Jimmy Carter tenne un discorso televisivo, di cui pubblichiamo la trascrizione in italiano, il 15 luglio 1979, in un periodo critico per gli Stati Uniti, alle prese con una grave crisi energetica. Il discorso ruotava intorno alla denuncia, da parte del presidente statunitense, di una “crisis of confidence”., “una crisi di fiducia” da parte degli americani verso le istituzioni ma anche nei confronti delle loro stesse capacità di reazione. Fu anche etichettato come il discorso del “malessere”, il “malaise speech”. Riascoltarlo, e ancor di più rileggerlo, nel giorno della sua morte, sembra il modo migliore per ricordare un presidente non solo sottovalutato, ma spesso anche denigrato e perfino deriso, dagli avversari ma anche in ambienti progressisti, per avere sostenuto pubblicamente scomode verità e aver consigliato risposte coraggiose alla crisi che, appunto, non era solo energetica, ma anche morale politica. La stessa che vive oggi l’America.
Buonasera. Questa è una serata speciale per me. Esattamente tre anni fa, il 15 luglio 1976, accettai la candidatura del mio partito per la presidenza degli Stati Uniti.
Vi avevo promesso un presidente che non fosse isolato dal popolo, che sentisse le vostre angustie, che condividesse i vostri sogni e che traesse da voi forza e saggezza.
Negli ultimi tre anni vi ho parlato in molte occasioni delle preoccupazioni che assillano la nazione, della crisi energetica, della riorganizzazione del governo, dell’economia della nostra nazione e di questioni di guerra e soprattutto di pace. Ma negli anni i temi al centro dei discorsi, dei colloqui e delle conferenze stampa si sono andati restringendo, sempre più focalizzati su ciò che il mondo isolato di Washington ritiene importante. A poco a poco, avete sentito sempre di più parlare di ciò che il governo pensa o di ciò che il governo dovrebbe fare e sempre meno delle speranze della nostra nazione, dei nostri sogni e della nostra visione del futuro.
Dieci giorni fa avevo programmato di parlarvi di nuovo di un argomento molto importante: l’energia. Per la quinta volta avrei descritto l’urgenza del problema e avrei esposto una serie di raccomandazioni legislative al Congresso. Ma mentre mi preparavo a parlare, ho iniziato a pormi la stessa domanda che ora so essere stata fonte di preoccupazione per molti di voi. Perché non siamo stati in grado di unirci come nazione per risolvere il nostro grave problema energetico?
È chiaro che i veri problemi della nostra nazione sono molto più profondi, più profondi delle file per la benzina o della carenza di energia, più profondi persino dell’inflazione o della recessione. E mi rendo conto più che mai che come presidente ho bisogno del vostro aiuto. Così ho deciso di tendere la mano e ascoltare le voci dell’America.
Ho invitato a Camp David persone provenienti da quasi ogni segmento della nostra società: imprenditori e lavoratori, insegnanti e pastori, governatori, sindaci e cittadini privati. E poi ho lasciato Camp David per ascoltare altri americani, uomini e donne come voi.
Sono stati dieci giorni straordinari e voglio condividere con voi ciò che ho sentito. Prima di tutto, ho ricevuto tanti consigli personali. Consentitemi di citare alcuni dei commenti tipici di cui ho preso nota.
Questo da un governatore del sud: “Signor Presidente, Lei non sta guidando questa nazione, sta solo gestendo il governo”.
“Non vede più come lei dovrebbe la gente”.
“Alcuni dei membri del suo gabinetto non sembrano leali. Non c’è abbastanza disciplina tra i suoi collaboratori”.
“Non parlateci di politica o di meccanismi di governo, ma di comprensione del nostro bene comune.”
“Signor Presidente, siamo nei guai. Parlateci di sangue, sudore e lacrime.”
“Se Lei guida, signor Presidente, noi la seguiremo.”
Molte persone hanno parlato di sé e delle condizioni della nostra nazione.
