Una mattina di gran vento e pioggia, una ricaduta improvvisa nell’inverno più cupo. Guardo la Terrazza del Nico Bar gelateria, attiva dal 1937 là dove prima sorgeva un deposito legnami per briccole. La grande Zattera di legno, quasi una risposta alla rotonda Palmieri del macchiaiolo Fattori a Livorno. Meta canonica di cittadini e di turisti da tutto il mondo, forse una degli appuntamenti immancabili per le mandrie di foresti, anche perché onusta di riconoscimenti, sovraccarica di recensioni che la esaltano sui social. Incontro qui il suo attuale gestore, Valter (all’anagrafe però registrato colla w doppia) Rossi, nato a Burano nel 1967. Alto, prestante, con una sua virile mansuetudine, di aspetto giovanile, solo il volto stanco e lo sguardo candido e un po’ tremulo rivelano la grande fatica della sua vita.
Ci sediamo ai tavoli vicino all’ingresso del locale. Lui, indossato al volo il cappotto per ripararsi dal freddo, mi racconta subito di sé, e quasi si confessa con fiducia. Ebbene, fin da quando era bambino accompagnava il padre Giovanni, ex pescatore, poi commerciante di pesce e morto nel 1984, alle 2 e 30 di ogni mattina al vociante mercato all’ingrosso del Tronchetto. Il grande capannone, intasato dalla folla degli acquirenti e dei fornitori, tra contrattazioni eccitate e snervanti, il saliscendi dei prezzi. La famiglia si è trasferita, quando Valter aveva soli due anni, al Lido, nella zona delle Quattro Fontane. Lì ha studiato poco convinto sino alle scuole medie, ma dopo il diploma ha intensificato le aspre levatacce, preferite ai libri, e ha continuato a farlo. Per metter via soldi, si gettava nel frattempo su altri lavoretti, finché un cugino che stava all’Acnil gli ha profilato nel 1986 che proprio al Bar da Nico cercavano un ragazzo per il week end, mansionario extra. E così il suo destino è mutato. Qui, in breve, ha fatto carriera reggendo i tanti vassoi e facendo lo slalom tra i tavolini memorizzate in fretta le ordinazioni. Si è fatto apprezzare, ovviamente, è salito di salito di grado, prima il posto fisso, e poi ha rilevato nel 1997 il negozio assieme al socio Maurizio di Sacca Fisola con cui si alterna giorno dopo giorno.
Mi indica un tavolino all’interno del bar, dove ha pianto per convincere il titolare precedente della serietà dei suoi propositi e farsi cedere l’esercizio. E questo nonostante ci fosse una grande concorrenza. “Una recita quel pianto?”, gli ho chiesto. Mi ha guardato sorpreso e deluso: “No, ero commosso davvero”. Con Nunzia di origini pugliesi, e cuoca a quei tempi, per cui metteva via i soldi a far famiglia, poi sposata nel 1992, sta a Spinea. Figli non sono arrivati, rimpiazzati da due affettuosi golden retriever. In più, alla mia domanda forse indelicata se gli manchino le prosapie, mi accenna ad un episodio del passato quando hanno ospitato per qualche giorno due bambine russe di uno orfanatrofio collegato alla tragedia di Chernobyl e in visita a Venezia. Mentre mi descrive la strana sensazione provata nel sentire la piccola che dormiva a letto in mezzo a lui e alla moglie, e il contatto delle gambette che gli sfioravano e gli scaldavano la schiena, si asciuga colle grandi dita gli occhi. Sospetto però che un surrogato di figliolanza stia forse nei ragazzi al bar, cinque fissi, e otto stagionali, che cura e su cui vigila con amorosa attenzione. E costoro lo ricambiano chiamandolo “zio”. Durante i mesi terribili del covid ha messo tutti in cassa integrazione, proteggendo quei posti di lavoro. Osserva però sconsolato che le nuove generazioni non sanno faticare come si faceva quand’era ragazzo. Detesta, quanto all’odierna espansione compulsiva del plateatico, che non si rispettino i cinquanta metri tra un bar e l’altro. Nel salutarmi, mi sussurra di aver intuito in me una persona buona. Chiosa per me insolita.
Nel locale, in fondo si apre la cucina per la preparazione dei vari snack (non cicchetti precisa) proposti alla clientela, mentre i gelati mitici sono esposti nella vetrinetta davanti alle fondamenta. Ed è Luca il fantasioso preparatore di tante leccornie, in rigoroso artigianato non industriale. I gelati andrebbero gustati nella loro sensuale essenza da seduti, nella detta terrazza, ma nelle ore di punta si allunga la coda di quanti preferiscono invece servirsene coll’asporto, col classico cono. Non si dimentichino i ghiaccioli ai gusti di pesca, menta, anice, orzata, fior di latte, amarena, limone magari ricoperti alla nocciola e fior di latte. E tra i gelati più apprezzati risultano quelli al biscotto con copertura di granella, e poi stracciatella, gianduia o pistacchio. Una nomenclatura asettica, ma bisogna provare per credere.
