite della provincia di Valencia, intervenendo in un gruppo Whatsapp promosso dalla rivista Contexto, che ci autorizza a riportare le sue parole.
“Sono stato due giorni levando il fango. Poco più di 40 anni fa ho fatto lo stesso dopo l’esondazione del pantano di Tues [altro disastro che i negazionisti usano oggi per negare il cambio climatico — NdR]. La stessa tragedia ma con meno auto per le strade. La stessa sensazione: tristezza, impotenza e disperazione. La popolazione è in stato di shock. La sua unica preoccupazione è levare il fango e tornare a una normalità che non sarà mai più la stessa, soprattutto se hai perso qualcuno, e che sembra molto lontana. Ma l’angoscia ha sempre bisogno di trovare colpevoli, non capisce i tempi burocratici e politici. Nessuno avvisò di cosa si avvicinava, gli aiuti sarebbero dovuti arrivare prima, i volontari sono meravigliosi ma serve qualcosa di più. Dove sono ancora la polizia, i pompieri, l’esercito? Dall’angoscia all’ira, dal dolore al patibolo. Nella società della tirannia individuale e digitale, la violenza ideologica e il negazionismo della ragione, l’estrema destra e il fascismo si muovono come pesci nell’acqua, hanno risposte veloci e contundenti per fomentare il vittimismo: la colpa è di Pedro [Sánchez], il pubblico non serve a nulla, gli scienziati non hanno avvisato. La sinistra, invece, piena di complessi, ambiguità, sensibilità governativa, equilibri e controllo dell’agenda e dei tempi, diventa inoperante e disperante. Dovrebbe dire la verità dei fatti accaduti e di quelli che accadranno. Bisogna chiedere di assumersi le responsabilità politiche e smascherare (per chi voglia sentirlo) una destra più o meno estrema che ogni volta al potere fomenta corruzione dimostrando disprezzo assoluto per la vita e il benessere delle persone e le classi subalterne, oggi con la Dana, ieri col Covid o l’11 settembre (le stragi islamiste di Madrid del 2004 — NdR]”.
La visita è stata una scelta criticabile da parte della casa reale. Dopo le polemiche iniziali l’intenzione era quella di dare il segno dell’unità delle istituzioni. La preparazione è stata comunque deficitaria. Come sia possibile che i servizi non abbiano visto cosa stava preparando l’estrema destra, non si riesce a capire, visto che la rete, e i gruppi che ne monitorano l’attività, segnalavano in tempo reale i fake e i richiami alla violenza. Né come abbiano filtrato “la cittadinanza” cui veniva consentito di interloquire col re. Podemos dice che l’emergenza nazionale si sarebbe dovuta decretare subito. Sumar ritiene grave l’iniziativa della visita. Nel frattempo anche Mazón cambia nuovamente strategia. Dopo aver inscenato la collaborazione col governo, ora attacca l’Aemet, accusandola di non aver avvisato a dovere, e i comandi militari, i quali per costituzione non possono intervenire senza l’esplicita richiesta delle autonomie, e chiede la proclamazione dell’emergenza nazionale, lasciando nelle mani del governo ogni responsabilità. Vox dice che “ci sono molti responsabili ma un solo colpevole, il presidente del governo Pedro Sánchez”. E mette a disposizione degli indagati per i disturbi il suo ufficio legale.
Ma la vicenda è anche un campanello d’allarme. La capacità di mobilitazione dei gruppi nazifascisti, i loro legami istituzionali, le risorse economiche e l’agibilità ai limiti dell’impunità che settori delle forze di sicurezza e della magistratura gli garantiscono, sono un pericolo reale. Costituiscono una rete in grado di attivarsi rapidamente. Oramai anche la Casa reale è nel mirino di alcuni di questi gruppi, soprattutto quelli di tendenza carlista, che si contrappone agli alfonsisti, la corrente vittoriosa nella faida tra i Borboni che appoggiò Juan Carlos quando Franco gli diede la corona. E le nuove entità che si riferiscono all’internazionale nera — che va da Trump a Orban a Bolsonaro, passando per i seguaci putiniani — ancor meno sono sensibili all’autorità monarchica. Le reti sociali, dove ormai risiede gran parte del dibattito pubblico delle società contemporanee, in testa l’ex-Twitter di Elon Musk, ne consentono e favoriscono propagande e disinformazione.
Per sabato prossimo i movimenti sociali e le organizzazioni di residenti della Comunità valenziana hanno organizzato una manifestazione per chiedere le dimissioni di Mazón. Il controllo per evitare le infiltrazioni di destra si annuncia serrato. Gruppi di destra ne hanno convocata una per il 15.
[Immagine di anteprima, il re e la regina parlano coi cittadini di Paiporta macchiati del fango lanciato nelle proteste]
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