Questo da una giovane donna della Pennsylvania: “Sento molto distante da me il governo. Mi sento come se le persone comuni fossero escluse dal potere politico”.
E questo da un giovane chicano: “Alcuni di noi hanno sofferto per la recessione tutta la vita”.
“C’ chi ha sprecato energia, ma c’ anche chi non ha avuto nulla da sprecare”.
E questo da un leader religioso: “Nessuna carenza di tipo materiale può prevalere su cose importanti come l’amore di Dio per noi o il nostro amore reciproco”.
E mi piace particolarmente questo commento di una donna di colore che è anche sindaco di una piccola città del Mississippi: “I papaveri, non sono solo loro a essere importanti. Ricordi, non puoi vendere nulla a Wall Street a meno che qualcuno non l’abbia scovato prima da qualche altra parte”.
Questo, invece, riassume un sacco di altre affermazioni: “Signor Presidente, ci troviamo di fronte a una crisi morale e spirituale”.
Molte delle nostre discussioni hanno riguardavato l’energia e, a questo proposito, ho un quaderno pieno di commenti e consigli. Ne leggerò solo alcuni.
“Non possiamo continuare a consumare il quaranta per cento in più di energia di quella che produciamo. Quando importiamo petrolio importiamo anche inflazione più disoccupazione.”
“Dobbiamo usare ciò che abbiamo. Il Medio Oriente ha solo il cinque per cento dell’energia mondiale, ma gli Stati Uniti ne hanno il 24 percento.”
E questa è una delle affermazioni più vivide: “Il nostro collo è teso oltre la recinzione e l’OPEC tiene il coltello per il manico”.
“Ci saranno altri cartelli e altre carenze. La saggezza e il coraggio degli americani in questo momento possono tracciare una strada da seguire in futuro”.
Questa è buona: “Sii audace, signor Presidente. Potremmo commettere errori, ma siamo pronti a sperimentare”.
E questa affermazione di un leader sindacale arriva al nocciolo della questione: “Il vero problema è la libertà. Dobbiamo affrontare il problema energetico su un piede di guerra”.
E l’ultima che ora vi leggo: “Quando entreremo nell’equivalente morale della guerra, signor Presidente, non ci dia pistole ad aria compressa”.
Questi dieci giorni hanno confermato la mia convinzione sulla decenza, la forza e la saggezza del popolo americano, ma hanno anche confermato alcune delle mie preoccupazioni di lunga data sui problemi di fondo della nostra nazione.
So, naturalmente, essendo presidente, che le azioni e le leggi del governo possono essere molto importanti. Ecco perché ho lavorato duramente per trasformare le promesse della mia campagna in legge, anche se, devo ammettere, con scarso successo. Ma dopo aver ascoltato il popolo americano, mi sono ricordato ancora una volta che tutta la legislazione del mondo non può risolvere ciò che non va in America. Quindi, voglio parlarvi innanzitutto, stasera, di un argomento ancora più serio dell’energia o dell’inflazione. Voglio parlarvi subito di una minaccia fondamentale alla democrazia americana.
Non mi riferisco alle nostre libertà politiche e civili. Resisteranno. E non mi riferisco alla forza verso l’esterno dell’America, una nazione che è in pace, mentre vi parlo, ovunque nel mondo, con un potere economico e una potenza militare senza pari.
La minaccia è quasi invisibile nei modi ordinari. È una crisi di fiducia. È una crisi che colpisce il cuore, l’anima e lo spirito della nostra volontà nazionale. Possiamo vedere questa crisi nel crescente dubbio sul significato delle nostre vite e nella perdita di un’unità di intenti per la nostra nazione.
L’erosione della nostra fiducia nel futuro minaccia di distruggere il tessuto sociale e politico dell’America.
La fiducia che abbiamo sempre avuto come popolo non è semplicemente un sogno romantico o un proverbio in un libro polveroso che leggiamo solo il 4 luglio.