Le relazioni chiassose e colorate coll’utenza sono affidate ad Haddaoui, giovane mago informatico magrebino. Costui si applica da accattivante disc jockey o da abile influencer, nella pagina home del sito, costruendo via via un diario di bordo, un’autobiografia promozionale della ditta. Ne riporto alcuni di questi fuochi d’artificio, contornati da puntuali emoticon:
Ciao amici, ciao amiche! Dopo due anni di chiudi/ apri/ apri/ chiudi il 2022 è stato l’anno della rinascita. Dalle 18.00 fino alle 22.30, una Hostess a disposizione per coloro che consumeranno il classico Spritz, verrà consegnato un braccialetto che permetterà al consumatore cliente di accedere sia a Santa Margherita e Santo Stefano! Vi aspettiamo! Caronte è arrivato con il suo caldo infernale, l’Estate a breve. Abbiamo voglia di evadere, di sole e soprattutto del mare. Domani martedì grasso, ultimo giorno di carnevale troverete le deliziose frittelle alla Veneziana di nostra produzione. Con grande dispiacere devo dire che le ferie stanno per finire ma con grande piacere dico che lunedì riapriremo al pubblico!. Non avete idea di cosa consumare nella nostra terrazza, il cameriere è occupato con altri clienti? Da oggi è possibile visionare il nostro menù tramite il QR Code posizionato in tutti i tavoli nella nostra terrazza. Dopo una giornata al mare sotto un torrido caldo estivo cosa c’è di meglio di un ottimo SPRITZ! Improvviso Black Out nella vetrina dei Gelati ci impedisce momentaneamente di proseguire con la vendita. Troppo caldo, il motore ha ceduto!
Ma ogni tanto, specie in anni recenti, si levano pure grida politiche davanti a minacce incombenti:
No grandi Navi! Il Governo e le parti sociali hanno deciso di prorogare l’uso delle mascherine fino al 30 giugno 2022 per tutti i lavoratori di negozi bar ristoranti. La clientela è esente dall’uso. Ora siamo noi lavoratori che contagiamo i clienti! L’aumento di positività’ al COVID in Italia ha fatto sì che da domani ci troveremo costretti, anche per le consumazioni al banco, a chiedervi il Super Green Pass. Zona ROSSA significa consumazioni da asporto. Consumazioni da asporto significa, purtroppo, non consumare nel posto. Noi dobbiamo e siamo obbligati a consegnarvi le consumazioni dotate del suo coperchiò, poi che voi bevete o mangiate per strada a noi non interessa. Abbiamo rischiato più’ volte una multa di 400,00 Euro. In zona Arancio la vendita era permessa con la consumazione da parte del cliente finale lontano dalla zona del bar gelateria! Ora con la zona Rossa le consumazioni non si potranno più’ fare per la strada bensì’ nel proprio domicilio.
Al Bar da Nico, conviene comunque arrivare presto per assicurarsi la prima fila, anche se così ci assale il tanfo della benzina dei natanti. Ma lo spettacolo impagabile è l’immobilità fissa della Giudecca, ora in foschia ora dardeggiante se il sole batte forte. Allora preghiamo i boys gentili perché aprano l’ombrellone. Qua si sono succedute ere della mia esistenza, così da mescolare nel ricordo presente e passato, mentre il futuro si assottiglia. Da ragazzo, studente padovano,sedevo con libri e dispense da imparare, poi da adulto e docente ca-foscarino con tesi da correggere. E ancora da sposo e da padre e da nonno, in questo caso seguito dai nipoti friulani sempre più cresciuti ma dalla voglia intatta del mitico gianduiotto. Di recente, per la verità, il più grande dei tre, Enrico, ha lasciato sbigottiti i fratelli, scegliendo l’altro must della casa, ovvero lo spumeggiante spritz. Segnali ulteriori che il tempo continua inesorabile a lavorare dietro le quinte.
