Alex Pompa, il giovane che nel 2020, quando era diciottenne, uccise il padre a coltellate per difendere la madre dalle violenze dell’uomo, è stato assolto dall’accusa di omicidio volontario dalla Corte d’Appello di Torino.
La sentenza è stata emanata nel mattino di oggi, lunedì 13 gennaio 2025, al termine del secondo processo d’appello sul caso, dopo che lo scorso luglio la Corte di Cassazione aveva annullato la precedente sentenza di condanna a 6 anni, 2 mesi e 20 giorni, che era stata pronunciata nel dicembre 2023.
Già in primo grado, nel 2021, Pompa era stato assolto per legittima difesa.
“Sono ancora frastornato. Quando i giudici hanno letto la sentenza mi sono voltato verso i miei avvocati perché non sempre capisco cosa viene detto in queste aule. Ora devo metabolizzare, io metabolizzo sempre dopo. Festeggerò con Zoe, la mia cagnolina”, ha dichiarato l’imputato, oggi 22enne, dopo la sentenza.
“È una gioia indescrivibile”, ha commentato il suo avvocato difensore Claudio Strata dopo l’assoluzione. “Spero che questa pronuncia, autorevolissima, metta fine alla vicenda. Alex ora deve essere lasciato in pace, non ha praticamente ancora vissuto. Siamo contenti che sia finito un calvario giudiziario”.
La sera del 30 aprile 2020, nella casa di famiglia a Collegno, in provincia di Torino, il ragazzo uccise il padre Giuseppe Pompa con 34 coltellate per difendere la madre e il fratello dalle reiterate violenze dell’uomo.
L’avvocato generale della Corte d’appello, Giancarlo Avenati Bassi, aveva chiesto la conferma della condanna che era stata originariamente sancita a fine 2023 dalla Corte d’Appello. Secondo il procuratore, “fu un omicidio volontario, commesso da Alex con la collaborazione del fratello Loris (mai indagato, ndr) che teneva fermo il padre mentre Alex usava sei coltelli”.
“Alla trentesima coltellata c’è ancora la legittima difesa? Infierire su un uomo agonizzante è ancora legittima difesa? Questa è la domanda del processo: a partire da quale momento non c’è più?”, ha domandato Avenati Bassi nella sua requisitoria prima della sentenza.
Questo, ha aggiunto il magistrato, “è un caso di odio e non di paura. Di reazione a un uomo odioso, non di legittima difesa”. Il procuratore generale ha anche fatto cenno al presunto “concorso morale di un terzo attore”, la madre, che “aveva dichiarato di essere in bagno a struccarsi mentre accadeva tutto”.