È l’idea che ha fondato la nostra nazione e ha guidato il nostro sviluppo come popolo. La fiducia nel futuro ha sostenuto tutto il resto: istituzioni pubbliche e imprese private, le nostre famiglie e la stessa Costituzione degli Stati Uniti. La fiducia ha definito il nostro corso e ha fatto da collegamento tra le generazioni. Abbiamo sempre creduto in qualcosa chiamato progresso. Abbiamo sempre avuto fede che i giorni dei nostri figli sarebbero stati migliori dei nostri.
Il nostro popolo sta perdendo quella fede, non solo nei confronti del governo in sé, ma nella sua stessa capacità, in quanto cittadini, di agire come governanti e plasmatori ultimi della nostra democrazia. Come popolo, conosciamo il nostro passato e ne siamo orgogliosi. Il nostro progresso è stato parte della storia vivente dell’America, persino del mondo. Abbiamo sempre creduto di essere parte di un grande movimento dell’umanità stessa chiamato democrazia, coinvolto nella ricerca della libertà, e questa convinzione ci ha sempre rafforzato nel nostro scopo. Ma proprio come stiamo perdendo la nostra fiducia nel futuro, stiamo anche iniziando a chiudere la porta al nostro passato.
In una nazione che era orgogliosa del duro lavoro, delle famiglie forti, delle comunità unite e della nostra fede in Dio, troppi di noi ora tendono ad adorare l’autoindulgenza e il consumo. L’identità umana non è più definita da ciò che si fa, ma da ciò che si possiede. Ma abbiamo scoperto che possedere cose e consumare cose non soddisfa il nostro desiderio di significato. Abbiamo imparato che accumulare beni materiali non può colmare il vuoto di vite che non hanno fiducia o scopo.
I sintomi di questa crisi dello spirito americano sono ovunque intorno a noi. Per la prima volta nella storia del nostro paese, la maggioranza della nostra gente crede che i prossimi cinque anni saranno peggiori dei cinque anni passati. Due terzi della nostra gente non vota nemmeno. La produttività dei lavoratori americani sta effettivamente calando e la volontà degli americani di risparmiare per il futuro è scesa al di sotto di quella di tutte le altre persone nel mondo occidentale.
Come sapete, c’è una crescente mancanza di rispetto per il governo, per le chiese, per le scuole, i media e altre istituzioni. Questo non è un messaggio di felicità o rassicurazione, ma è la verità ed è un avvertimento.
Questi cambiamenti non sono avvenuti da un giorno all’altro. Ci sono piombati addosso gradualmente nell’ultima generazione, anni pieni di shock e tragedie.
Eravamo sicuri che la nostra fosse una nazione di schede elettorali, non di proiettili, fino agli omicidi di John Kennedy, Robert Kennedy e Martin Luther King Jr. Ci è stato insegnato che i nostri eserciti erano sempre invincibili e le nostre cause erano sempre giuste, solo per subire l’agonia del Vietnam. Abbiamo rispettato la presidenza come un posto d’onore fino allo shock del Watergate.
Ricordiamo quando la frase “solido come un dollaro” era un’espressione di assoluta affidabilità, finché dieci anni di inflazione non hanno iniziato a ridurre il nostro dollaro e i nostri risparmi. Abbiamo creduto che le risorse della nostra nazione fossero illimitate fino al 1973, quando abbiamo dovuto affrontare una crescente dipendenza dal petrolio straniero.
Queste ferite sono ancora molto profonde. Non sono mai state guarite. Cercando una via d’uscita da questa crisi, la nostra gente si è rivolta al governo federale e l’ha trovato isolato dal flusso principale della vita della nostra nazione. Washington, D.C., è diventata un’isola. Il divario tra i nostri cittadini e il nostro governo non è mai stato così ampio. La gente cerca risposte oneste, non risposte facili; una leadership chiara, non false ed evasive affermazioni, la politica come al solito.