Già, cambiano i corpi e i gusti. Io, ad esempio, sono sempre io, e insieme ormai sono un altro. Certo, la scena della terrazza resta inalterata nel suo semplice copione, tra tavolini, sedie, ombrelloni quando necessario, o i lampioni che a sera diventano torce suggestive. Di fronte, a sua volta, l’isola nell’isola, appunto la Giudecca, quartiere popolare considerato da Le Corbusier spazio utopico, col frontale delle case tutte disomogenee tra loro, così come la linea asimmetrica delle finestre. Anche là, si notano da quaggiù minime differenze sopraggiunte lungo i decenni, l’inserimento discreto di qualche nuovo ristorante. Se le facciate delle belle e gloriose chiese si mostrano intatte, in fondo a destra sfavilla il Molino Stucki, ristrutturato nel recupero post industriale e cooptato ormai dalla catena degli Hilton hotel. Ma intorno l’aria chiara e l’acqua verde, il cielo e il canale, anche se agitato dal traffico più accentuato delle barche a motore, sono gli stessi, da sempre. Ebbene, con mia moglie continuiamo a venire qua, per abitudine. E a una certa età le abitudini hanno la forza imperiosa dei vizi giovanili. Il passo di entrambi adesso inevitabilmente risulta rallentato, e tendiamo ad evitare le giornate inclementi. Ma ci veniamo non appena avvertiamo sulla pelle un calore confortante e una luce più decisa a schiarire le cose. E in più siamo qui per una piccola dipendenza, appunto lo spritz. Valter mi ha didatticamente elencato le quattro varianti, all’aperol, al bitter, al select, al cinar, gli ultimi tre con buccia canonica di limone, il primo coll’arancia. Noi puntiamo alla buccia d’arancia che galleggia assieme ai dadetti di ghiaccio d’estate a rinfrescare e all’oliva fissata nel bastoncino classico, il tutto amalgamato nella perfetta fusione tra giallo e rosso della bevanda. Nel vassoio che ce li porta non può mancare (guai se no!) la coppetta colle patatine fritte e croccanti, per la golosità patetica degli anziani, cui l’eros tende a risalire in bocca. Lo spritz, si sa, bevanda veneta esportata nell’intera penisola e nel mondo, vanta origini asburgiche, durante la dominazione delle nostre terre, quando i tedeschi annacquavano il vino bianco nostrano considerato troppo forte (guarda un po’ questi crucchi!) e lo spruzzavano col seltz a renderlo più innocuo.
Uno spazio rilassante, insomma, il Bar da Nico. Anche se emotivamente complesso. Qua infatti ho visto generazioni di turisti prender posto, da cui sciamava una babele di lingue. Ma ritrovo anche ogni tanto volti amici o conosciuti, di volta in volta più affilati o appesantiti dagli anni, e carrozzine e girelli per anziani che si alternano nella successione inesorabile dei cicli naturali. Ora, questo ambiente è talmente struggente e lirico che mi ha persino ispirato dei versi, io che non sono poeta. Il fatto è che qua mi sgusciano fuori con prepotenza. Ne infilo due di composizioni brevi con timida iattanza, di decenni e di chili fa. Credetemi, non lo faccio per narcisismo, ma solo per farvi misurare il tanto spazio tra questi frammenti e il mio me di questi giorni. Il primo da giovane, e il secondo, poco oltre, mirando mia figlia in triciclo, lei piccola di pochi anni, e oggi viceversa madre a Udine colla sua nuova famiglia. A siglare e scandire il terribile lavoro di Chronos, insomma, che il bar Nico. diretto con mani sapienti ed esperte da Valter, riesce però a ingentilire con una sua grazia conciliante, velandone l’orrore meduseo.
Zattere
Le case di fronte sulla sponda lontana
fissate nella foschia senza senso
e date così alla mia coscienza
come le prime esperienze della vita
in cui misteriosamente mi sono ingolfato
Splendono anche i muri laggiù
in un bianco orizzonte di inutili certezze
E barche ovunque si incrociano/si assaltano si lasciano
scivolando sul verde azzurro
del canale pesante di navi
tra bitume d’alghe e spruzzi d’onde affaticate
Ma i motori sfiorano colombi
che s’impennano tremanti a tentare il cielo
Barbagli velano gli occhi
mentre l’odore del petrolio contamina
le voci distratte della gente festiva
immagini già subìte in tempi diversi
segni che spostano e riscrivono
il tepore distratto
Intanto si riaccende la desolazione
e ritorna confusa la speranza
a inghiottire affanni e attese
una breve pace dilata il corpo nostalgico.
Lietta
Hanno sparato a Reagan
Non sono stati gli indiani
Danno sempre gli Oscar
Dovrò imparare l’inglese
Mia figlia timida e aspra corre in bicicletta
M’ha lasciato sulle guance
tracce di gelato
colle labbra appiccicose
Sui capelli biondi
ho assorbito un po’ del salso
e del sudore deposti/ dalla sua impavida
(ha il padre vicino)
corsa alle Zattere
Crescerà vivrà vedrà
con occhi più esperti
ma è già attenta al mondo
Sto tra vecchi pensionati
che aspettano il prossimo film televisivo
prima del caffelatte
e giovani madri che chiacchierano
di golfini e di pasti all’orologio
Viene voglia di smemorarsi
Sbattendo gli occhi per il riflesso
Intanto la guardo/e lei mi osserva vanitosa
Mostrerà la poesiola/
questi spenti versi/
trionfante alla maestra
o al fratello.
L’articolo Versi al bar da Nico proviene da ytali..