«Sono diventata ragazzina / in parole italiane. / Un’infanzia polifonica / tarda, solitaria, senza scuola e maestre / gite scolastiche e compagne, / a volte libera e divertita / ma spesso con la paura di sbagliare» (Infanzia straniera). Parto da questa poesia della sua ultima raccolta, La volpe dentro (MC Edizioni, 2023), dove Eva Taylor, nata in Germania Est, conferma l’importanza che ha sempre avuto per lei la compresenza di più lingue. Il tema della lingua è costante in tutta la sua produzione in versi. Già nella prima raccolta, L’igiene della bocca (L’obliquo, 2006), affermava: «parlo con tre lingue», e ancora «Ho due bocche / da una parlo / dall’altra sanguino». Le sue tre lingue sono il tedesco, lingua materna, l’inglese parlato in casa quotidianamente e l’italiano, sua lingua d’adozione. La lingua come soggetto, sia come sistema di comunicazione che organo della cavità orale con funzione gustativa, muscolo fondamentale nell’articolazione del linguaggio umano, è il tema principale di Volti di parole (L’obliquo, 2010). Qui, nella poesia dal titolo Echi di lingua madre, l’io confessa di avere «spine» di «rimpianto» per la lingua materna, una lingua ferita, la sua, scottata «sulla fiamma viva». Le spine possono suggerire che chi fa uso della lingua porta alla superficie un dolore incarnato, che può anche essere dolore per l’incomunicabilità. Sempre con riferimenti alla parola e alla lingua, le «labbra di carta» della Taylor dicono la fragilità della comunicazione. Nel suo itinerario poetico, Eva Taylor dice la parola da mangiare e da bere, parola che suscita sempre nuove interpretazioni.
Così anche nella sezione Animaliconla di quest’ultima raccolta, dove i suoi animali, come in un gioco infantile, entrano nei versi in ordine alfabetico e lo fanno direttamente dalla natura, altre volte dalla fiaba, dal mito o da un dipinto introducendoci ai temi dell’autrice, tra cui la «lingua», il «suono», la «parola», la «casa», parole chiave in tutte le sue raccolte. Ed ecco Scoiattolo: «se fossi una parola / sarei scoiattolo / su e giù nel cavo orale / le vocali come appoggio / e le labbra increpate, / veloci foglie tremanti». E ancora: «Vorrei cantare / come il pettirosso. / Ho molte melodie / io fatico a parlare. / Nella gola cambio lingua. / Ma nessuna scivola / come la sua aria. // Porto anch’io una macchia / Qualcosa di passato» (Pettirosso). Chi parla con la volpe che dà il titolo alla raccolta, parla «selvaggio», con «una lingua inciampata». Quella della farfalla è una «lingua volata». Con il «C’era una volta» della fiaba, l’autrice narra con empatia di un «piccolo elefante»; anche lui ha abbandonato la sua terra verso il suo «destino», che sarà quello di emettere suoni dall’«olifante», lo strumento musicale ricavato dall’avorio di una sua zanna. È con solidarietà creaturale che si accosta al «vecchio bisonte» che dalla parte polacca della valle dell’Oder, dov’era conosciuto e amato, ha attraversato il confine ed è arrivato in Germania, dove è stato fucilato per lo spavento che la sua mole causava nella popolazione: un animale-metafora delle nostre paure dei migranti, degli stranieri.
Attraverso gli animali Taylor fa emergere il dolore e l’orrore di cui è colpevole l’essere umano, come quando dal mangiare tonno in scatola l’io arriva a vederne la pesca: «E sull’isola di Karpathos piansi / quando vidi un peschereccio / calare tanti tonni / nelle celle frigorifere»; o come quando ricorda una razza equina: «La razza Konik fu creata dai contadini polacchi. / Sono cavalli piccoli / di colore giallo-grigio con zampe bluastre. / Hanno un temperamento docile / sono molto affidabili e di poche pretese / […] / Nel corso della seconda guerra / con l’invasione della Polonia, / la razza fu oggetto di esperimenti genetici / anche da parte dei nazisti» (Konik). Come nota Pasquale di Palmo in succede oggi: «non si può non pensare all’orrore di analoghi interventi compiuti in quegli anni sciagurati su cavie umane».
di Eva Taylor
MC edizioni, 2023
Prezzo: euro 14,00
Come è scritto nella sua nota biografica, Eva Taylor fa parte della «Compagnia delle poete». Ciò che caratterizza questa «Compagnia» è di essere composta da poete straniere e italo-straniere accumunate dall’italofonia e dalla forte consapevolezza delle tradizioni e delle culture diverse a cui attingono.
Non solo Eva Taylor ha più lingue, ma registra anche modi diversi di abitare nei paesaggi che attraversa, così nella sezione Cartoline illustrate. La sua casa è altrove. Tra le case cercate «In tutti i viaggi / gli spostamenti / i traslochi fatti / c’è sempre stata / una parte debole / […] / E come un paguro / ho cercato un terreno / un angolo, una casa / per proteggere / questa striscia scarsa, / questo me eremita / di cui ho bisogno / per essere qui.» (Paguro Bernhardus). A questa casa cercata con pena da migrante, la conchiglia di un piccolo crostaceo, ne contrappone un’altra, solidissima, la maestosa casa di famiglia a graticcio, «il Fachwerkhaus – parola composta e augusta / parola di casa / con travi di legno / come segnali stradali / verso un dentro». Una poesia così importante, questa, da essere stata riproposta qui con qualche variante da Lezioni di casa (Arcipelago Itaca, 2019), dove è presente anche la fotografia in bianco e nero di quell’edificio tradizionale.
Le «lezioni di casa» della precedente raccolta si svolgono in forma di lettere indirizzate al sig. B. La «casa» del titolo è un contenitore di storie cercate «in tutti gli angoli». È casa straordinariamente articolata, una e molteplice, che ospita oggetti e tracce della piccola e della grande storia intimamente unite. Temporaneo rifugio per famiglie fuggiasche, il rumore delle camionette militari che le terrorizza data la loro storia. Palazzo dall’architettura mutevole, si rimodella per la compresenza di inquilini ospitati in tempi diversi, che entrano a far parte di una vicenda poetica «ognuno con un pezzetto del tempo della casa». I suoni e le immagini che arrivano dall’esterno svelano altre storie, altre case o la loro mancanza: «c’è fame di casa nel mondo, / sete di posare il piede / su una soglia». Da qui la domanda: «Il pezzo di cartone di quella donna in stazione / è casa?». Edificio reale in cui vivere, ha «una finestra sul mondo» da cui osservare ed essere osservati («La casa mi osserva dal suo lucernario / un occhio ciclopico, saggio e distante»); è luogo da cui anelare ad una stanza per trovare lo spazio, il tempo e la lingua per la poesia. Nel succedersi delle tre sezioni, con Eva Taylor si salgono le scale di una casa che è un organismo vivente, con lei si scende nel profondo di drammi con nomi che «suonano come spine», metafore del dolore che accomuna tutti i viventi, umani e non.
Copertina: Centro storico di Wetzlar, Germania. Foto di Tobias Doering su Unsplash
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