Ciò che vedi troppo spesso a Washington e altrove nel paese è un sistema di governo che sembra incapace di agire. Vedi un Congresso distorto e tirato in ogni direzione da centinaia di interessi speciali ben finanziati e potenti. Vedi ogni posizione estrema difesa fino all’ultimo voto, quasi fino all’ultimo respiro da un gruppo inflessibile o da un altro. Spesso vedi un approccio equilibrato e giusto che richiede sacrificio, un piccolo sacrificio da parte di tutti, abbandonato come un orfano senza sostegno e senza amici.
Spesso vedi paralisi, stagnazione e deriva. Non vi piace, nemmeno a me piace. Cosa possiamo fare?
Prima di tutto, dobbiamo affrontare la verità, e poi possiamo cambiare rotta. Dobbiamo semplicemente avere fiducia l’uno nell’altro, fiducia nella nostra capacità di governare noi stessi e fiducia nel futuro di questa nazione. Ridare quella fiducia e quella sicurezza all’America è ora il compito più importante che dobbiamo affrontare. È una vera sfida per questa generazione di americani.
Uno dei visitatori di Camp David la scorsa settimana l’ha detto in questo modo: “Dobbiamo smettere di piangere e iniziare a sudare, smettere di parlare e iniziare a camminare, smettere di imprecare e iniziare a pregare. La forza di cui abbiamo bisogno non verrà dalla Casa Bianca, ma da ogni casa in America”.
Conosciamo la forza dell’America. Siamo forti. Possiamo riconquistare la nostra unità. Possiamo riconquistare la nostra fiducia. Siamo gli eredi di generazioni che sono sopravvissute a minacce molto più potenti e terrificanti di quelle che ci sfidano ora. I nostri padri e madri erano uomini e donne forti che hanno plasmato una nuova società durante la Grande Depressione, che hanno combattuto guerre mondiali e che hanno scolpito una nuova carta di pace per il mondo.
Noi stessi siamo gli stessi americani che solo dieci anni fa hanno mandato un uomo sulla Luna. Siamo la generazione che ha dedicato la nostra società alla ricerca dei diritti umani e dell’uguaglianza. E siamo la generazione che vincerà la guerra sul problema energetico e in quel processo ricostruirà l’unità e la fiducia dell’America.
Siamo a un punto di svolta nella nostra storia. Ci sono due strade da scegliere. Uno è un percorso di cui ho parlato stasera, il percorso che porta alla frammentazione e all’interesse personale. Lungo quella strada si nasconde un’idea sbagliata di libertà, il diritto di afferrare per noi stessi qualche vantaggio sugli altri. Quel percorso sarebbe un conflitto costante tra interessi ristretti che finiscono nel caos e nell’immobilità. È una strada certa verso il fallimento.
Tutte le tradizioni del nostro passato, tutte le lezioni del nostro retaggio, tutte le promesse del nostro futuro indicano un altro percorso, il percorso dello scopo comune e del ripristino dei valori americani. Quel percorso conduce alla vera libertà per la nostra nazione e per noi stessi. Possiamo fare i primi passi su quel percorso mentre iniziamo a risolvere il nostro problema energetico.
L’energia sarà la prova immediata della nostra capacità di unire questa nazione, e può anche essere lo standard attorno al quale ci raduniamo. Sul campo di battaglia dell’energia possiamo conquistare per la nostra nazione una nuova fiducia, e possiamo riprendere il controllo del nostro destino comune.
In poco più di due decenni siamo passati da una posizione di indipendenza energetica a una in cui quasi metà del petrolio che utilizziamo proviene da paesi stranieri, a prezzi alle stelle. La nostra eccessiva dipendenza dall’OPEC ha già avuto un impatto enorme sulla nostra economia e sulla nostra gente. Questa è la causa diretta delle lunghe file che hanno fatto trascorrere a milioni di voi ore estenuanti in attesa della benzina. È una causa dell’aumento dell’inflazione e della disoccupazione che ora affrontiamo. Questa intollerabile dipendenza dal petrolio straniero minaccia la nostra indipendenza economica e la sicurezza stessa della nostra nazione. La crisi energetica è reale. È mondiale. È un pericolo chiaro e presente per la nostra nazione. Questi sono fatti e dobbiamo semplicemente affrontarli.
