Caso Cecilia Sala, Nordio revoca gli arresti per Abedini: l’ingegnere iraniano torna in patria
E alla fine scambio fu. Cinque giorni dopo la scarcerazione e il rientro in Italia di Cecilia Sala, anche l’ingegnere iraniano Mohammad Abedini Najafabadi viene rimesso in libertà e torna in patria.
Nel primo mattino di domenica 12 gennaio il ministro della Giustizia italiana, Carlo Nordio, ha revocato gli arresti per il cittadino della Repubblica islamica che era stato fermato lo scorso 16 dicembre all’aeroporto milanese di Malpensa su richiesta degli Stati Uniti con l’accusa di passare informazioni strategiche al regime di Teheran.
L’ingegnere esperto di droni è quindi uscito dal carcere di Opera e poche ore dopo si è imbarcato su un volo che in serata è atterrato in Iran.
Si chiude così l’intrigo internazionale sull’asse Teheran-Roma-Washington che ha visto la giornalista Cecilia Sala reclusa per ventuno giorni nel carcere iraniano di Evin ufficialmente per “violazione delle leggi della Repubblica islamica”.
Ormai è chiaro, invece, che la reporter italiana è stata usata dagli ayatollah come pedina di scambio per ottenere il rilascio di Abedini [LEGGI ANCHE: Il ruolo dei due 007, l’incontro Meloni-Trump, le tempistiche obbligate: com’è andata la trattativa per la liberazione di Cecilia Sala]
Il comunicato del ministro Nordio
Nel mattino del 12 gennaio, il Ministero della Giustizia italiano ha diffuso una nota per annunciare la revoca degli arresti per Abedini. “In forza dell’art. 2 del trattato di estradizione tra il Governo degli Stati Uniti d’America e il Governo della Repubblica italiana possono dar luogo all’estradizione solo reati punibili secondo le leggi di entrambe le parti contraenti, condizione che, allo stato degli atti, non può ritenersi sussistente”, si legge nel comunicato.
“La prima condotta ascritta al cittadino iraniano di ‘associazione a delinquere per violare l’Ieepa’ (la legge statunitense che punisce chi minaccia gli Usa dall’estero, ndr) non trova corrispondenza nelle fattispecie previste e punite dall’ordinamento penale italiano”, spiega il Ministero guidato da Carlo Nordio.
“Quanto alla seconda e terza condotta, rispettivamente di ‘associazione a delinquere per fornire supporto materiale ad una organizzazione terroristica con conseguente morte’ e di ‘fornitura e tentativo di fornitura di sostegno materiale ad una organizzazione terroristica straniera con conseguente morte’, nessun elemento risulta ad oggi addotto a fondamento delle accuse rivolte – conclude la nota – emergendo con certezza unicamente lo svolgimento, attraverso società a lui riconducibili, di attività di produzione e commercio con il proprio Paese di strumenti tecnologici avente potenziali, ma non esclusive, applicazioni militari”.
Formalmente, peraltro, il ministro Nordio ha solo chiesto di revocare gli arresti alla Corte d’Appello di Milano. La decisione di rimettere in libertà Abedini è arrivata dalla Corte, che si è riunita in via straordinaria ieri mattina proprio per ratificare l’istanza proveniente dal Governo.
Perché Nordio ha accelerato sulla revoca degli arresti ad Abedini
Da ormai diversi giorni – almeno dal momento della liberazione di Cecilia Sala – si dava per scontato che l’Italia non avrebbe concesso l’estradizione negli Usa di Abedini. Ma si pensava che la decisione sarebbe arrivata tra il 15 e il 19 gennaio, ossia dopo la sentenza della Corte d’Appello di Milano sulla richiesta dei domiciliari avanzata dalla difesa dell’iraniano – verdetto fissato appunto per il 15 gennaio – e prima dell’insediamento alla Casa Bianca del presidente americano Donald Trump, così da non mettere in imbarazzo Washington.
Era stato lo stesso ministro Nordio, in un’intervista rilasciata il 9 gennaio al Tg1, a spiegare che avrebbe atteso la pronuncia della Corte d’Appello e l’invio delle carte su Abedini dagli Stati Uniti. “Ci affidiamo al giudizio della Corte”, aveva detto Nordio.
A sorpresa, invece, il ministro è intervenuto in anticipo disponendo la revoca degli arresti già il 12 gennaio. Secondo indiscrezioni convergenti, l’accelerazione è stata dettata dal timore che i giudici milanesi si sarebbero espressi a favore della permanenza in carcere dell’iraniano, il che avrebbe reso più palese la volontà del Governo italiano di intervenire per motivazioni politiche, anziché giuridiche.
Ecco quindi che domenica Nordio ha depositato alla Corte di Appello di Milano la richiesta di revoca degli arresti adducendo motivazioni squisitamente giuridiche: un modo per salvare almeno l’apparenza secondo cui i casi Sala e Abedini non erano collegati fra loro.
Il comunicato dell’Iran
Ieri, dopo il rilascio dell’ingegnere, l’agenzia di stampa iraniana Irna ha affermato che Abedini era stato arrestato in Italia “a causa di un malinteso” e che il 38enne – laureato in ingegneria meccanica presso la Sharif University of Technology – è stato rilasciato “dopo gli sforzi compiuti dal Ministero degli Esteri iraniano e in seguito alle trattative tra i servizi segreti dei due Paesi”.
Caso Abedini, la triangolazione tra Italia, Usa e Iran
Nelle scorse settimane l’Ambasciata iraniana in Italia aveva lasciato intendere che l’arresto di Cecilia Sala fosse collegato a quello di Abedini. Poi Teheran aveva cambiato versione, smentendo qualsiasi collegamento fra le due vicende, tesi portata avanti anche dall’Italia.
Peraltro, dopo la liberazione della giornalista italiana, era stata la stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni, durante la conferenza stampa di inizio anno, a parlare di “un lavoro di triangolazione diplomatica con Iran e Usa”.
La trattativa con Teheran che ha portato al rilascio di Sala si è sbloccata dopo la visita-lampo a sorpresa della premier Giorgia Meloni a Mar-a-Lago, in Florida, nella residenza privata del presidente in pectore americano Donald Trump. In quell’occasione la premier ha ottenuto dal tycoon il via libera a non estrare negli Usa Abedini, accogliendo così di fatto la richiesta dell’Iran.
Abedini torna in libertà, l’ira dei dissidenti iraniani in Italia
Il rilascio di Abedini è stato accolto con disappunto dai dissidenti iraniani residenti in Italia. “L’Italia ha ceduto ai ricatti terroristici di Teheran”, attacca Davood Karimi, presidente dell’Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia.
Karimi “condanna fermamente la liberazione di Abedini, arrestato all’aeroporto di Milano dietro un mandato di cattura internazionale emesso da parte della magistratura americana”. Il leader di dissidenti parla di “ennesimo atto di sottomissione europea ai ricatti terroristici degli ayatollah che da oltre 40 anni hanno preso in ostaggio il popolo iraniano, e non solo”.