Ciò che ho da dirvi ora sull’energia è semplice e di vitale importanza.
Punto uno: stasera stabilisco un obiettivo chiaro per la politica energetica degli Stati Uniti. Da questo momento in poi, questa nazione non utilizzerà petrolio straniero più di quanto ne abbiamo fatto nel 1977, mai. D’ora in poi, ogni nuova aggiunta alla nostra domanda di energia sarà soddisfatta dalla nostra stessa produzione interna e dal nostro stesso risparmio. La crescita della nostra dipendenza – nel corso della prossima generazione – dal petrolio straniero sarà fermata di colpo in questo momento e poi invertita mentre ci spostiamo negli anni Ottanta, perché stasera stabilisco l’ulteriore obiettivo di ridurre della metà la nostra dipendenza dal petrolio straniero entro la fine del prossimo decennio, con un risparmio di oltre 4 milioni e mezzo di barili di petrolio importato al giorno.
Punto due: per garantire che raggiungiamo questi obiettivi, userò la mia autorità presidenziale per stabilire quote di importazione. Annuncio stasera che per il 1979 e il 1980 proibirò l’ingresso in questo paese di una goccia di petrolio straniero in più rispetto a quanto consentito da questi obiettivi. Queste quote garantiranno una riduzione delle importazioni anche al di sotto dei livelli ambiziosi che abbiamo fissato al recente summit di Tokyo.
Punto tre: per darci sicurezza energetica, chiedo il più massiccio impegno di fondi e risorse in tempo di pace nella storia della nostra nazione per sviluppare le fonti alternative di combustibile americane, dal carbone, dallo scisto bituminoso, dai prodotti vegetali per il gasolio, dal gas non convenzionale, dal sole.
Propongo la creazione di una società per la sicurezza energetica che guidi questo sforzo per sostituire due milioni e mezzo di barili di petrolio importato al giorno entro il 1990. La società emetterà fino a cinque miliardi di dollari in obbligazioni energetiche e voglio soprattutto che siano di piccolo taglio in modo che gli americani medi possano investire direttamente nella sicurezza energetica americana.
Proprio come un’impresa di gomma sintetica ci ha aiutato a vincere la seconda guerra mondiale, così mobiliteremo la determinazione e la capacità americana per vincere la guerra energetica. Inoltre, presenterò presto al Congresso una legge che chiede la creazione della prima banca solare di questa nazione, che ci aiuterà a raggiungere l’obiettivo cruciale del venti per cento della nostra energia proveniente dall’energia solare entro l’anno 2000.
Questi sforzi costeranno soldi, molti soldi, ed è per questo che il Congresso deve promulgare senza indugio la tassa sui profitti straordinari. Saranno soldi ben spesi. A differenza dei miliardi di dollari che spediamo all’estero per pagare il petrolio estero, questi fondi saranno pagati dagli americani agli americani. Questi fondi saranno utilizzati per combattere, non per aumentare, l’inflazione e la disoccupazione.
Punto quattro: chiedo al Congresso di imporre, di richiedere come legge, che le aziende di servizi della nostra nazione riducano il loro massiccio utilizzo di petrolio del cinquanta per cento entro il prossimo decennio e passino ad altri combustibili, in particolare il carbone, la nostra fonte energetica più abbondante.
Punto cinque: per essere assolutamente certi che nulla ostacoli il raggiungimento di questi obiettivi, solleciterò il Congresso a creare un comitato di mobilitazione energetica che, come il War Production Board nella seconda guerra mondiale, avrà la responsabilità e l’autorità di tagliare la burocrazia, i ritardi e gli infiniti ostacoli al completamento di progetti energetici chiave.
Proteggeremo il nostro ambiente. Ma quando questa nazione avrà un bisogno critico di una raffineria o di un oleodotto, lo costruiremo.
Punto sei: propongo un audace programma di stoccaggio per coinvolgere ogni stato, contea e città e ogni americano medio nella nostra battaglia energetica. Questo sforzo vi consentirà di integrare la conservazione nelle vostre case e nelle vostre vite a un costo che potete permettervi.
Chiedo al Congresso di darmi l’autorità per lo stoccaggio obbligatorio e per il razionamento della benzina di riserva. Per conservare ulteriormente l’energia, stasera propongo dieci miliardi di dollari in più nel prossimo decennio per rafforzare i nostri sistemi di trasporto pubblico. E vi chiedo per il vostro bene e per la sicurezza della vostra nazione di non fare viaggi inutili, di usare il carpooling o i trasporti pubblici ogni volta che potete, di parcheggiare la vostra auto un giorno in più alla settimana, di rispettare i limiti di velocità e di impostare i vostri termostati per risparmiare carburante. Ogni atto di risparmio energetico come questo è più che semplice buon senso: vi dico che è un atto di patriottismo.
La nostra nazione deve essere equa con i più poveri tra noi, quindi aumenteremo gli aiuti agli americani bisognosi per far fronte all’aumento dei prezzi dell’energia. Spesso pensiamo al risparmio solo in termini di sacrificio. In realtà, è il modo più indolore e immediato per ricostruire la forza della nostra nazione. Ogni gallone di petrolio che ognuno di noi risparmia è una nuova forma di produzione. Ci dà più libertà, più sicurezza, molto più controllo sulle nostre vite.
Quindi, la soluzione della nostra crisi energetica può anche aiutarci a superare la crisi dello spirito nel nostro paese. Può riaccendere il nostro senso di unità, la nostra fiducia nel futuro e dare alla nostra nazione e a tutti noi individualmente un nuovo senso di scopo.
Sapete che possiamo farcela. Abbiamo le risorse naturali. Abbiamo più petrolio nel nostro scisto solo di diverse Arabia Saudita. Abbiamo più carbone di qualsiasi nazione sulla Terra. Abbiamo il più alto livello di tecnologia al mondo. Abbiamo la forza lavoro più qualificata, con genio innovativo, e credo fermamente che abbiamo la volontà nazionale di vincere questa guerra.
Non vi prometto che questa lotta per la libertà sarà facile. Non vi prometto una rapida via d’uscita dai problemi della nostra nazione, quando la verità è che l’unica via d’uscita è uno sforzo totale. Ciò che vi prometto è che guiderò la nostra lotta, e farò rispettare l’equità nella nostra lotta, e assicurerò l’onestà. E soprattutto, agirò. Possiamo gestire le carenze a breve termine in modo più efficace e lo faremo, ma non ci sono soluzioni a breve termine per i nostri problemi a lungo termine. Semplicemente non c’è modo di evitare sacrifici.
Tra dodici ore parlerò di nuovo a Kansas City, per espandere e spiegare ulteriormente il nostro programma energetico. Proprio come la ricerca di soluzioni alle nostre carenze energetiche ci ha ora portato a una nuova consapevolezza dei problemi più profondi della nostra nazione, così la nostra volontà di lavorare per quelle soluzioni in campo energetico può rafforzarci per affrontare quei problemi più profondi.
Continuerò a viaggiare in questo paese, per ascoltare la gente d’America. Potete aiutarmi a sviluppare un programma nazionale per gli anni Ottanta. Ascolterò e agirò. Agiremo insieme. Queste erano le promesse che ho fatto tre anni fa e ho intenzione di mantenerle.
Ho visto la forza dell’America nelle risorse inesauribili del nostro popolo. Nei giorni a venire, rinnoviamo quella forza nella lotta per una nazione energeticamente sicura.
In chiusura, mi sia consentito dire questo: farò del mio meglio, ma non lo farò da solo. Fate sentire la vostra voce. Ogni volta che ne avete la possibilità, dite qualcosa di buono sul nostro paese. Con l’aiuto di Dio e per il bene della nostra nazione, è tempo per noi di unire le mani in America. Impegniamoci insieme per una rinascita dello spirito americano. Lavorando insieme con la nostra fede comune non possiamo fallire.
Grazie e buonanotte.
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